Incendi, aggressioni, lettere minatorie, proiettili, spari, diffamazioni e insulti sui social network. 574 atti intimidatori a danno di sindaci, assessori e consiglieri. In crescita dal Nord al Sud del Paese. Il drammatico censimento di Avviso Pubblico

Sono 574 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza censiti nel 2018 da Avviso Pubblico nell’ottavo Rapporto “Amministratori sotto tiro”, presentato oggi a Roma. Una media di 11 intimidazioni a settimana, una minaccia ogni 15 ore, il 7% in più rispetto al 2017.
Nel mirino sono finiti sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica amministrazione. 84 le Province coinvolte – il 78,5% del territorio nazionale, il dato più alto mai registrato – e 309 i Comuni colpiti. Ad eccezione della Valle d’Aosta, sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia.

La Campania per il secondo anno consecutivo si conferma la regione in cui si sono registrate il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 93 casi censiti. Segue nella classifica regionale la Sicilia, con 87 casi, che precede Puglia (59), Calabria (56) e Sardegna (52). Al sesto posto la prima regione del Centro-Nord, la Toscana, che con 40 casi ha più che raddoppiato il numero di atti intimidatori registrati nel 2017. Proprio nel Centro-Nord è più evidente l’emersione del fenomeno: se nel 2013 l’area faceva registrare appena il 20% delle intimidazioni su scala nazionale, cinque anni dopo la percentuale è salita fino al 34%

A livello provinciale, nel 2018 il territorio più colpito si conferma Napoli (47 casi, +38% rispetto al 2017). Seguono Palermo (25 casi), Roma (20), Reggio Calabria (17), Lecce e Agrigento (16) Caserta, Bari, Catania e Sassari (15 casi ciascuno). Ad eccezione di Sassari, si tratta di territori ad alta densità criminale, in cui è radicata una storica presenza mafiosa, autoctona o proveniente da altre regioni.

 

LE TENDENZE DEL FENOMENO
Oltre al deciso aumento degli atti intimidatori registrati in territori diversi da quelli di nascita delle cosiddette “mafie storiche” - ‘Ndrangheta, Cosa nostra, Camorra e Sacra Corona Unita - emergono altre novità nel Rapporto 2018 di Avviso Pubblico: le minacce sono sempre più multiformi e si manifesta un’evidente distinzione tra Nord e Sud Italia.

Fra i 574 casi registrati la tipologia di minaccia più utilizzata si conferma l’incendio, ma con una incidenza percentuale in netto calo rispetto al 2017 (dal 28% al 19%). Aumentano le aggressioni (dal 10 al 15%), le minacce verbali (dal 9 al 12,5 per cento), quelle veicolate sui social network (dal 9 al 12%) e le scritte offensive/minacciose (dal 5 all'8 per cento). Questi dati descrivono un altro scenario: un aumento dell’aggressività fisica e verbale, quest’ultima veicolata sia “faccia a faccia” che a “a distanza”, al telefono o su Facebook. Le tre tipologie - aggressioni/minacce verbali/intimidazioni sui social network - che nel 2017 comprendevano il 28,5% dei casi totali, nel 2018 sfiorano il 40 per cento.

Altro aspetto da sottolineare, una maggiore diversificazione nella tipologia di minacce tra Nord e Sud rispetto ai precedenti Rapporti. Gli incendi, prima tipologia di minaccia al Sud e nelle Isole, si trovano solo al 6°posto nell’area Centro-Nord. Analogamente lettere e messaggi intimidatori, prima tipologia di minaccia al Centro-Nord, si classificano all’8°posto nell’area Sud-Isole. Si può affermare che al Sud e nelle Isole si intimidisce in maniera più evidente, spettacolare, senza preoccupazioni di destare allarme sociale: il 41% delle minacce si concentra infatti nelle categorie incendi e aggressioni. Al contrario al Centro-Nord l’intimidazione sembra rispondere ad un’esigenza diversa - non attirare l’attenzione dell’opinione pubblica - pur mantenendo lo stesso fine: condizionare l’operato della vittima. Il 40% delle minacce censite è infatti veicolata attraverso lettere, messaggi e telefonate minatorie oppure tramite minacce verbali. 

Tornano ad aumentare le minacce registrare nei mesi che precedono e seguono le Elezioni Amministrative: tra aprile e luglio si registra un picco di intimidazioni (il 40% del totale annuo), che fa salire la media delle minacce nel periodo ad una ogni 12 ore, due al giorno. Un dato che fotografa l’obiettivo di molte intimidazioni dal sapore mafioso: lanciare “messaggi” in campagna elettorale – allo scopo di intimidire chi rappresenta un pericolo, “agganciare” candidati più malleabili, “ricordare” eventuali accordi sottobanco – o subito dopo l’insediamento di una nuova Amministrazione.
 
ALCUNI CASI PARTICOLARI
Talvolta le minacce si spingono oltre la volontà di intimidire e condizionare. L’obiettivo diventa quello di uccidere o lasciare segni indelebili nel fisico, non solo nello spirito. Il 6 aprile 2018 un’autobomba ha stroncato la vita di Matteo Vinci a Limbadi (Vibo Valentia), candidato alle precedenti elezioni comunali, finito in rotta di collisione con la potentissima cosca dei Mancuso. Il 17 giugno a Montecorvino Rovella (Salerno) Giampiero Delli Bovi, avvocato e collaboratore del neo Sindaco Martino d’Onofrio, ha perso l’uso di entrambe le mani a seguito dell’esplosione di un pacco bomba, recapitato davanti al cancello della sua abitazione. Il 2 luglio a Santadi (Sud Sardegna) un consigliere comunale di Giba, Nicola Atzori, mentre era alla guida della sua autovettura è stato raggiunto da due colpi di arma da fuoco alla testa.

