Sfrattato l'archivio Alinari: ora cinque milioni di foto cercano casa

@Archivio Alinari
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Venduta la sede di Santa Maria Novella, la prestigiosa collezione fiorentina  giace in un deposito. Comune e Regione si sono detti interessati a preservare un marchio noto nel mondo. Ma servono risorse

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Il Teatro greco, nel Parco monumentale della Neapoli, a Siracusa, nel 1929. La Piramide Cestia a Porta San Paolo, a Roma, nel 1930. L’Anfiteatro Flavio con l’Arco di Costantino e la Meta Sudante, nel 1890. Non solo. C’è tutto. Ogni momento. Ogni luogo. Il Venditore ambulante di arachidi, noci e olive in piazza Venezia a Roma, durante i funerali di Palmiro Togliatti il 25 agosto 1964. Il Ritratto della schermitrice Irene Camber, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, con il volto coperto dalla maschera di gioco. I Turisti agli Uffizi, nel 1950. Il Ritratto di Marion Wulz in costume egiziano, nel 1930. Le macerie del campanile della Basilica di San Marco, a Venezia, crollato il 14 luglio 1902.

Cosa hanno in comune temi così diversi? Sono tutte fotografie. Immagini che, nelle loro diversità, raccontano la storia, non solo dell’Italia, ma del mondo. Permettono di dare forma e sostanza a ricostruzioni altrimenti aleatorie. Consentono di immergersi in frammenti di un passato che in alcune circostanze sembra lontanissimo. Cancellato dagli stravolgimenti del tempo.

A conservare questa straordinaria miniera di informazioni per immagini è una azienda italiana. La Fratelli Alinari, “la più antica azienda al mondo tutt’ora operante nel campo della fotografia”, come si legge nel portale dedicato. Dal 1852 anche se in maniera più strutturata dal 1854, questa “wikipedia fotografica”, si occupa di arte, cultura, industria, società, paesaggio e molto altro. Merito indiscusso della famiglia Alinari, che ne ha mantenuto la proprietà fino al 1920, quando viene venduta alla Fratelli Alinari IDEA spa.

Dal 1983 è nelle mani di Claudio de Polo Saibanti che, proseguendo la politica di acquisizioni del suo predecessore, il senatore Giorgio Cini, ha vistosamente incrementato il patrimonio documentario dell’archivio. Un esempio? L’archivio di Villani di Bologna, forte di 550mila negativi e 5mila stampe, che è oggi l’archivio più importante in Europa per la storia industriale italiana in quanto documenta le vicende di 7500 aziende italiane dagli anni Venti agli anni Ottanta. Acquisizioni, ma anche donazioni. Come quella fatta da Folco Quilici, di oltre 500 mila fotocolor provenienti da tutto il mondo, dal Brasile al Sudafrica, dal 1954 fino a oggi.

Con un patrimonio di oltre 5 milioni di fotografie e 6 mila album, cui si possono aggiungere le oltre 1000 macchine fotografiche del XIX e XX secolo, cornici fotografiche, pubblicità di fotografi e di industrie operanti nella fotografia, racconta gli uomini e ciò che li circonda. Uno strumento insostituibile di conoscenza, ma anche un innegabile orgoglio italiano. Un autentico brand che, oltre allo straordinario Archivio fotografico, include anche una casa editrice. Un luogo della cultura, insomma, che dal 1863 si trova al numero quindici di Largo Alinari, a due passi dalla Stazione di Santa Maria Novella, a Firenze.

Un luogo aperto alla consultazione e alle visite. Almeno fino ad alcune settimane fa. Perché il palazzo nel quale si trova la raccolta di positivi, negativi, libri e apparecchi fotografici, è stato venduto dall’attuale proprietà. Così «l’Archivio di Fratelli Alinari dal 30 giugno 2019 non sarà più presente nella sua sede storica, in largo Alinari. Per il patrimonio, invece, oggetto anch’esso di trattativa per la vendita, il trasloco è già in atto», hanno reso noto i 24 dipendenti rimasti di Fratelli Alinari Idea spa e Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia. La notizia ha destato preoccupazione. Anche al di fuori dei confini nazionali. Il Frankfurter Allgemeine Zeitung, ad esempio, gli ha dedicato un articolo. Possibile che Firenze rinunci a perdere un pezzo della sua storia? Ammissibile che l’Italia osservi inerme a quest’ennesima rinuncia alla tutela di un suo marchio?

