'Non svendete Poveglia':  il Tar dà ragione all'associazione che vuole proteggere l'isola

Gruppi di cittadini si erano organizzati per salvare uno degli ultimi spazi della laguna veneziana non ancora trasformati in hotel. Avevano raccolto fondi. Presentato piani. Per ridare vita a quel luogo. Ma dall'Agenzia del Demanio avevano ricevuto solo dei no, e risposte non motivate. Ora il tribunale sanziona quei dinieghi. Riconoscendo «la finalità di indubbia rilevanza sociale e collettiva» delle proposte. La battaglia ricomincia

Hanno un piano. Salvare Poveglia. Ovvero salvare uno degli ultimi spazi di laguna non ancora ceduti a privati. Per restituire un pezzo di Venezia a Venezia, far sì che non venga destinata ancora - e sempre - all'economia schiacciante del turismo, ma trasformarla in bene comune, in parco, in spazio per attività sociali, in luogo, fondamentalmente, aperto. Nel 2014 Lorenzo Pesola e un gruppo di cittadini avevano fondato così un'associazione, Poveglia per tutti, e lanciato una campagna di raccolta fondi per partecipare all'asta allora indetta dall'Agenzia del Demanio. Raccolsero 450mila euro. Pochi, rispetto al budget messo sul tavolo dai concorrenti; ma tantissimi, perché arrivati da volontari e appassionati di tutto il mondo. L'asta alla fine non andò a buon fine, perché nessuna delle offerte venne ritenuta valida.

L'associazione allora ricominciò a seguire la sua missione. «I finanziatori avevano giustamente diritto di riprendersi i contributi. Ma la maggior parte decise di lasciare le donazioni e dare mandato all'associazione di continuare a fare il possibile per quel sogno», racconta Lorenzo: «Così, abbiamo steso un piano dettagliato di opere urgenti e proposte per utilizzare quei 389mila euro che ci erano rimasti per riaprire e rendere agibile parte dell'isolotto di Poveglia. Chiedendo al Demanio una concessione temporanea di sei anni, motivata dal progetto». Risposta: nessuna.

«Li abbiamo cercati in ogni modo. Ho fatto personalmente 21 incontri. Qui a Venezia, a Roma. Abbiamo spiegato, mostrato, le iniziative concrete che proponevamo, per ridare vita a quel luogo anziché lasciarlo al degrado. Come risposta abbiamo ricevuto sempre e solo un'insabbiamento insopportabile nella burocrazia», continua Lorenzo: «Ci dissero a un certo punto che c'erano altri soggetti interessati. Attraverso una richiesta di accesso agli atti, abbiamo scoperto che non era vero. E poi ritardi, mancate risposte».

Così, hanno deciso di fare ricorso al Tar, contro quel muro di sabbia. «I nostri avvocati dicevano che sarebbe stato praticamente impossibile». E invece. Invece il tribunale amministrativo del Veneto il 21 febbraio ha condannato il Demanio, obbligando di fatto a prendere in considerazione sul serio il piano dell'associazione, di cui il giudice riconosce «la finalità di indubbia rilevanza sociale e collettiva». Se vorrà rifiutare la proposta dei cittadini, di nuovo, lo Stato dovrà motivare estesamente questo rifiuto.

Nel frattempo però, gli obiettivo del Demanio sembrano rimanere gli stessi. Anzi. Anziché favorire l'accesso pubblico, sembra determinato a impedirlo in qualsiasi modo. Il sei febbraio il ministero dei trasporti, dalla sede regionale, ha emesso un'ordinanza con la quale vieta qualsiasi attracco all'isola. «In questi anni, in attesa di sapere quale sarebbe stato il futuro di Poveglia, come gruppo di volontari abbiamo nel frattempo ridato vita a una piccola area di parco, distante dagli edifici fatiscenti», spiega Lorenzo Pesola: «Abbiamo tolto spazzatura, erbacce, messo cartelli, pulito sentieri. D'estate era comune trovarci cittadini in gita».

Adesso, sembra che la burocrazia voglia spegnere anche questa piccola, minima, posisbilità. Perché? Intanto l'associazione non si arrenderà, promette Lorenzo: «Le isole intorno solno diventate tutti alberghi extralusso o hanno ospitato progetti immobiliari semi falliti. Non possiamo accettare questo destino, ancora. Non ne possiamo più di alberghi». E non per vezzo. «Ma perché ci opponiamo all'idea del cittadino che diventa cliente». È questa l'esigenza che ora anche il Tar ha chiesto di ascoltare.

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