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Attualità
settembre, 2018

Nel carcere di Foggia: “una realtà dimenticata dalla legge”

Il caso foggiano rispecchia la situazione invivibile del sistema penitenziario nazionale: carenze sanitarie, spazi limitati e assenza di personale. La denuncia della delegazione del partito Radicale Nonviolento 

“Detenuti abbandonati a loro stessi. Il direttore è totalmente assente. La situazione è ancora più critica nella sezione femminile, dove è presente anche un bambino di 2 anni che da un anno e mezzo vive qui dentro senza possibilità di movimento e nessun altro della sua età con cui socializzare: infatti è visibilmente nervoso”. Una delegazione del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito ha visitato sabato 8 settembre ’18 la Casa Circondariale di Foggia: “una realtà dimenticata dalla legge”.

Nel carcere i detenuti sono 536 di cui 132 in attesa di primo giudizio: la capienza ufficiale è di 300 persone e il sovraffollamento rende i letti a castello l’arredo principale all’interno delle celle. Lo spazio detentivo si suddivide in 5 sezioni, in ognuna di queste mancano beni di prima necessità e le condizioni igienico sanitarie sono critiche. “L’unico modo per poter fare una doccia calda è scaldare l’acqua esponendo bottiglie alla luce del sole” - racconta Rita Bernardini (coordinatrice della Presidenza del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito)- “i spazi pubblici ci sarebbero, peccato che non vengono utilizzati”. È da più di un anno che la zona verde non viene aperta e le attività ricreative non sono praticabili: le palestre sono state chiuse per una rissa e ad oggi non sono state riaperte.

In questo carcere, la direzione è affidata a due vice che si alternano di settimana in settimana rendendo impossibile la gestione di una struttura che presenta così tante criticità. Il personale di polizia è carente e questo non fa altro che limitare le già pochissime possibilità di movimento all’interno di una struttura detentiva. Era marzo 2018 quando nel centro tre agenti furono aggrediti e nello stesso mese un detenuto tentò il suicidio tagliandosi la gola mentre altri due ingerendo candeggina. Il SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) in risposta agli episodi di quattro mesi fa ha denunciato al ministero della giustizia e al prefetto la carenza di personale, “servirebbero almeno 70 agenti in più”.

La visita della delegazione ha messo in luce anche la carenza di un sostegno psicologico e medico adeguato per i molti casi di tossicodipendenza presenti nel carcere: “le uniche cure fornite sono la somministrazione di metadone”, conclude Rita Bernardini.

“In Italia ci stiamo avvicinando alle 60.000 unità detenute dato che eccede di 15.000 la capienza nazionale nel sistema carceri”. Purtroppo la realtà foggiana non è un unicum sul territorio nazionale, come dimostrano i dati forniti dalla associazione Antigone, che nel 2017 ha visitato 86 delle 190 carceri in giro per l’Italia: 36 nel nord, dalla Valle d’Aosta alla Romagna, 20 in centro Italia e 30 tra il sud e le isole. Nel corso dell’ultimo anno i detenuti in più sono circa 2.000: in totale sono passati da 56.289 (marzo 2017) a 58.223 (marzo 2018). Questo aumento non ha avuto le stesse conseguenze ovunque e in alcuni istituti «la situazione sta diventando invivibile».

Nel 69,4 per cento degli istituti visitati non vengono garantiti i 6 metri quadrati di spazio vitale che il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura ha definito come standard minimo per i detenuti. Nell’8,1 per cento delle strutture il riscaldamento in cella non è funzionante e nel 43 per cento delle celle manca l’acqua calda. Nel 41,9 per cento dei casi non viene garantito accesso settimanale alla palestra e, più in generale, nel 40,7 per cento degli istituti visitati non tutte le celle sono aperte per almeno 8 ore al giorno.

Nelle carceri italiane mancano anche i direttori. Ci sono 189 istituti e a marzo 2018 i direttori erano 151: 38 in meno rispetto al necessario. Di loro, 24 sono responsabili di due istituti e 2 di loro di tre istituti. Attualmente 10 carceri sono in attesa della nomina di un direttore.

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