Esclusivo

Football Leaks: così hanno comprato Monaco

di Vittorio Malagutti e Stefano Vergine   16 novembre 2018

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Storia del magnate russo Rybolovlev, amico del principe Alberto, padrone della squadra, accusato di corruzione. Uno scandalo che arriva ai vertici dello Stato. Una rete di favori  e complicità che avvolge politici, giudici, poliziotti fino a sfiorare il sovrano

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La mattina del 6 novembre scorso, a Montecarlo, una pattuglia di gendarmi si è presentata nel lussuoso appartamento di Dmitrij Rybolovlev per accompagnarlo in stato di fermo davanti al giudice che da oltre un anno indaga su di lui. Poche ore dopo, il Monaco, la squadra del Principato che Rybolovlev ha comprato e finanziato portandola ai piani alti del calcio europeo, ha subìto una clamorosa sconfitta per quattro a zero nella partita casalinga di Champions League contro i belgi del Bruges. Sarà un caso, una semplice coincidenza, ma da quando è tramontata la stella del miliardario russo, per anni riverito e corteggiato dai potenti della città-stato della Costa Azzurra, anche il club che ha lanciato il fuoriclasse Kylian Mbappé è precipitato in una crisi più nera che mai. Domenica 11 novembre è arrivata un’altra sconfitta, ancora per quattro a zero, questa volta con i campioni di Francia del Paris Saint Germain, e il Monaco ora si trova all’ultimo posto nella classifica della Ligue 1, il campionato transalpino.

Non è solo una questione di pallone, certo, ma come spesso accade, proprio il business legato al gioco più popolare al mondo serve a coprire affari inconfessabili e rapporti vietati dalla legge. I documenti di Football Leaks, ottenuti da Der Spiegel e analizzati dai giornali del consorzio Eic (European Investigative Collaborations) tra cui L’Espresso, rivelano nuovi particolari di una trama che vede un pezzo importante della classe dirigente di Monaco pronta a correre in soccorso del ricco affarista venuto dalla Russia. L’inchiesta giudiziaria ha già portato alla luce una rete di favori, complicità, regalie varie che avvolge un gran numero di personalità locali, compresi giudici e politici, fino a sfiorare Alberto II, il principe regnante.

Al centro della ragnatela c’è proprio lui, Rybolovlev, il miliardario originario di Perm, cittadina della Russia centrale a oltre mille chilometri da Mosca, che ha costruito una fortuna dal nulla grazie alla Uralkali, colosso mondiale dei fertilizzanti ceduto nel 2010 per una cifra mai resa nota ufficialmente ma che, in base a stime attendibili, si aggira intorno ai 5 miliardi di dollari.
Il principe Alberto di Monaco con il presidente della squadra Dmitry Rybolovlev

La storia comincia a metà degli anni Novanta quando nel caos che segue il crollo dell’Unione Sovietica, bande di ex funzionari di partito, agenti del Kgb, mafiosi piccoli e grandi si spartiscono l’enorme patrimonio dello Stato. Rybolovlev, all’epoca un ex studente di medicina poco più che ventenne, si lega a Yuri Trutnev, imprenditore e politico rampante di Perm. Scelta azzeccata: la sua carriera prende velocità e in pochi anni si ritrova a capo di una delle aziende più importanti al mondo nella produzione di potassio, un minerale strategico destinato alla produzione di fertilizzanti.

Tempi e modi di un’ascesa tanto rapida hanno spalancato la porta a dubbi e sospetti di ogni tipo, anche perché il capitale dell’Uralkali risultava intestato a società offshore di cui non era possibile individuare con certezza l’azionista. La Russia di quegli anni, ma anche dopo, a dire il vero, era un Paese piuttosto pericoloso per chi si mette in affari. Rybolovlev lo impara a sue spese: inquisito come mandante dell’omicidio di un manager, finisce in carcere dove rimane per 11 mesi per poi essere scagionato. Meglio stare alla larga, allora. Il futuro presidente del Monaco trasloca in Svizzera. Per alcuni anni gestisce da lì la sua fortuna miliardaria fino a quando, all’improvviso, decide di tirare i remi in barca e mette in vendita l’impero di famiglia a tre imprenditori (Suleiman Kerimov, Alexander Nesis e Filaret Galchev) ben visti al Cremlino di Vladimir Putin.

