La dichiarazione rilasciato oggi ad Agorà è infatti solo l'ultima di una lunghissima serie da parte del leader leghista, che si colloca in un filone alimentato nel tempo anche da altri esponenti della destra. Il tema ricorrente è sempre uno: rispondere alle critiche dello scrittore e giornalista Roberto Saviano cercando di delegittimarlo (e intimidirlo), sostenendo l'inutilità della sua scorta e il suo eccessivo costo per gli italiani. In pratica, vogliono far credere Salvini e gli altri, la protezione da parte dello Stato non serve poiché Saviano non è in pericolo.

D'altra parte è da più di un anno che Salvini minaccia di "togliere la scorta a Saviano" una volta arrivato al governo. La colpa dello scrittore? Averlo criticato per le sue proposte sui migranti. «Secondo quel poveretto (di spirito, non di conto corrente) di Saviano io sono (quindi voi siete) razzista, ignorante, farneticante, sgrammaticato... Se andiamo al governo, dopo aver bloccato l'invasione, gli leviamo anche l'inutile scorta. Che dite?», minacciava Salvini su Facebook l'8 agosto del 2017.

Per poi rincarare la dose appena tre giorni dopo, sempre sul social network: «Il signor SAVIANO è preoccupatissimo per la possibilità, auspicata da me e da milioni di italiani, che gli venga tolta la SCORTA, di cui inutilmente gode da tempo. Coda di paglia? La paura che fa Saviano alla camorra è pari a quella che fanno le minacce di Kim a Donald Trump: zero. Ciaone Saviano, fatti una vita! A spese tue».
Finito qui? Niente affatto. Passano solo due mesi e Salvini, consapevole della forte presa che ha il tema sul suo pubblico, torna ancora sul tema e in un'intervista a Vanity Fair del 5 ottobre 2017, chiede a Saviano di "rinunciare alla scorta". Altri due mesi, 12 dicembre 2017, e alla trasmissione di Radio 2 "Un giorno da pecora" sostiene: «Io la scorta a Saviano la toglierei perché è assolutamente immotivata».

Eppure l'attacco costante a Roberto Saviano attraverso la scorta non è esclusiva di Salvini. Che anzi questa battaglia l'ha "presa in prestito" da altri colleghi di destra. Addirittura nel giugno del 2013 il commissario del Pdl dell'Alto Adige, Alessandro Bertoldi, chiedeva: «Visto che lo scrittore sostiene che i trentini e gli altoatesini siano delle persone a cui 'piace pippare coca', mi chiedo se non piaccia anche a lui? Anche in questo giorno non ci ha risparmiato i suoi sermoni patetici. Anche in questo giorno ha mancato di rispetto alle nostre forze dell'ordine, rinunci alla scorta, altrimenti chiederemo noi cittadini che il ministero gliela revochi, visto che costa parecchio e fin troppo per un ingrato del genere».

Una proposta subito rilanciata e sostenuta dal "Giornale d'Italia" diretto da Francesco Storace, già esponente di An e di altri partiti della Destra. Storace che, sul tema, si ripeterà quache anno dopo, per l'esattezza l'8 marzo del 2018: «Ora che al sud è scomparsa la mafia su cui ha campato, sarebbe molto bello che Roberto Saviano rinunciasse ai tanti poliziotti di scorta a spese nostre».

Nel mezzo, si registra anche la sparata del sempre sopra le righe Vincenzo D'Anna, senatore di Forza Italia e poi di Gal, che nel maggio del 2016 chedeva di togliere la scorta a Saviano perché: «Con i risparmi di scorte come quella di Saviano, di soldi per chi combatte la camorra per davvero ce ne sarebbero di più».
A questo lungo elenco di attacchi da destra va poi aggiunto un episodio "da sinistra", la cui autrice ha però subito derubricato a "gaffe" e per cui ha chiesto scusa. Si tratta dell'allora deputata del Pd Giovanna Palma, che nel 2014 su Facebook scrisse: «Ieri un tribunale ha assolto il boss Bidognetti dall'accusa di aver minacciato Saviano condannando un avvocato. Un flop direi, dopo che per anni ci hanno fatto credere che lo scrittore era nel mirino dei clan più sanguinari. In assenza di minacce di un boss a che può servire la scorta?». Secondo Palma, il messaggio partì per errore, in quanto l'obiettivo dell'autrice era quello di criticare messaggi come quello e sostenere invece la sua solidarietà a Saviano.
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