Imprenditori e dipendenti delle onoranze funebri lavorano incessantemente per assicurare la sepoltura o la cremazione delle vittime del covid-19. Il racconto di uno di loro all'Espresso: «Siamo sul fronte e rischiamo il contagio perché sono finite le mascherine e altri dispositivi di sicurezza individuali»

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Le immagini del corteo funebre di camion militari a Bergamo hanno fatto il giro del mondo. Mezzi speciali per trasferire le troppe salme delle vittime del Covid-19 in altre regioni. E mentre i medici si occupano dei contagiati, dei positivi, dei ricoverati, c'è chi si occupa dei morti lontano dai riflettori. Chi porta i corpi infetti nei forni o chi li deve tumulare. Gli operatori funerari sono i testimoni di prima linea della pericolosità del coronavirus tanto quanto gli operatori sanitari. Eppure dimenticati, invisibili agli occhi di chi gestisce l'emergenza. Che rischiano di restare senza protezioni minime.

L'operazione di trasferimento delle salme bergamsche è stata possibile grazie all'impegno di un imprenditore, che ha messo a disposizione i suoi contatti in Emilia per trovare crematori disponibili ad accettare i corpi provenienti dalla Lombardia. L'imprenditore si chiama Gianni Gibellini. Ed è testimone della “Spoon river” emiliana del coronavirus. «Gli operatori funerari», dice Gibellini, «si ritrovano anche nelle abitazioni dei positivi che piangono un loro congiunto morto per le complicazioni da Covid-19. Qualche giorno fa Carpi, per esempio, è morta la suocera di un mio vecchio amico di scuola. Erano tutti in casa. Il medico legale che doveva certificarne il decesso è arrivato dopo 24 ore. Non potevano fare altro, i morti di Covid-19 non li portano più in ospedale per evitare la diffusione del virus. Per questo bisogna dare al sindaco di Modena di aver fatto la cosa giusta, autorizzando i funerali anche di domenica per decongestionare le camere ardenti e, soprattutto, per evitare che i familiari dei defunti passino più giorni con la salma in casa, così come è accaduto nelle settimane scorse».

Il tentativo è anche quello di snellire alcune pratiche burocratiche, come l'autorizzazione alla cremazione: «Serve la dichiarazione dei famigliari più stretti, c'è la possibilità per i comuni di raccoglierla anche per via telematica, così si accelera la procedura e non si lascia il defunto per troppo tempo nell'abitazione».
 
Nell'Emilia che resiste al coronavirus, Gibellini e i suoi dipendenti rischiano ogni giorno di ammalarsi. Anche perché i dispositivi di protezione iniziano a scarseggiare. Un timore diffuso, tanto che alcuni lavoratori si mettono in malattia per non andare in giro.

«Utilizziamo i dispositivi di che usavamo negli anni bui dell'hiv: copricapo, guanti monouso, sovracamice, camice, protezione oculare, secondo paio di guanti, disinfettante, mascherine chirurgiche, calzari, gambali. Tutto questo però inizia a scarseggiare. Anzi, possiamo dire che siamo messi malissimo, noi come tutti i nostri associati Efi(Eccellenza funeraria italiana). Abbiamo terminato le mascherine FP3 e anche quelle chirurgiche, insomma è un disastro. La grave carenza l'ho già fatta presente al Commissario Emilia Romagna per l'emergenza coronavirus, Sergio Venturi, e alla Protezione Civile. Il nostro è un servizio essenziale per la collettività, in mancanza di tale materiale, per non mettere a rischio la salute dei nostri dipendenti, siamo impossibilitati a svolgere il nostro importante servizio e per dare risposta immediate alle richieste che ci arrivano dalle istituzioni». Il problema è che gli ordini fatti settimane fa tardano ad arrivare:«Sappiamo che sono bloccati alla dogana», prosegue Gibellini, «ne abbiamo fatto uno importante per tanti associati ma purtroppo si parla di 8 a 10 giorni per la consegna. Tempi, tra l'altro, assicurati la scorsa settimana. Gli associati mi stanno scrivendo molto preoccupati per la salute dei dipendenti. Il materiale mancante di cui abbiamo bisogno con urgenza sono tute, camici, mascherine FFP3 e FFP2 e anche chirurgiche, guanti monouso, calzari- gambali, protezione oculare,copricapo. Solo la mia impresa, nei giorni scorsi si è occupata di 7 decessi per coronavirus. Con grande preoccupazione e paura bisogna capire cosa faremo se non ci consegneranno il materiale».
 