Palloni sgonfiati
Football Leaks, Alberto di Monaco: «Con l'oligarca siamo stati ingenui ma non complici»
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Nel 2011, poco dopo essersi lasciato alle spalle la sua prima vita da imprenditore nel ramo fertilizzanti, l’oligarca di Perm cambia ancora casa: da Ginevra a Montecarlo. A Cipro invece, classico rifugio offshore dei capitali russi, approdano i fondi ottenuti dalla vendita di Uralkali, custoditi in una serie di holding anonime. Una parte di quei soldi vengono investiti nel pallone: l’affare Monaco permette all’oligarca di entrare da protagonista sulla scena del Principato. La squadra, forte di un palmares ricco di trofei, tra cui sei titoli di campione di Francia, alla fine del 2011 arrancava in seconda divisione e si trovava sull’orlo del fallimento. Rybolovlev rileva il club salvando quello che era considerato un patrimonio collettivo della città e negli anni seguenti investe oltre 300 milioni di euro per rafforzare la squadra, che da principio viene affidata a Claudio Ranieri. Nel 2013, sotto la guida del tecnico italiano (esonerato l’anno successivo), arriva la promozione nel massimo campionato e nel 2016 i biancorossi tornano a vincere il campionato, battendo la concorrenza del Psg controllato dagli emiri del Qatar.

In Francia, e anche altrove in verità, il calcio è diventato il terreno di scontro tra nababbi. Russi contro arabi, in attesa dei cinesi. Adesso però, grazie a Football Leaks, scopriamo qualcosa in più. I documenti rivelano come il Monaco sia stato utilizzato per comprarsi il favore dei potenti locali. Si racconta per esempio di centinaia di abbonamenti gratis per l’intera stagione calcistica offerti a funzionari di polizia e del governo. Un’abitudine, quella di regalare biglietti ai Vip, molto diffusa tra i club di tutto il mondo. Nel caso della squadra di Rybolovlev, però, il valore degli omaggi aveva assunto dimensioni tali da essere segnalato in un documento interno al club come una “fonte di perdite” da mettere sotto controllo al più presto. All’occorrenza, i politici monegaschi non rifiutavano neppure un passaggio in aereo, ovviamente a costo zero, per seguire le partite in trasferta. Nel maggio 2016, per esempio, l’allora capo del governo Serge Telle vola a Lione ospite di un altro oligarca russo, Alexei Fedorichev, principale sponsor della squadra.

Il viaggio viene organizzato dai più stretti collaboratori del patron del Monaco, che riesce infine ad agganciare anche il principe Alberto. Nell’estate del 2014, il sovrano approda nell’isola greca di Skorpios, comprata dall’oligarca per 113 milioni di dollari per farne omaggio alla figlia Katia. Ad agosto del 2016 il figlio di Ranieri e Grace di Monaco, sul trono dal 2005, è ospite di Rybolovlev sul suo yacht, che incrociava nelle acque della Corsica. L’anno dopo, invece, è una villa di proprietà dell’oligarca nelle Baleari, a Maiorca, a ospitare la famiglia regnante.

La frequentazione con il principe e la sua consorte Charlene non ha, ovviamente, di per sé una rilevanza penale, ma conferma che il patron della locale squadra di calcio era molto più che uno dei tanti nababbi russi emigrati all’ombra della Rocca. Denaro e pallone gli hanno spalancato le porte dei palazzi di governo e, a quanto pare, l’oligarca ha saputo approfittare al meglio della posizione raggiunta. La scalata si è fermata a un passo dalla cima. Prima ancora che la magistratura cominciasse a indagare su di lui, il miliardario russo si è visto rifiutare la concessione della cittadinanza monegasca, privilegio molto ambito riservato a pochissimi stranieri residenti nel Principato. I meriti sportivi e gli ottimi rapporti con Alberto e famiglia non sono evidentemente bastati per cancellare i sospetti che hanno accompagnato la velocissima ascesa di un miliardario partito dal nulla nella lontana Perm.

