
A tutto questo si aggiungono vari record negativi: il più alto numero al mondo di persone con il virus Hiv (5 milioni e 700 mila, più del 10 per cento); il maggior numero di violenze sessuali (132 ogni 100 mila abitanti); e il più alto tasso di omicidi (34 ogni 100 mila abitanti).
Per riconquistare consensi nella propria base elettorale storica - le masse di diseredati neri - negli scorsi giorni l’African National Congress ha fatto sua la proposta (proveniente da un partito di estrema sinistra) di confiscare i latifondi dei boeri bianchi, che rappresentano ancora l’élite economica, per ridistribuirli tra i contadini poveri. Finora si tratta solo di una mozione approvata in Parlamento, ma è bastata per riaccendere le tensioni razziali e sociali. «Il tempo della riconciliazione è finito, adesso è il tempo della giustizia», ha esultato Julius Malema, il leader del partito che ha avanzato la proposta.

L’ex presidente Jacob Zuma (che è stato al potere dal 2009 fino al febbraio scorso) durante il suo mandato ha sempre insistito sul fatto che la Coppa del Mondo di calcio del 2010 avrebbe aiutato l’intera nazione, creando posti di lavoro, migliorando le infrastrutture e trasformandone l’immagine all’estero. I nuovi stadi avevano annunciato un boom edilizio, invece molti degli operai che li costruirono sono stati licenziati subito dopo. Secondo molti osservatori, la manifestazione sportiva è stata soprattutto uno strumento per impressionare i ricchi stranieri a spese delle persone più povere.

Un esempio evidente dei problemi attuali è Blikkiesdorp, “la città di latta”, nei pressi di Città del Capo. La sua storia ha inizio nel 2007, quando centinaia di famiglie furono trasferite in alloggi della metropoli che stavano aspettando dalla fine dell’apartheid. Ma presto venne loro comunicato che la sistemazione «era illegale» e furono cacciate dalle loro nuove case. In segno di protesta, queste persone costruirono baracche accanto ai marciapiedi e si organizzarono nella campagna anti-sfratto di Symphony Way, promettendo di rimanere in strada finché il governo non avesse dato loro alloggi permanenti. Per un anno e mezzo fu bloccato un tratto di strada, nella protesta civica più lunga nella storia del Paese. Il blocco terminò solo a metà 2009, quando le famiglie vennero ricollocate in uno dei famigerati Tra (Zone di Trasferimento Temporaneo) di Città del Capo.

Quello che i residenti definiscono come un “campo di concentramento”, da temporaneo è poi diventato permanente. Circondato da filo spinato e composto da casette in lamiera di tre metri per sei, Blikkiesdorp è uno scandalo riconosciuto a livello internazionale. Le strutture hanno pareti di stagno che fanno entrare sia il caldo sia il freddo; non c’è pavimentazione, ma solo sabbia e spazzatura. Non ci sono le docce e i rubinetti sono privi di lavelli, quindi l’acqua penetra nel terreno. I servizi igienici si trovano all’interno di cabine di cemento buie e piccolissime. Alcuni residenti hanno cercato di costruire estensioni, giardini e minimarket informali. La tubercolosi e l’Hiv sono all’ordine del giorno; gli stupratori e gli spacciatori di droga vivono dietro l’angolo. I bambini nati a Blikkiesdorp, ancora sconosciuti allo Stato, ufficialmente non esistono e sono costretti a campare di espedienti. La disoccupazione è altissima e la mancanza di consegne postali o di indirizzi ufficiali rende ancora più difficile trovare lavoro.

La questione degli alloggi e la battaglia per la redistribuzione della terra sono da sempre i temi politici ricorrenti in Sudafrica. Nel 1950 il Group Areas Act razionalizzò a livello urbanistico la politica dell’apartheid (instaurata due anni prima), definendo puntigliosamente le zone destinate alla residenza e alle attività dei diversi gruppi razziali. Soprattutto nei quartieri posti ai margini di Città del Capo, il risultato fu la distruzione dei distretti che fino ad allora erano stati misti, con la rimozione degli abitanti non bianchi verso le nuove township. Furono istituiti degli appositi ghetti razziali, che divennero in breve dei quartieri-dormitorio di massa per gli operai che lavoravano nelle industrie delle metropoli. Migliaia di famiglie vennero ricollocate nei cosiddetti Cape flats, gli appartamenti dove tutt’ora abitano oltre un milione di persone. E lo Stato fatica ancora a fornire a tutta la popolazione le necessarie condizioni strutturali di base, come la casa, l’elettricità, l’acqua e la sanità.

Paradossalmente però sia il fenomeno dei Cape flats sia il caso della cittadina di Blikkiesdorp mostrano, oltre all’orrore, anche la bellezza di questo Paese: i rapporti tra zie e nipoti, tra mariti e mogli, tra madri e figli. A molte figlie nate in queste zone è stato dato il nome di Hope (Speranza). Agli arresti e agli scontri con i poliziotti si contrappongono le nascite e i matrimoni sul marciapiede. Il senso di comunità della protesta di Symphony Way si è manifestato attraverso una tenace solidarietà di fronte a uno Stato sempre più brutale e intollerante, che insiste nel trattare i più poveri dei suoi cittadini come se fossero il nemico.
Ciò che traspare è la persistenza della loro lotta, la loro autostima e il loro orgoglio. La loro dignità umana, nonostante siano trattati come animali dalla burocrazia. Colpisce come la gente comune sia capace di compiere imprese straordinarie in certe condizioni e come siano costrette a lottare costantemente per affermare la propria umanità: sono donne e uomini in grado - nonostante tutto - di impegnarsi e di discutere collettivamente su come superare le loro difficoltà, al fine di iniziare a esercitare un minimo di controllo sul mondo che li circonda. Come molti di loro affermano, «siamo poveri ma non siamo stupidi».

Le baracche di latta e legno, che caratterizzano anche le cittadine di Langa, Gugulethu, Khayelitsha, Cross Roads, Mitchell’s Plain e Manenberg, dimostrano che, nel bene o nel male, quest’area è la culla di Città del Capo. È una zona totalmente unica ed è emersa come parte vibrante e culturalmente diversificata della città che si trova in forte contrasto con la grande periferia bianca. L’anima, l’arte, l’artigianato e la musica abbondano in uno spettacolo collettivo. E poi c’è il famoso “senso dell’umorismo di Cape”, l’abilità delle persone a vedere sempre il lato divertente della vita.

Resta il fatto che prima o dopo bisognerà far fronte alla lotta alla miseria, visto che i governi che si sono succeduti finora non hanno combinato granché. Il successore di Zuma, si chiama Cyril Ramaphosa, è un ex sindacalista dei minatori molto pragmatico, che promette posti di lavoro e il miglioramento del sistema scolastico. Tra un anno, alle elezioni, il Paese deciderà se dargli fiducia.