L'inchiesta giornalistica iniziata un anno fa. L'appuntamento di Savoini al Metropol. Gli inviati dell'Espresso a pochi metri da lui. I riscontri, le conferme, l'audio. E ora, il fango mediatico degli squadristi di Salvini
Dalle inchieste giornalistiche che abbiamo pubblicato nell'ultimo anno e in particolare da quella uscita sull'Espresso il 24 febbraio, dopo la “trattativa” all'hotel Metropol fra leghisti e russi, emergono tanti punti oscuri che
Matteo Salvini, il capo del più importante partito di governo, non vuole chiarire.
Durante la sua visita a Mosca nello scorso ottobre, abbiamo documentato la ricerca di soldi nella lunga discussione svelata dall'Espresso - su cui la procura di Milano ha avviato un'indagine - e riemersa nelle scorse settimane dopo la pubblicazione dell'audio sul sito di Buzzfeed.
Le parole di chi stava al tavolo della trattativa, in particolare lo sherpa leghista Gianluca Savoini,
hanno confermato ciò che era stato scritto. Una prova che rafforza la nostra inchiesta e quella della magistratura milanese.
In queste settimane alcuni hanno però voluto guardare al dito e non alla luna, tralasciando il nocciolo vero dell’inchiesta, e cioè la ricerca dei finanziamenti all'estero da parte della Lega. Nel tentativo di trovare un diversivo, sono stati evocati scenari da guerra fredda, infilando i servizi segreti di vari paesi che avrebbero architettato la registrazione dell'audio all'hotel Metropol, e insinuando dubbi sul fatto che L'Espresso con i suoi giornalisti fosse davvero presente nella capitale russa in quei giorni, a pochi metri dai tavoli in cui sedevano Gianluca Savoini, mentre brigava per ottenere fondi in nome del suo partito. Per questo forniamo ai lettori alcune informazioni utili per capire meglio come sono andate le cose. Lo facciamo adesso, dopo che la procura di Milano ha disposto perquisizioni e accertamenti che hanno portato a svelare l'esistenza dell'inchiesta giudiziaria aperta dopo la pubblicazione della notizia del Metropol.
Il nostro lavoro è iniziato un anno fa, quando da alcune fonti abbiamo saputo che
Savoini si stava dando un gran da fare in Russia per una maxi compravendita petrolifera. Obiettivo finale: finanziare il partito del ministro dell'Interno. Ci siamo messi al lavoro, abbiamo girato diverse città e cosultato diverse fonti. A ottobre siamo arrivati a Mosca e lo scorso febbraio, sull'Espresso e nelle pagine de "Il Libro Nero della Lega", abbiamo dato conto di quanto scoperto.
Abbiamo sempre riportato fatti documentati.
Il clou della trattativa - iniziata nel luglio del 2018 - è avvenuto tra il 17 e il 18 ottobre a Mosca.
Noi eravamo nella capitale russa in quei giorni. Eravamo lì perché le nostri fonti ci avevano informato che il 18 ottobre si sarebbe tenuta una riunione importante al Metropol. E che il giorno prima Salvini avrebbe incontrato riservatamente il suo omologo russo, Dmitry Kozak, vice premier con delega all'energia. Abbiamo chiesto già cinque mesi fa a Salvini spiegazioni su quell'incontro, avvenuto nello studio dell'avvocato Vladimir Pligin,
ma il vice premier italiano non ci ha mai risposto.
Siamo arrivati all'aeroporto di Mosca Sheremetyevo il 17 ottobre e siamo ripartiti per l'Italia il 19. Uno di noi ha peraltro viaggiato sul volo Roma-Mosca, operato da Alitalia, lo stesso in cui ha viaggiato il ministro Matteo Salvini. Non si possono dimenticare, infatti, alcuni particolari, come quando il leader leghista è salito a bordo e i passeggeri hanno fatto partire un un lungo applauso, come se fosse una rock star.
Avevamo ottenuto per tempo i visti di ingresso in Russia, i nostri passaporti presentano i timbri di entrata e di uscita. Per due notti abbiamo dormito all'Hotel Metropol.
In 48 ore abbiamo fotografato e filmato tutto quello che si poteva documentare, e diverse immagini le abbiamo pubblicate sulle pagine de L'Espresso e sul sito. Fotografare il gruppo di persone sedute al tavolo della hall del Metropol ci avrebbe esposto inutilmente al rischio già alto di essere notati da Savoini e dagli altri commensali. Per questo ci siamo tenuti sempre a distanza. Ci siamo limitati a controllare con i nostri occhi che quanto ipotizzato dalle fonti corrispondesse a verità: e cioè che Savoini era al tavolo con altre persone.
La registrazione della loro trattativa, ottenuta da una fonte, ci ha permesso di ricostruire e di raccontare nei dettagli quella riunione durata circa un'ora e quindici minuti.Mentre la trattativa proseguiva abbiamo continuato a indagare cercando riscontri, tentando di capire chi fossero gli altri presenti il 18 ottobre a Metropol, arrivando infine identificarne uno con certezza (Ilia Yakunin). Per questo arriviamo a febbraio, cinque mesi prima della pubblicazione dell'audio da parte del sito americano Buzzfeed.
L'Espresso ha scelto di pubblicare la notizia della trattativa con tutti i dialoghi riportati in un contesto di informazioni più ampio. Non è stato ritenuto necessario pubblicare anche l'audio, che abbiamo tenuto come prova a supporto di quanto scritto. Infatti nessuno ha smentito ciò che avevamo riportato della conversazione, perché quelli seduti al tavolo sapevano bene che ciò che era stato pubblicato erano le loro parole.In seguito al servizio giornalistico pubblicato a febbraio, uno di noi è stato convocato dalla procura di Milano e sentito dai pm come persona informata sui fatti. L'atto è stato secretato perché parte del fascicolo di indagine preliminare.
Non ci sono stati dubbi nella scelta di avvalerci del segreto professionale per non svelare la fonte, come ogni giornalista sa che si deve fare per proteggere chi sceglie di collaborare. I magistrati hanno quindi firmato un ordine di esibizione del file audio e davanti a questo provvedimento giudiziario non era possibile esimersi.
Sentito il parere dei legali è stato fornito l'audio ai magistrati.Nel "Libro Nero della Lega" abbiamo scritto che al tavolo erano sedute cinque persone, mentre negli articoli pubblicati da L'Espresso abbiamo riportato che erano in sei. Il numero corretto è sei. Nel libro non siamo riusciti a correggere in tempo l'errore perché era già andato in stampa.
Infine, ci permettiamo di sottolineare un paradosso.
Mentre a L'Espresso si chiede insistentemente di rivelare l'identità delle fonti, al ministro Salvini è concesso di continuare a tacere sul suo viaggio a Mosca, sul ruolo di Savoini all'hotel Metropol e sulla contropartita prevista a fronte dei 65 milioni di dollari promessi dai russi. A febbraio il Cremlino, attraverso il suo portavoce, aveva chiesto al nostro giornale di rivelare le fonti informative usate per l'inchiesta.
Pensavamo fossero metodi putiniani, invece ora assistiamo alla stessa pressante richiesta anche in Italia, talvolta fatta da nostri stessi colleghi. Per noi, però, la tutela di chi contribuisce a svelare fatti di interesse pubblico viene prima di ogni altra cosa.