Nel frattempo però, l’inchiesta del giovane magistrato Eduard Levrault ha scoperchiato il pentolone di un’affaire che tocca gli snodi più delicati del potere locale. L’indagine ha creato grandi imbarazzi negli apparati giudiziari, polizieschi e di governo di un paradiso fiscale che pure è abituato a gettarsi alle spalle senza troppi imbarazzi periodici scandali legati alla gestione disinvolta del denaro.

Il nome dell’oligarca russo era già finito sulle pagine dei giornali per la vendita del “Salvator Mundi” il dipinto attribuito a Leonardo da Vinci, battuto all’asta un anno fa alla cifra record di 410 milioni di dollari. Il clamoroso affare ha reso ancora più ricco il patron del Monaco, ma non gli ha portato granché fortuna.

Proprio dalla compravendita di dipinti e dalle cause incrociate tra Rybolovlev e il broker ginevrino Yves Bouvier nasce infatti l’indagine del giudice istruttore Levrault che ha già causato un ribaltone eccellente. A settembre dell’anno scorso, quando cominciarono a circolare sulla stampa francese le prime indiscrezioni, con tanto di mail e sms originali, sui rapporti tra il miliardario e i politici monegaschi, il ministro della Giustizia, Philippe Narmino, è stato costretto alle dimissioni. L’impressione però è che nelle carte dell’inchiesta ci sia molto altro, tanto che in Francia si parla già di un “Monacogate”.

Rybolovlev è accusato di “corruzione attiva”, cioè di aver pagato, in varie forme, pubblici ufficiali per ottenere favori e informazioni di vario tipo, a cominciare da notizie coperte da segreto sugli sviluppi delle indagini a carico del suo arcinemico Bouvier, che nel febbraio del 2015 era stato arrestato a Monaco in seguito alla denuncia contro di lui presentata dal suo ex cliente russo.

Caso vuole che pochi giorni prima che il rivale dell’oligarca finisse dietro le sbarre, il ministro delle giustizia Narmino e la consorte avessero trascorso alcuni giorni di vacanza ospiti del patron del Monaco nel suo chalet di Gstaad, sulle Alpi svizzere. Agli atti dell’inchiesta ci sono i calorosi messaggi di ringraziamento inviati dalla coppia all’amico russo.

In quello stesso periodo, una fase decisiva dell’inchiesta contro Bouvier, sono molto frequenti gli sms tra l’avvocato Tatiana Bersheda, stretta collaboratrice di Rybolovlev, e due alti funzionari della polizia monegasca, Frédéric Fusari e Christophe Haget. Con loro viene addirittura organizzata una conference call con i russi per fare il punto della situazione. «Appuntamento alle cinque e trenta», scrive Bersheda. «Alle cinque e trenta», risponde a stretto giro Fusari. Più che cordiali anche i rapporti con Regis Asso, il commissario capo responsabile delle indagini su Bouvier. «Grazie per le tue indagini», gli scrive Bersheda come se fosse un investigatore privato alle dipendenze dell’oligarca. I rapporti erano così stretti che Asso non esita a raccomandare per un impiego il figlio del suo insegnante di russo. No problem: il ragazzo, un tecnico informatico, viene assunto per uno stage al Monaco. Basta chiedere e c’è un contratto pronto anche per un altro giovane volonteroso che porta un cognome importante. Si chiama Louis Ducruet, figlio della principessa Stéphanie, la sorella di Alberto. Rybolovlev lo recluta come osservatore per conto della squadra con il compito di segnalare calciatori di talento. Stipendio mensile: 3 mila euro al mese.

Adesso la giustizia monegasca dovrà stabilire quali di questi favori possano concretamente diventare prove da esibire in tribunale. L’indagine riguarda anche Narmino e altri pubblici ufficiali, ma intanto il sospetto corruttore ha già preso il volo. Lunedì 12 novembre, una volta rilasciato con l’obbligo di rimanere a disposizione del magistrato inquirente, Rybolovlev si è rifugiato a Mosca. E così ora, a Montecarlo, sono in molti a scommettere che l’oligarca non metterà più piede in Costa Azzurra. Nessuno, a quanto pare, aveva pensato di ritirargli il passaporto. Miliardi e pallone, in fin dei conti, tornano sempre utili. Anche per aprirsi una via di fuga verso la salvezza. O forse verso l’impunità.