Per la Cassazione non è 'Mafia capitale'. Ma nella pratica quotidiana le vittime temono questa organizzazione tanto quanto in Sicilia temono i boss di Cosa nostra o in Calabria quelli della ’ndrangheta. Ogni settimana sull'Espresso, un termine commentato da una grande firma o una personalità.

I giudici della Cassazione hanno deciso che a Roma non c’è mafia Capitale, ma due organizzazioni criminali semplici che hanno avuto in pugno la città sia sul lato politico che su quello malavitoso del “mondo di sotto”. Attraverso la forza dell’intimidazione portata avanti dalla figura del fascista Massimo Carminati, forte del suo passato violento e sanguinario, a Roma politici e burocrati si sono piegati ai voleri milionari di Salvatore Buzzi, l’uomo della sinistra, il re delle coop, che ha fatto affari con l’uomo nero e con lui ha diviso i guadagni a sei zeri, incassati sempre in nero.

E poco importa della paura delle vittime che i giudici di primo grado hanno potuto constatare direttamente in aula quando sono state chiamate a confermare le minacce di morte, le intimidazioni o la violenza subita. Per tutti loro è bastato uno sguardo da parte degli imputati per sostenere che non ricordavano più nulla. E quando gli veniva fatta ascoltare l’intercettazione delle minacce preferivano la falsa testimonianza pur di non accusare in aula nessuno. E allora, non si vorrebbe dare ragione al trafficante internazionale di droga divenuto collaboratore di giustizia che in fase preliminare ha accusato Carminati e i suoi uomini, salvo poi ritrattare quando i giudici lo hanno chiamato a deporre.

Il caso
Mafia Capitale, il terrore del testimone: "Se accuso Carminati duro una settimana"
14/10/2019

Ai carabinieri ha detto che se avesse confermato le accuse a Carminati sarebbe stato ucciso, perché non occorre essere minacciati direttamente da lui, ma come ha sottolineato bastava il semplice fatto che le sue dichiarazioni potevano servire a inchiodarlo al processo. Questo rappresentava una sentenza di morte. Dunque non ha parlato, ha scelto piuttosto di andare sotto processo per falsa testimonianza e calunnia. È il frutto della convenienza, dell’assoggettamento e dell’omertà. Del metodo applicato dal clan di Carminati, che è sempre attivo, tutti hanno ancora terrore. Potrà dunque non essere definita mafia dagli Ermellini, ma nella pratica quotidiana le vittime temono questa organizzazione tanto quanto in Sicilia temono i boss di Cosa nostra o in Calabria quelli della ’ndrangheta.