La saldatura con l'estrema destra. Lo sbocco nella curva romanista. La decadenza dopo l'arresto di Carminati. La parabola di Fabrizio Piscitelli

Via Amulio è una strada anonima che fa da cerniera tra la via Appia e la Via Tuscolana, alle spalle di via Acca Larentia, sacrario toponomastico ed urbano della destra romana, eversiva e non solo, dove persero la vita tre giovani missini il 7 gennaio del 1978. In questo luogo il “sangue dei vinti” ancora ribolle forte, non solo per le celebrazioni annuali ma anche e soprattutto per i nuovi intrecci di potere tra quello che rimane della destra eversiva che ha sempre di più usato la retorica fascista per celare la vera e pura matrice criminale. In via Amulio c’è la sede degli Irriducibili, che appare ancora oggi come un memoriale alle gesta di Fabrizio Piscitelli, meglio conosciuto come Diabolik, una sede che però risulta occupata e poco amata dai residenti che lamentano di «avere paura e di essere esausti delle scorribande e della prepotenza degli ultras».

Il locale risulta occupato irregolarmente, ricevuto in eredità da Forza Nuova che qualche anno fa migrò in via Taranto dove si è impossessato di uno stabile dell’Ater adibendolo a mensa per soli italiani. L’Inail proprietaria dei vani commerciali su strada non ha mai notificato la volontà di rientrare in possesso dell’immobile anzi nell’arco di questi anni ha respinto al mittente le tante richieste di chiarimento dei residenti del palazzo affermando che in assenza di una richiesta ufficiale l’ente non avrebbe potuto procedere in alcun modo. Un comportamento strano da parte di un istituto come l’Inail sottoposto a vigilanza del Ministero del Lavoro che nel corso degli anni sembra aver chiuso un occhio in quel serraglio di vie tanto che risulta occupata anche la famosa sezione di Acca Larentia, gestita per molti anni da Carlo Giannotta, morto lo scorso aprile all’età di 66 anni che aveva occupato anche un appartamento sopra la sezione tra via Evandro e via Acca Larentia, appartamento rimasto in dote alla compagna che continua ad usufruirne.

Uno scambio di occupazioni e di favori quindi è alla base del rapporto tra gli Irriducibili e Forza Nuova, una saldatura che avrebbe dovuto continuare anche dentro la Curva Sud dello stadio, perché come afferma una voce di cui manteniamo la riservatezza, che in passato ha fatto parte dell’estremismo armato della destra romana: «Piscitelli aveva capito che con la Nord non faceva più soldi e quindi cercava uno sbocco in Sud, sbocco che gli avrebbe potuto dare qualcuno vicino alla curva romanista. Il problema è che Piscitelli dopo l’arresto di Carminati si è “allargato”, lui non era un capo, era un “casinaro”, violento e prepotente che nel corso degli anni si è fatto decine di nemici. Gaudenzi era peggio di lui, ed è per questo che ha paura». Il riferimento è al video postato su Youtube da Fabio Gaudenzi, arrestato nelle scorse settimane, in cui affermava l’esistenza di una fazione fascista di Roma Nord e dichiarava di conoscere il mandante dell’omicidio di Piscitelli.

«Questa gente pensava di essere davvero dentro un telefilm. Ma con un certo ambiente non si scherza, e prima o poi i conti arrivano. Questi qui, ai tempi nostri, non erano nemmeno la terza linea» aggiunge l’ex estremista di destra.

Alla domanda se il video di Fabio Gaudenzi fosse una confessione autentica stringe e le spalle e dice: «Ma secondo voi un gruppo di fuoco del genere si vede dentro un bar e si dà nome “I Fascisti di Roma Nord”? Ma mica stiamo dentro “I ragazzi della via Pal”. Bisogna capire che Roma è fatta da cani sciolti, a Roma se vuoi spacciare per conto tuo lo puoi fare, se vuoi prenderti una zona puoi farlo, basta che te la spartisci bene con i napoletani, i calabresi, gli albanesi e i Casamonica. Il resto sono cazzate folkloristiche di gente che di droga ne ha tirata parecchia su per il naso».

«Io non so chi ha ammazzato Piscitelli, ma rifletto: è andato a Roma Sud, quando la sua zona era Roma Nord; la sua scorta non ha sparato neanche un colpo; e non si uccide un capo senza farlo sapere in giro», conclude.


Ma non c’è solo l’esperienza di chi ha vissuto davvero l’eversione armata a Roma a raccontare come la potenza di Piscitelli sia scemata progressivamente dopo l’arresto di Massimo Carminati, anche uno dei tanti spacciatori del quartiere Primavalle nella sua piazza di spaccio ci dice che «i pischelli di Piscitelli ad un certo punto hanno iniziato a spingere la roba degli altri perché girava voce che era pieno di buffi e che qualcosa stava per succedere. Tutte cose che non mi riguardano perché io so’ autonomo».

