Dopo aver lanciato la campagna In nome di tutte sono arrivate centinaia di storie, da nord a sud. Le abbiamo raccolte qui #innomeditutte

La prima è stata la storia di Francesca, iniziata il 22 febbraio 2020 e pubblicata su L'Espresso. Il racconto di un'interruzione di gravidanza trasformata in tortura è nata la campagna In nome di tutte. Per spingere le donne a denunciare tutti gli ostacoli e il dolore gratuito subito troppo spesso, in silenzio, nell'esercizio di un diritto che dovrebbe essere garantito per legge.

Abbiamo messo a disposizione uno spazio in cui condividere anonimamente le esperienze. Spesso fatte di solitudine, vergogna, umiliazioni. Uno spazio sicuro e anonimo,. Per disegnare una cartina che mostri un fenomeno silenzioso in crescita. Ecco tutto quello che è arrivato. Da leggere, e condividere

 

 




Vergogne
Il diritto di aborto trasformato in tortura. Vi racconto la mia cicatrice, in nome di tutte
28/9/2020


[[ge:rep-locali:espresso:285347653]]

IN NOME DI TUTTE
«Il mio aborto terapeutico, lasciata sola a partorire come un cane nel mio letto»
6/10/2020


[[ge:rep-locali:espresso:285347769]]

null
«Mi dicono: "Signora, ormai lei ha scelto". E durante l'aborto mi abbandonano tutti
14/10/2020


[[ge:rep-locali:espresso:285347990]]

null
«L'anestesista e le infermiere sono obiettori: durante l'aborto rischio di morire dissanguata»
15/10/2020


[[ge:rep-locali:espresso:285347777]]

null
Corridoi, sgabuzzini, stanze isolate: i luoghi destinati alle donne che scelgono l’aborto
27/10/2020


[[ge:rep-locali:espresso:285348131]]