Sono alcune delle storie drammatiche raccolte lo scorso anno e riportate nella cronologia in appendice del Rapporto. Storie che provengono da ogni parte d’Italia, in certi casi specchio della conquista da parte della criminalità organizzata di ampie fette di territorio del nostro Paese.

Analizzando l’archivio delle intimidazioni censite da Avviso Pubblico nel triennio 2016-2018, emergono 16 Comuni sparsi sul territorio nazionale in cui ogni anno sono state registrate minacce, aggressioni e altri atti minatori rivolti ad amministratori locali e personale della Pubblica amministrazione: Licata (Agrigento), Rosolini (Siracusa) e Gela (Caltanissetta) in Sicilia; Crosia (Cosenza) in Calabria; Scanzano Jonico (Matera) in Basilicata; Carovigno (Brindisi) e San Severo (Foggia) in Puglia; Lanciano (Chieti) in Abruzzo; Anzio, Ardea e il Municipio di Ostia (Roma) nel Lazio; Cascina e Pontedera (Pisa) in Toscana; Faenza (Ravenna) in Emilia-Romagna; Ventimiglia (Imperia) in Liguria; Carmagnola (Torino) in Piemonte.

Lo scorso 18 marzo una vasta operazione congiunta dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, condotta tra il Piemonte e la provincia di Vibo Valentia, ha fatto affiorare come la ‘ndrina dei Bonavota che operava proprio nella zona di Carmagnola, avesse messo nel mirino l’amministrazione comunale, con i reiterati incendi delle auto del vicesindaco e dell’assessore all’Urbanistica. Una sovrapposizione tra presenza mafiosa e atti intimidatori che emerge anche nel Municipio di Ostia, nei Comuni di Ardea, Anzio e San Severo, territori costantemente citati da varie relazioni investigative e dalla Relazione conclusiva della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere della XVII Legislatura.
 
“SOTTO IL TIRO” DEI CITTADINI
Ma il fenomeno, articolato e complesso degli Amministratori sotto tiro, presenta un’altra faccia della medaglia: non tutte le intimidazioni ricevute da amministratori locali e personale della Pubblica amministrazione hanno una matrice criminale. Avviso Pubblico ha registrato per il terzo anno consecutivo un aumento dei casi in cui non sono le mafie o altre organizzazioni criminali a colpire, quanto singoli cittadini o gruppi di essi.
Sono ben 169 i casi di questo tipo, il 29% del totale. Cittadini disillusi, incattiviti, in cerca di risposte che la politica non è stata e non appare in grado di fornire, finiscono per riversare su vari capri espiatori il proprio malcontento. Tra questi gli amministratori locali, cittadini come loro, ma percepiti come rappresentanti di una “casta” di privilegiati e corrotti. “La società è attraversata da un sentimento, profondo e radicato: che si viva subendo delle ingiustizie. Il Sindaco è percepito come chi sta dalla parte da cui si pensa provenga l’ingiustizia” spiega Gherardo Colombo nell’intervista concessa per il Rapporto “Amministratori sotto tiro” 2018. Ed ecco il proliferare di intimidazioni e aggressioni nate da questo sentimento, associato al tema dell’accoglienza agli immigrati, al risvegliarsi degli estremismi politici, alla mancata ripresa economica, alla scarsità di offerte di lavoro.
 
UN CAMBIO DI MENTALITA’
Il tema “Amministratori sotto tiro”, grazie anche al lavoro ormai quasi decennale di Avviso Pubblico, gode finalmente di una visibilità e di un’attenzione, istituzionale e mediatica, sconosciuta fino a pochi anni fa. Un cambio di mentalità è necessario quando ci si interroga sulle risposte più efficaci da dare per contrastare il fenomeno.

Il contrasto alle organizzazioni criminali e alla corruzione, offrire risposte concrete ai problemi socio-economici dei territori, rinsaldare il rapporto tra cittadini, forze politiche e istituzioni sono ricette fondamentali e interconnesse fra loro, che saranno ancora più efficaci se saremo in grado di cambiare anche la narrazione del nostro Paese.

A fronte di tanti, troppi scandali, connivenze e collusioni con il sistema criminale – da denunciare senza sconti – c’è un mondo che fa fatica a trovare spazio sui media: quello della “buona politica”. Anche tra gli amministratori minacciati c’è chi viene intimidito perché non ha rispettato patti scellerati con organizzazioni criminali. Ma nei circa novemila Enti locali del nostro Paese opera una maggioranza di cittadini – personale politico e amministrativo – che svolge “con disciplina e onore” le proprie mansioni, secondo quanto richiamato nell’articolo 54 della Costituzione. Lo fanno in nome di un interesse collettivo, per la difesa e lo sviluppo del bene comune. Lo fanno per quello che Giovanni Falcone definiva “spirito di servizio”. Lo fanno in territori difficili, facendo fronte a scarsità di risorse economiche ed umane. Raccontare questa normalità, diffusa in tutta Italia, aiuta a disinnescare una delle più grandi fake news dei nostri tempi, quel “sono tutti uguali” declinato in senso dispregiativo, che alimenta la società del rancore in cui stiamo vivendo.