Le prime segnalazioni sul sepolcro in cui sarebbero stati sepolti i resti della ragazzina sono arrivate a L'Espresso due anni fa. Fonti vicine a Vatileaks raccontarono che «alcuni dipendenti laici andavano a pregare su una lapide senza nome nel Cimitero teutonico». Un documento apocrifo segnalava spese nel 1997 «per il trasferimento con disbrigo pratiche finali»
Le prime segnalazioni sull'esistenza di un tomba senza nome dentro le mura del Vaticano in cui sarebbero stati sepolti i resti di Emanuela Orlandi risalgono all'estate di due anni fa.
Chi scrive stava indagando sulla ragazzina scomparsa nel giugno del 1983, e nelle ricerche si era imbattuto in un documento apocrifo (che si presentava come un «resoconto delle spese sostenute dallo stato Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi») che raccontava una storia inedita: Emanuela, una volta rapita da soggetti esterni, sarebbe stata “recuperata” da uomini del Vaticano e poi nascosta – per motivi oscuri - per 14 anni fuori dai confini italiani. Le tracce portavano a Londra.
Il documento, che proveniva da una cassaforte interna alla prefettura degli Affari economici della Santa sede, si concludeva con l'elenco delle spese che andavano dal 1993 al luglio del 1997. L'ultima voce segnalava un costo di 21 milioni di lire per l'«Attività generale e trasferimento presso Stato Città del Vaticano con disbrigo pratiche finali».
Se nessuna prova ha permesso di confermare se la vicenda sintetizzata dal resoconto fosse vera o l'ennesimo tentativo di depistaggio (come chiarì subito il Vaticano) sul destino infelice dell'adolescente, nel libro “Impostori” scrissi pure che fonti interne avevano evidenziato l'esistenza «di una tomba nel Cimitero teutonico interno alla Santa Sede». Un sepolcro «senza nome» dove la Orlandi sarebbe stata sepolta dopo il decesso.
Una tomba con un angelo, su cui andavano a pregare alcuni prelati e «dipendenti vaticani». Lucio Angel Vallejo Balda, l'ex segretario della prefettura economica e della Cosea, la commissione che doveva indagare sugli enti economici vaticani, mi disse che anche un suo collaboratore stretto, Nicola Maio, era solito andarci a pregare. «Nicola è un uomo buono. Ma il cimitero è territorio vaticano: se scrivi della tomba, la portano via. Non rischiano», ragionò.
Vallejo Balda e Maio, oltre a Francesca Immacolata Chaoqui, sono stati imputati per divulgazione di notizie riservate nel processo Vatileaks II. Se Balda e la Chaoqui furono condannati e i due giornalisti coinvolti prescritti, Maio fu assolto.
La famiglia Orlandi, e l'avvocato Laura Sgrò, conoscono dunque la vicenda della tomba da almeno un anno e mezzo: gli Impostori uscì a settembre del 2017.
Secondo il Corriere della Sera, nuove segnalazioni sulla tomba sono arrivate pochi mesi fa. Così la famiglia della Orlandi e la Sgrò hanno chiesto al Vaticano di conoscere e approfondire la storia del sepolcro senza nome. E - ci fossero ulteriori dubbi - di analizzare quello che vi è all'interno. Il segretario di Stato Pietro Parolin ha detto che valuterà la domanda della famiglia.
Fonti vaticane dicono a “L'Espresso” però che potrebbe essere l'ennesima pista falsa. O che, pure fossero state lì, le osa della ragazza «sarebbero state levate da un pezzo».
Il rischio, per gli Orlandi che cercano la verità da 35 anni, è che si ripeta quello accaduto nel 2012 (quando venne aperto il tumulo del boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis, dove un anonimo ipotizzò potessero essere nascosto il corpo di Emanuela). O di rivivere quanto successo poche settimane, quando alcuni mucchietti di ossa trovati sotto la nunziatura apostolica in Italia a via Po, a Roma, furono collegati alla sparizione della ragazzina. Salvo scoprire – dopo le analisi scientifiche – che appartenevano a un uomo vissuto secoli prima.