L'omicidio di Aldo Moro, l'elezione di Sandro Pertini. La canzone di Lucio Dalla "Caro amico ti scrivo" e i referendum radicali. Anniversario di un momento storico per il nostro Paese
Nel gran torneo degli anniversari ad alto impatto, il
1978 si affaccia senza dubbio come il più enigmatico e ingombrante. In bilico fra estreme collocazioni di comodo, gli anni di piombo e il riflusso, via Fani e febbre del sabato sera, fu un reattore di cambiamenti, un confine attraversato col cuore in gola e al dunque un momento destinato a segnare di sé un tortuoso prima, un tempestoso durante e un misterioso poi.
Perché troppo in definitiva accadde in quei 12 mesi.
Assassini eccellenti, conquiste civili come l'aborto e la legge anti-manicomi, sperimentazioni sociali, culturali e artistica all'ombra di un'inflazione che rasentava il 20 per cento: e poi i referendum, le dimissioni di Leone e l'ascesa di Pertini, la morte di due papi e l'inizio glorioso del pontificato di Wojtyla.
E tuttavia, proprio la potenza di tutti questi eventi ottenebra il giudizio storico e il senso ultimo di quel periodo, facendo anzi di quell'anno un unicum che sfugge a celebrazioni di circostanza.
Tutto questo per dire, si spera con maggiore semplicità, che forse conviene prenderla un po' di lato. E ricordare per esempio che un giorno imprecisato di quel 1978, in uno studio di registrazione dentro il castello di Carimate, Brianza, Lucio Dalla diede vita e forma definitiva a una canzone che comincia: “Caro amico ti scrivo”. E che non a caso da 40 anni, regolarmente, viene ripropinata agli italiani come una specie di augurio - quando per certi versi lo è davvero e per altri dice il contrario.
Ora, è difficile dire di che cosa esattamente parli, oltretutto in forma epistolare, il brano in questione, incompreso o frainteso che sia. Ma certo come nessun altro “l'anno che verrà” è figlio di quel tempo, così come con la stessa stralunata e fiduciosa malinconia anticipa ciò che l'Italia sarebbe diventata.
C'è un po' tutto, comunque, lì dentro: il terrorismo, la paura, il dissolversi dei vincoli collettivi, le nuove libertà individuali, dal sesso all'autoconsapevolezza, poi la solitudine, la religione che mutava i suoi riferimenti, la pietà e il suo contrario, fino al trionfo della manipolazione e della tecnologia del far credere.
Lo stesso Dalla, come tanti artisti-rabdomanti, ne ha parlato nel corso degli anni in modo problematico definendola via via una canzone “importante”, “coraggiosa”, “disperata”, pur sforzandosi di farla risultare “ottimista”. Nelle teche Rai si trova un documento radiofonico in cui, rispondendo a una 24enne Serena Dandini, come fonte di quel brano indicava l'Italia di allora, “una terribile società di fuoco, però anche affascinante. Si stanno muovendo le cose – insisteva a caldo - quelle di oggi e le cose che verranno”.
“Meno botti del solito a mezzanotte – annota nel suo diario l'allora presidente del Consiglio
Giulio Andreotti alla data del primo gennaio 1978 – Sono grato ai silenziosi perché il mio anno si inizia con un mal di testa di prima classe”. Non gliene mancavano certo le ragioni.
Più che aperta, ormai, la questione del Pci è incandescente. Non esiste più maggioranza, ma sui comunisti al governo la risposta americana è un pubblico e risolutissimo No (si saprà poi che in sede Nato è previsto anche un “Coup d'Etat or other subversive action”).
Il 9 di febbraio il vecchio Nenni, patrono del socialismo italiano, compie 87 anni: “Solita pioggia di telegrammi” scrive anche lui nel diario: “Ma io mi sento sempre in debito con la società”. Non senza fatica, ma con energica spregiudicatezza il suo pupillo Craxi cerca di farsi largo nel Psi. Alleatosi a sorpresa con i furbi coetanei lombardiani, al congresso di Torino sostituisce falce martello sole e libro con un garofano e rottama in via definitiva i vecchi De Martino e Mancini.
Nella Dc, ancora una volta, Moro prende tempo e tesse la tela districandosi fra gli impedimenti della Guerra fredda con l'obiettivo di portare l'intero scudo crociato all'accordo con Berlinguer, che anche umanamente stima (un giorno, per caso, l'ha visto giocare a palla con i figli al Foro Italico, ha fermato l'auto e l'ha voluto salutare).
Classica figura di leader completo, ideologo stratega e tattico, complessa personalità superba e insieme umile, nel dirigersi nell'auletta dei Gruppi a Montecitorio, dove sta per pronunciare il suo ultimo discorso, probabilmente il più straordinario esempio di oratoria della Prima Repubblica, con la testa inclinata un rassegnato sorriso: “Eh – così saluta a voce bassa i giornalisti - andiamo un po' a sentire...”.