L’edificio è stato venduto a una società immobiliare che ne farà probabilmente degli appartamenti di lusso. Le motivazioni dell’operazione? «La zona di via Nazionale a Firenze è molto inquinata e non fa bene al materiale documentario. In secondo luogo, ormai siamo saturi. Siamo passati da 200 mila a 5 milioni di foto, inglobando e salvando molti altri archivi. Infine non dimentichiamo che la vendita di un immobile può farci acquisire finanziamenti da stanziare per altri investimenti legati alla nostra mission» ha spiegato Claudio de Polo a “la Nazione”.

Intanto il materiale è stato trasportato in un caveau della Art Defender, la società leader nel trasporto delle opere d’arte, a Calenzano, a nord di Firenze. Quindicimila scatole rinforzate con cursori interni che le tengono divise e compatte nelle quali sono state sistemate le lastre. Senza dubbio «il più grande trasloco di fotografia al mondo» lo ha definito Claudio de Polo al Giornale dell’Arte. Per ora rimarranno là, «in condizioni ottimali e in piena sicurezza», a disposizione dell’utenza, ha rassicurato Alessandro Guerrini, amministratore delegato di Art Defender. Ma quella del caveau non può che essere una sistemazione provvisoria. In attesa che qualcosa si muova. Che qualcuno offra soluzioni che non mortifichino la storia di Alinari. Che l’archivio, costituito con pazienza e fatica, non venga smembrato.

Fortunatamente almeno questo rischio sembra scongiurato. La Soprintendenza Archivistica per la Toscana ha dichiarato il patrimonio Alinari “un unicum di interesse storico e culturale sia a livello nazionale che internazionale”. Ma non basta. Ci vuole una nuova sede. Ci vogliono risorse.

Il Comune di Firenze e la Regione Toscana si sono dette interessate. «Siamo in grado di annunciare che siamo pronti ad acquistare la collezione fotografica al fianco della Regione Toscana», ha dichiarato il sindaco di Firenze Dario Nardella a metà maggio, in piena campagna elettorale. «Siamo pronti a mettere a disposizione un immobile di prestigio a Firenze gratuitamente e a creare le condizioni per salvare tutti i posti di lavoro. Il Comune ha un rilevante credito maturato negli anni con il soggetto proprietario della collezione, la Fondazione Museo nazionale della fotografia. Non possiamo permettere in nessun modo che la collezione venga smembrata, cosa che peraltro è vietata dalla legge, né portata fuori dalla città di Firenze».

Sembrerebbe prospettarsi un futuro “pubblico” per Alinari. «È un fatto di straordinaria importanza riportare in vita la collezione Fratelli Alinari», ha commentato anche il governatore Enrico Rossi. Impegno, almeno quello della Regione, che è stato confermato il 31 maggio in un tavolo riunito a Palazzo Strozzi Sacrati. «Ribadisco l’impegno della Regione a proseguire nelle verifiche necessarie per addivenire nei tempi più rapidi possibili all’acquisizione del patrimonio archivistico Alinari. Su questo stiamo lavorando insieme al ministero dei Beni culturali, da cui attendiamo un riscontro, che dovrebbe arrivare a breve», ha detto al termine dell’incontro Barni.

L’esito è tutt’altro che scontato. Troppe volte le promesse sono state tradite. Numerose le circostanze nelle quali parti del patrimonio italiano sono state messe all’asta. Non pochi i casi di chiusure che da temporanee si sono trasformate in definitive. Proprio come accade al Museo Nazionale Alinari della Fotografia, aperto nel 2006 nella sede delle ex Scuole Leopoldine in Piazza Santa Maria Novella, ma chiuso dal 2014, nonostante assolva “ad un importante ruolo di ricerca, salvaguardia e divulgazione della fotografia”, come si legge sul portale del Mibac.

«Ho fotografato invece di parlare. Ho fotografato per non dimenticare. Per non smettere di guardare», scrive Daniel Pennac ne “Il paradiso degli orchi”. L’Archivio Alinari deve continuare ad esserci anche per questo. Per non farci smettere di guardare al mondo e agli uomini di ieri.

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