
L’Espresso ha raccolto oltre milleduecento interviste in dieci giorni - grazie a un link creato su un modulo Google - con elettrici ed elettori sotto i 25 anni. Sedici domande veloci, interconnesse, e condivise tramite WhatsApp, per capire quale opinione hanno i giovani dell’Ue, alla vigilia del rinnovamento del Parlamento. I risultati sono tutti in queste tabelle. Dove si scopre tra l’altro che quasi 8 ragazzi su dieci si sentono europeisti, il 13,5 per cento è per l’abolizione dell’euro, il 2 per cento se ne frega di viaggiare liberamente per l’Europa, il 66.3 è convinto che l’Italia sia stata lasciata da sola nella gestione migranti. La priorità va a sviluppo economico e attenzione per l’ambiente: seguono diritti civili e istruzione.
In un clima che rimane ancora di austerity il comparto dove l’Unione investe di più è l’agricoltura, ma i limiti per i giovani rimangono ancora l’accesso al credito e il ricambio generazionale. Chi conosce bene i problemi dell’Unione è Giovanni Gioia, delegato Ceja (Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori): «Uno dei maggiori ostacoli per un giovane alle prime armi è l’accesso al credito e alla terra. Il 27 per cento degli agricoltori europei under 40 vede respinte le domande di prestito. È una cifra insostenibile. Vanno assicurati fondi di garanzia per credito agevolato o pensare concretamente ad una forma di affiancamento agli agricoltori più anziani per garantire continuità e nuova linfa alle imprese». Lo dice mentre passa tra piante di canapa industriale alte quanto una persona. Giovanni si sposta da Palermo a Roma, prende un aereo e finisce a Bruxelles. Posta i video del raccolto sui social network, perfetto nel suo ruolo di agricoltore-web.
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Una generazione senza spaccature, ma figlia di luoghi diversi che si incontrano nella rete, dove un 17 per cento di ragazzi dice di non sentirsi cittadino europeo. A Ostia, periferia di Roma, un murales segna il punto di confine con i palazzi occupati. «Io non voto, non mi importa nulla, voglio il ritorno alla lira e non mi sento cittadina europea, manco un po’», Melissa, neanche trent’anni, lo dice, mentre la figlia di un anno finge un pianto che vuole solo attenzioni materne. «Cosa vuoi che ti dica, il padre era violento e quindi ho preferito restare da sola, meglio ragazza madre che con un uomo incapace al tuo fianco». Quando la stagione estiva non è ancora iniziata, lei va nelle case degli altri a fare le pulizie, tutto in nero e senza contratto, perché alla fine «questa è la situazione e bisogna accontentarsi». Poi aggiungee: «Il più bel valore dell’Unione Europea, almeno tra quelli che sono elencati, è la libertà, non rendere conto a nessuno è la più grande vittoria». Madre e ragazza con le unghie laccate, in linea con la sua generazione che alle stesse domanda mette la libertà al secondo posto con un 21.7 percento. In cima ai valori primeggia l’uguaglianza (26.4). A seguire: dignità umana (20.3), democrazia (20.2), giustizia (11.3).
Ad Agrigento c’è chi la giustizia la cerca con indignazione. Le acque violentate dall’inquinamento, le aree verdi inaccessibili, giovani minacciati dalla forestale perché osano ripulire autonomamente il ribattezzato parco dell’Immacolata. La mafia, gli edifici scolastici che cadono a pezzi e la necessità di giocare la partita nella squadra dei giusti.
Danilo Mungiovì, 19 anni, spiega perché per i giovani l’Unione si dovrebbe occupare principalmente dell’ambiente: «Rivendichiamo il nostro futuro e siamo preoccupati perché l’ Europea sembra ritardare di giorno in giorno decisioni importanti, senza rendersi conto di cosa realmente sta accadendo». Ad Agrigento il fridayforfuture, il movimento verde che ha scosso le nuove generazioni, ha chiesto con scetticismo ai candidati di mettere in agenda le politiche green: «Probabilmente rimarranno parole vuote». «Noi abbiamo un potere, quello di essere un movimento globale, ma al momento non stiamo dialogando molto con i fridayforfuture degli altri Stati», si interrompe mentre parla con una coetanea, ma riprende il discorso: «Dobbiamo obbligarci a un ragionamento più complesso se vogliamo realmente cambiare le cose. Andrò a studiare a Catania, perché sono troppo attaccato alla mia terra». Sicilia contraddittoria e accogliente: «Qui il problema dell’immigrazione è sentito come in ogni parte d’Italia». In via Vallicaldi un bambino con le mani sulla nuca si nasconde, sull’angolo un altro fa capolino. È questo il disegno che descrive una delle vie dello spaccio di Agrigento, dove la droga viene messa in mano ai migranti dalla mafia. Tutti lo sanno, in pochi lo dicono. «È normale», spiega Danilo, «che il 72.4 percento dei giovani pensi che l’Italia sia stata lasciata sola nella gestione migranti e che siano tutti concordi nel dire che l’Unione Europea non abbia saputo far fronte alla situazione». Prende lo smartphone e scorre la pagina di Instagram, uno dei social più usati, lo stesso scelto da un comitato di studenti per aprire Evolveu2019 con «l’obiettivo di informare sulle imminenti elezioni europee».