“Si esce poco la sera, perfino quando è festa...”
Su quanto poi accadde – a lui e all'Italia - si sa già troppo e troppo poco ancora, come capita spesso dopo un rituale di passaggio, allorché il trauma si tira appresso una congerie di indizi, segni, simboli, presagi, coincidenze, slittamenti, equivoci e code di paglia con opportune puntate nei santuari di varie consorterie e qualche sosta nella psichiatria, nella grafologia e nell'enigmistica – mancando solo la fantascienza, per quanto nel covo br di via Gradoli siano stati trovati diversi numeri di Urania.
“Quando non si vede bene cosa c'è 'davanti' – disse Norberto Bobbio rivolgendosi al ministro dell'Interno di allora, Cossiga – viene spontaneo chiedersi cosa c'è 'dietro'”. Così da 40 anni un intero paese si sente autorizzato a lasciarsi variamente influenzare da suggestioni per lo più occulte, quando non proprio occultistiche se solo si pensa alla seduta spiritica di Zappolino, alla chiromante del fumetto di Metropolis, ai veggenti consultati dalle forze dell'ordine o ai ciechi che la sera prima del rapimento vengono a sapere da sconosciuti ciò che sarebbe accaduto l'indomani.
Con il che, di tutte le definizioni del caso Moro, la migliore rimane forse quella di un pensatore visionario come Guy Debord: “Un'opera mitologica a grandi macchinari scenici, in cui degli eroi terroristi a trasformazioni multiple sono volpi per prendere in trappola la preda, leoni per non temere nulla da nessuno per tutto il tempo che la tengono in custodia, e pecore per non trarre da questo colpo assolutamente niente che possa nuocere al regime che ostentano di sfidare”.
“C'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra...”
Dopo 54 giorni la botta e la paura si sentono. Strilla la copertina di Time: “The caos in Italy”. Per scaricare paura e tensione si cerca un capro espiatorio: eletto male, vissuto come macchietta e per via di alcune frequentazioni sfiorato dall'affare Lochkeed, Giovanni Leone è una vittima perfetta. “E senza grandi disturbi qualcuno se ne andrà”: il risultati dei referendum (fermo di polizia e finanziamento pubblico ai partiti) accelerano la sua cacciata dal Quirinale, che avviene di notte, dopo una penosa apparizione in tv, sotto una pioggia scrosciante.
Insieme con
Marco Pannella, che pochi giorni prima s'è piazzato per 24 interminabili minuti con un bavaglio davanti alle telecamere di Tribuna politica, il nuovo e arzillissimo inquilino del Colle, Sandro Pertini, nemico del protocollo e amico dei colpi di teatro, accende ufficialmente i riflettori della politica spettacolo.
Nel 1978 esce anche il primo numero di un iperbolico strumento di contraffazione satirica, Il Male. Intanto la Repubblica prende il via, e con breve scandalo Il Corriere della Sera mette l'amore e le corna in prima pagina. Nanni Moretti si presenta al pubblico con “Ecce Bombo”. Dalla rivoluzionre alla ristorazione, Mauro Rostagnò apre “Macondo”. Nel frattempo l'eroina invade il mercato, a scapito di un'intera, sempre più disillusa generazione.
Scorrono, a 40 anni di distanza, scampoli, spezzoni e lacerti di ricordi non sai bene se più sintomatici o irrilevanti: “L'anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va”.
La “terza via“ di Berlinguer. I “sacrifici” di nuovo richiesti da Lama. L'allarme di Cesare Romiti sull'11-12 per cento di operai che nei giorni in cui c'è la partita non vengono al lavoro. L'ascesa nel Palazzo di Licio Gelli: editoria, petrolio, partiti e forze armate. Sempre in quell'anno il Censis calcola che l'economia sommersa assorbe dai 4 ai 7 milioni di persone, tra il 15 e il 20 per cento delle attività in Italia.
“Ma la televisione ha detto che il nuovo anno...”. E già, non poteva mancare: proprio nei giorni del sequestro Moro nei sotterranei dell'hotel Jolly di Milano 2 il giovane costruttore Silvio Berlusconi dà il via a TeleMilano 58, embrione di Canale5 e della tv commerciale (chiuso il bilancio con una perdita di 300 milioni).
“Ogni Cristo scenderà dalla croce...”. Muore Paolo VI e poi qualche settimana dopo rimuore anche il suo mansueto successore Giovanni Paolo I. Appunto di Andreotti: “Cadono anche i proverbi, tipo: 'A ogni morte di Papa'”. Entra in scena dalla Polonia un pontefice empatico ed atletico. “Se sbaglio – azzarda affacciandosi appena eletto - mi corrigerete”. Non accadrà così spesso.
E di nuovo, sulle note lievi del fado e l'inconfondibile voce di Lucio Dalla, la memoria oscilla fra il troppo e il nulla. “Caro amico, ti scrivo...”. Documento storico, messaggio civile, preghiera e magari anche profezia.