Il governo mette mano alla riforma del Csm (Consiglio superiore della magistratura) dopo la bufera scaturita con la pubblicazione delle chat dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara acquisite dai magistrati che lo hanno indagato a Perugia. «Il progetto di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e dell'ordinamento giudiziario non può più attendere», ha detto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, al question time alla Camera. «Un progetto normativo che già, prima dell'inizio dell'emergenze epidemiologica era stato oggetto di ampio confronto e condivisione con la maggioranza» ha detto il Guardasigilli, sottolineando come: «Il progetto base di riforma prevede stringenti norme che, sostanzialmente, impediscono al magistrato di tornare in ruolo dopo aver ricoperto cariche politiche elettive o di governo, anche a livello territoriale. Allo stesso tempo, si disciplina anche il ritorno in ruolo del magistrato candidato e non eletto, ponendo vincoli e limiti di natura territoriale e funzionale».
Il vice presidente del Csm David Ermini, intervenendo al plenum ha voluto evidenziare che «questo Csm non deve cambiare passo perché l'ha già fatto da tempo. Nessuno si illuda chiedendo lo scioglimento che questo Csm torni indietro».
Come ha detto il ministro Bonafede «La magistratura è stata investita da un vero e proprio terremoto, una pagine dolorosa che ha fatto emergere dinamiche inaccettabili nell'assegnazione degli incarichi». Un fenomeno che «colpisce la stragrande maggioranza dei magistrati che porta avanti la macchina della giustizia», dice il Guardasigilli.
Il caso Palamara rimette in gioco tutto nella magistratura ordinaria, tanto che ha portato a mettere in discussione l’organizzazione. C’è un modello con il quale si potrebbe compiere un confronto, ed è il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti. «Le vicende che hanno interessato negli ultimi tempi il Csm e, in questi giorni, l’Anm» dice Luigi Balestra, membro laico del Consiglio di Presidenza, «inducono a una qualche riflessione in ordine all’efficiente operare degli organi di autogoverno delle magistrature. Con “efficiente operare” si intende far riferimento alla capacità di dar vita a procedimenti decisionali che, per quanto concerne specificamente l’adozione di scelte sulle progressioni di carriera e la designazione nei ruoli apicali, siano ispirati e sorretti da paradigmi meritocratici, totalmente svincolati dalle logiche correntizie che dominano, e condizionano, da lungo tempo la scena».
Per Balestra si tratta di «Un condizionamento che conduce non di rado a operare vere e proprie mappature dei posti da ricoprire e, più in generale, delle scelte da compiere (mappature, beninteso, in sé e per sé non biasimevoli, giacché tutto dipende dagli obiettivi che le fondano). Il tutto avviene talvolta alla stregua di prospettive temporali ampie, le cui finalità sono quelle, in definitiva, di avvalorare una logica dell’accontentamento delle correnti, secondo il peso da ciascuna rivestito, non solo all’interno del Csm, premiando al loro interno il credito che ciascun appartenente ad essa ha saputo col tempo conquistarsi».
L’esperienza dell’organo di autogoverno della Corte dei Conti (Consiglio di Presidenza), per Balestra «offre spunti interessanti anche in vista dell’eventuale adozione di futuri processi di riforma. La composizione è assolutamente peculiare, se comparata agli altri, e fu il frutto di una riforma del 2009, che nelle intenzioni avrebbe dovuto rivestire un ruolo pilota rispetto agli altri organi di autogoverno. La composizione, appunto: tre componenti istituzionali (Presidente della Corte, Presidente Aggiunto e Procuratore Generale), quattro rappresentanti eletti fra tutti i magistrati (quindi in legittima rappresentanza dell’intera categoria) e quattro rappresentanti eletti dal Parlamento (2 dal Senato e 2 dalla Camera). La combinazione, dal mio punto di vista, si rivela assolutamente equilibrata, poiché le valutazioni della componente “togata-rappresentativa”, la quale giustamente, per sua naturale vocazione, si fa portatrice di istanze e interessi che la collettività dei magistrati porta alla loro attenzione, sono discusse e destinate a essere condivise, senza pregiudiziali, dalla componente “togata-istituzionale” e da quella “laica”. Il tutto secondo un agire combinato in cui nessuna componente, da sola, è in grado di imbrigliare e di imporsi alle altre».
Il “modello” del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, in definitiva, per Balestra «appalesa oggi i tratti maturi di un’esperienza cui guardare con estremo interesse, anche in considerazione del fatto che il corretto bilanciamento degli eventuali contrapposti punti di vista tra le due componenti elettive è assicurato, in ogni istante, dai tre magistrati di grado apicale, forti della loro lunga esperienza di toga coniugata alla consapevolezza di non soffrire alcuna pressione di categoria».