Alessandro Fusco, 19 anni: «Sono di Pomigliano d’Arco, stesso paese di Luigi Di Maio, come tutti gli altri del comitato». Il telefono squilla. Non risponde nessuno. «Mi hanno detto che mi serve un deputato che mi faccia da tutor». Prova di nuovo: «Bisogna chiamare prima che arrivi il pomeriggio, altrimenti è la fine, non trovi più nessuno». Si infila in un bar, ordina un caffé. È tempo di riflettere: «Con Evolveu stiamo organizzando alla Camera dei deputati un incontro per spiegare il funzionamento dell’Unione Europea ai giovani, ma non è così semplice come speravamo: per avere una sala ci serve un deputato o un senatore che ci faccia da tutor e degli otto professori universitari che abbiamo chiamato non ci risponde nessuno». La situazione si sblocca, ad aiutare i trenta del comitato è la segreteria del presidente Roberto Fico che non parteciperà al dibattito, ma si impegna a concedere gratis una stanza. «Abbiamo iniziato una specie di tour perché ci siamo resi conto che non tutti conoscono il meccanismo dell’Unione, diciamo la maggior parte».
Eppure il 49.7 per cento dichiara di essere ben informato e il 33.7 non sente la necessità di avere una materia appositamente dedicata ai complessi meccanismi della macchina amministrativa europea. «Sono scettico su queste convizioni», scherza Alessandro, «ma non posso conoscere tutti quelli della mia generazione. Non abbiamo fatto campagna elettorale, non ci interessa per niente. Abbiamo cercato di far capire l’importanza dell’Unione Europea. La domanda che mi hanno rivolto di più è stata sul programma della Lega: inesistente». Appartiene a un esercito che sferra l’attacco tramite Photoshop e applicazioni. Jean-Claude Juncker è per molti un rivisitato personaggio di “Game of Trone”, il Vinci Salvini una parodia che scatena la fantasia di cinefili incalliti. Analizzato e rimontato tra Verdone, Totò e Sordi. I congiuntivi di Luigi Di Maio una medaglia all’onore per chi riesce a tramutarli in parodia.
Le contraddizioni, nella ricerca, non mancano: il 98 per cento trova utile poter viaggiare e studiare liberamente nella Ue ma il 33,9 per cento chiede il ritorno alla dogana tra gli Stati dell’Ue. «Colpa dell’immigrazione», chiosa Luca Contalbo, vicepresidente di Age, Associazione dei Giovani in Europa che si occupa di scambi culturali: «La verità è che vogliono che i confini dell’intera Unione vengano controllati per non fare entrare nessuno». Aggiunge: «Le opportunità che ci vengono offerte le conoscono in pochi, una cattiva informazione, spesso descritta in burocratese non aiuta».
C’è chi l’Europa la raccontava in modo diverso: accessibile e pop. Antonio Megalizzi, fondatore di Europhonica, ucciso con un proiettile alla testa lo scorso 11 dicembre, mentre si trovava a Strasburgo per seguire l’assemblea del Parlamento europeo. La notizia si diffuse tramite Twitter, all’inizio nessuno conosceva il nome del giovane. Antonio avrebbe compiuto 30 anni lo scorso 15 maggio e adesso quello che manca «è anche confrontarsi con lui». Andrea Fioravanti, giornalista che lavora a questo programma «fatto in Flixbus e autogrill con una redazione che si riunisce su WhatsApp» parla del sogno raggiunto «perché alla fine raccontare Europhonica è il migliore modo di omaggiare Antonio. Caparbio, ostinato e con un’idea di giornalismo unica nel suo essere». Andrea pronuncia trecento parole al secondo, nessuna pausa, caratteristica tipica dei giornalisti che conoscono bene la radio: «Abbiamo notato che quando si parla di giovani e Europa vengono usate parole vuote: generazione Erasmus, eurofili e destinata ad amarla per forza. Non comprendono che l’Unione Europea è un contenitore e come tale ha al suo interno idee e opinioni diverse, soprattutto tra le generazioni che se la sono trovata e che ora cercano di capirla».
Da Greta Thunberg a Farage, una lunga agenda di numeri. Vengono chiamati, intervistati e analizzati da questa redazione che conta trenta giornalisti, quasi tutti universitari: «L’Europa per piacere ai giovani non dovrebbe essere più blu, ma dovrebbe avere il colore verde». Disoccupazione giovanile e ambiente sono le tematiche che risvegliano le coscienze. Spiega Andrea Fioravanti: «Siamo una generazione che ha conosciuto solo la parola austerity, associata al ridondante “70 anni di pace”. Più l’abolizione del roaming». Il ragionamento continua: «Bisogna però ammettere che l’Unione Europea è una garanzia democratica: ventotto Paesi che ti controllano, le leggi con standard altissimi. Non dobbiamo mai dimenticare che l’Europa ha creato la democrazia e l’ha concretizzata come nessun altro». Poi conclude: «Noi abbiamo il papillon, fuori si vestono da Zara».