Le aziende di onoranze funebri, ricorda il presidente di Efi- operano soprattutto negli ospedali, luoghi dove la probabilità di contagio aumenta in maniera esponenziale. Per questo si sentono ancora più esposti, in prima linea appunto. «Il presidente Conte, sabato notte, ha rigraziato tutti, ma proprio tutti, giustamente. Dai medici alle cassiere dei supermercati, ma non noi, che i morti di coronavirus li prendiamo in braccio, li portiamo e li mettiamo nel feretro. Questo servizio, delicato e pericoloso per la salute di chi lo svolge, non ha avuto considerazione dal Governo».
 
Gibellini, tuttavia, è preoccuapato soprattutto per la salute dei suoi lavoratori. «Può succedere qualunque cosa, i ragazzi che lavorano per la mia imprese sono spaventati. Tengo su il morale cantando a “Muso duro” di Pierangelo Bertoli. Qui se non tiriamo fuori gli attributi non ci saltiamo fuori»». La paura diffusa nel settore è essere contagiati, «se dovesse verificarsi un'infezione di massa nel nostro settore chi ci sostiuirebbe? L'esercito? Non sarebbe un messaggio rassicurante», è preoccupato Gibellini, che aggiunge: «Quindi dobbiamo stare molto attenti, andiamo sui luoghi protetti, stiamo a distanza, ma il rischio c'è comunque. Purtroppo su diversi decessi che abbiamo già trattato, 24 sono di coronavirus. L'importante è conoscere i rischi, non dobbiamo ingenerare paure. La sanità emiliana sta reggendo bene e speriamo possa lavorare al meglio anche in futuro».
 
Gibellini è un imporante imprenditore modenese delle onoranze funebri e presidente di Eccellenza funeraria italiana(Efi), l'associazione di categoria che mette insieme decine di aziende del settore. Gibellini si è distinto in questi anni per aver denunciato il malaffare che regola la gestione del “caro estinto”. Si è costituito anche parte civile nei processi, come quello di Bologna, nel quale sono emersi complcità e accordi trasversali. Il nuovo nemico è più subdolo, è invisibile: da quando il coronavirus ha bucato le pareti dell'Emilia nulla è più come prima. Lui e i suoi dipendenti, come gli altri delle province più colpite della Lombardia, sono in prima linea, al pari di medici, infermieri, forze dell'ordine e operai che continuano a lavorare per garantire i servizi essenziali.
 
Ogni giorno Gibellini deve fare i conti con i cadaveri infettati dal Covid-19, che si aggiungono agli altri. In Emilia Romagna, infatti, i contagiati hanno toccato quota 8mila. È la seconda regione per numeri di infetti. Tra le province più colpite c'è Modena, oltre mille persone hanno contratto il coronavirus, 72 sono morte, 35 i guariti. I dati ufficiali riportano una mortalità del 7, 2 per cento in questa provincia, tra le più ricche e produttive del Nord, con poli d'eccellenza: dal distretto ceramico di Sassuolo all'industria automobilistica con Ferrari e Maserati in testa fino alle aziende alimentari.
 
Sono giorni tetri. Il dolore è ancor più dilaniante per chi ha perso un familiare. I funerali non sono vietati, precisa Gibellini:«Ma oggi partecipano in pochissimi, due, tre, a volte nessuno. È una cosa molto triste».