«Fabrizio Piscitelli aveva un grosso medaglione al collo con la foto di Gennaro Senese». Basta anche un ricordo di chi per anni ha frequentato la Curva Nord per capire, da un lato, i rapporti dei vertici di quel gruppo ultrà, ma anche lo spessore criminale del soggetto. Gennaro Senese è stato ucciso nel 1997, era il fratello del più noto Michele, narcotrafficante, oggi in carcere dopo anni di bella vita, impunità e castelli di soldi tirati su grazie alla gestione del mercato della cocaina. Quel medaglione era una forma di rispetto, devozione e amicizia. Non erano le uniche entrature del boss della droga, ucciso lo scorso 7 agosto e osannato dalla curva laziale e celebrato in altri stadi italiani nel silenzio completo delle autorità. C’era un’altra amicizia di peso, quella con Salvatore Casamonica, narcotrafficante della famiglia omonima che controlla ampie zona di Roma sud. E Salvatore Casamonica faceva affari proprio con gli albanesi, amici intimi, uomini di fiducia a disposizione di Piscitelli, come Zogu Arben, ma soprattutto Dorian Petoku quest’ultimo, arrestato proprio con Casamonica lo scorso gennaio.

I Casamonica, i Senese, gli albanesi, ma anche i napoletani come i fratelli Esposito, Salvatore e Genny, figli di Luigino, detto a’ nacchella, boss dell’alleanza di Secondigliano. Anche gli Esposito, padrini della droga a Roma e in ottimi rapporti con Piscitelli. Casamonica, oggi, è in carcere, accusato di associazione mafiosa e traffico di droga. «Con i Casamonica erano buoni amici, facevano incontri per spartirsi il territorio, Piscitelli era diventato un capo indiscusso», continua il racconto l’habitué della curva che preferisce l’anonimato per questioni di sicurezza personale. Ci racconta anche altro. «Aveva la fama di scamparla sempre, tutti finivano dentro tranne lui». In fondo il nome era una garanzia: Diabolik. Piscitelli è morto ammazzato, ma da uomo libero, anche se su di lui era stata avviata un’inchiesta. Aveva la fama dell’inafferrabile. Per un mese sfuggì all’arresto in una indagine per droga facendosi trovare, era l’ottobre 2013, in compagnia di Alessandro Telich, detto “Tavoletta”. Lo tradì la passione per la Lazio. Guardavano la partita e al fischio finale terminò la breve latitanza di Diabolik. Nel covo furono sequestrate: mazze di legno, sfollagente, fruste, asce, katane giapponesi, una pistola a salve e munizioni. Ma anche materiale utile per gestire traffici illeciti: per non essere individuati avevano a disposizione disturbatori di radiofrequenze e reti. Disturbatori di frequenze che vengono venduti su un sito internet gestito proprio da Alessandro Telich con sede a Dubai. Telich, amico storico di Piscitelli, in un post, nel 2014, spiegò anche l’utilità degli strumenti che vende: «Così le guardie devono tornare come ai vecchi tempi... piedipiatti». Più chiaro di così. Fascista come tutti, su Facebook condivide video inneggianti a Hitler, insulti alla Boldrini, e poi scritte come: “quando vedete un buonista del cazzo menategli senza pietà (…) un po’ come facevano giustamente i squadristi».

Nella carriera di Diabolik, detto anche strega, poi c’è un altro passaggio memorabile, visto il soprannome, quando ha scontato parte della pena in una casa di cura con tanto di piscina gonfiabile mentre i sodali erano ristretti dietro le sbarre. Lo temevano e rispettavano tutti, si era fatto crescere la barba lunga e stava sempre solo. In curva gli irriducibili mostrano tre striscioni, uno dedicato a Diabolik, Fabrizio Piscitelli, uno dedicato a Marco Turchetta e un altro dedicato a un sodale storico di Piscitelli, Zogu Arben, detto Riccardino, noto narcotrafficante, oggi in carcere, uomo fidato di Massimo Carminati. Anche Turchetta è detenuto, è stato arrestato lo scorso maggio in una operazione antidroga. Tutti dentro tranne lui che però negli ultimi tempi, racconta chi l’ha incrociato, era preoccupato per un possibile imminente arresto e le sorti del patrimonio sopravvissuto al sequestro. Un altro capo ultrà, Fabrizio Toffolo, sui social è in bella mostra in una foto con Domenico Spada, quest’ultimo oggi in carcere per mafia. Toffolo, per anni amico di Piscitelli, è stato gambizzato due volte. Nella prima occasione, era l’anno 2007, molti non esclusero il fuoco amico. Toffolo da anni non è più capo come un tempo, Diabolik, invece, non è mai caduto in disgrazia fino a quando, da signore della droga, boss temuto, è stato ucciso.

Ora che Piscitelli non c’è più alla prima di campionato è sfilato un nuovo riferimento per i ragazzi della Nord: Fabrizio Fabietti che, insieme a Telich, ha passeggiato in compagnia dei familiari di Piscitelli. Mentre la lega di serie A promuoveva la campagna contro la pirateria, lo stadio applaudiva i pirati della “roba”. Fabietti è, infatti, un signore della droga, amico storico del capo ultrà. Nei giorni successivi all’agguato era irreperibile anche agli inquirenti che volevano sentirlo poi è tornato “disponibile” fino alla giornata in curva.