Quei ricercatori precari che su Facebook combattono il virus delle fake news
Grafici. Statistiche. Data set. Spiegati anche a chi non capisce niente di cifre. Ecco come l'iniziativa di dilvulgazione di un gruppo di giovani studiosi è diventata un punto di riferimento anche per gli scienziati
Il computer è perennemente acceso. Le chat di Whatsapp sono intasate da innumerevoli messaggi. La connessione wi-fi è messa a dura prova per le riunioni via Skype che si accavallano in questi giorni di quarantena. Sono in sette. Reclusi nelle loro case, si destreggiano con dati e paper scientifici per radiografare lo scheletro dell’agente patogeno che ha sconvolto il mondo. Per capirne la virulenza e le dinamiche di contagio. Eleonora, Giorgio, Viviana, Silvio, Flavia,Valeria e Martina: sono giovani laureati, dottori e assegnisti di ricerca che si adoperano quotidianamente per fornire informazioni dettagliate e puntuali sul Covid 19.
Era l’8 marzo quando Giorgio Sestili, fisico e divulgatore scientifico, ha creato la pagina Facebook “Coronavirus - Dati e analisi scientifiche”. E non avrebbe mai immaginato il successo che di lì a poco avrebbe fatto capolino sull’uscio della porta, nonostante il lockdown e la quarantena. «Alcuni dei miei ex professori dell’Università, tra cui Giorgio Parisi, Enzo Marinari e Federico Ricci Tersenghi, avevano iniziato a pubblicare grafici sulle curve del contagio. Allora mi sono detto: il loro lavoro inestimabile deve raggiungere un pubblico più ampio. Serve un megafono per condividere questo patrimonio», racconta Giorgio a L’Espresso.
Qui l’illuminazione: sfruttare le potenzialità della piattaforma digitale per socializzare i risultati della ricerca contro il Coronavirus. Creare un network dove coniugare il rigore scientifico e la comunicazione facendo rete tra diversi soggetti. Oggi l’esperimento conta 70mila like e milioni di interazioni per ogni post. Vaglio accurato delle fonti, miscellanea delle conoscenze e incrocio delle competenze sono il motore che alimenta il progetto. Il linguaggio utilizzato è semplice e chiaro. E buca il muro di ritrosie e falsi miti che ristagnava nell’opinione pubblica.
«La richiesta di partecipazione della cittadinanza è evidente. Soprattutto in questa fase. Le persone vogliono informarsi e cercano fonti autorevoli. Come per i cambiamenti climatici o l’impatto ambientale della cementificazione e delle grandi opere, la divulgazione scientifica irrompe sullo scenario pubblico. La pandemia ha centralizzato ed accelerato il processo», dice Giorgio.
Così i sette “editor” improvvisati combattono una guerra di trincea fino all’ultimo click. Il nemico da sedare è “l’infodemia”, la proliferazione di notizie false o poco accurate che imperversano sul web. Su “Coronavirus - dati e analisi scientifiche” ci sono articoli che smontano le bufale o sistematizzano alcuni concetti. È possibile trovare approfondimenti su temi specifici, correlati da infografiche che scandagliano il dato grezzo, lo masticano e lo rielaborano dandogli una nuova vita. Inoltre la pagina è costellata da interviste ad epidemiologi, virologi e fisici teorici che evidenziano la complessità della realtà attuale. L’8 aprile, ad esempio, l’Ansa ha ospitato un forum di discussione online organizzato dal gruppo di ricercatori, con la presenza di Massimo Galli, Direttore del Reparto Malattie Infettive dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano.
Giovani e talentuosi. Ciò potrebbe spiegare l’alchimia empatica con il pubblico. Ma non la forza propulsiva che il progetto dimostra settimana dopo settimana. La fiducia accordata dalla comunità telematica che fagocita ogni resoconto. Etica della professione e spirito di sacrificio. E una normalità dissacrante che straborda dagli schermi dei computer.
Giorgio ha 35 anni e gestisce la comunicazione del laboratorio R&D di Roma di Konica Minolta, una multinazionale giapponese specializzata in robotica e intelligenze artificiali. Le sue dirette video scandiscono le giornate per migliaia di persone. «Il collante della nostra pagina è l’idea per cui la scienza è sociale e investe pienamente le nostre vite. Tutti i cittadini dovrebbero accedere ai suoi saperi».
Giorgio non è solo. A comporre il gruppo c’è un’eccellenza silenziosa. Esemplificazione del potenziale inespresso del Paese: le nuove e le future leve della ricerca. Una galassia in fibrillazione che si organizza per somministrare gli anticorpi funzionali alla battaglia contro il virus. Che ha versato lacrime sui libri per acquisire “skill” ed “expertise” che l’Italia non valorizza.
Il gruppo lavora come una vera e propria redazione. C’è Valeria Persichetti, laureata in Biomedical Engineering all’Università Rome Tre e una poderosa esperienza nel settore farmaceutico e healthcare. È la coordinatrice del gruppo: pianifica il ritmo delle pubblicazioni, dosando gli articoli e gli approfondimenti. Pensa alla strategia editoriale e agli argomenti da sviluppare. «L’organizzazione delle mansioni è un elemento cruciale per la realizzazione di un progetto come il nostro. Siamo giovani che non hanno legami con lobby o interessi altri che non siano la scienza. Senza una struttura solida e un coordinamento tra le parti, la comunicazione perde efficacia».
C’è Viviana Couto Sayalero, laureata in Chimica Industriale all’Università La Sapienza. Cura la rassegna stampa quotidiana e il rapporto con gli utenti. Il suo è un ruolo decisivo che rimarca il carattere rivoluzionario dell’impresa. «Raccolgo i feedback dei nostri lettori, i loro commenti e le loro impressioni. In base alle domande, ragioniamo collettivamente su un piano redazionale che possa rispondere alle esigenze espresse dalla comunità. Il nostro è un servizio di pubblica utilità. Alcune rubriche sono nate attraverso queste segnalazioni», dichiara Viviana che ambisce ad entrare nel mondo accademico.
«Per intraprendere la carriera di ricercatore in Italia, devi assurgere al martirio», ironizza Silvio Paone, assegnista di ricerca dell’Università La Sapienza. «Volevo dare il mio contributo e mettere a disposizione le mie conoscenze». Poche ore dopo l’apertura della pagina Facebook, ha raccolto la sfida lanciata da Giorgio. Le molecole di Sars-Cov-2 sono pane per i suoi denti. Silvio è specializzato in Malattie Infettive, Microbiologie e Sanità Pubblica. Ed è da sempre in prima linea contro la piaga della malaria. Per “Coronavirus - Dati e analisi scientifiche” analizza le fonti e fa debunking degli articoli che interessano la morfologia del virus. Legge e studia le pubblicazioni scientifiche fluidificandone il linguaggio e scrive post “spiegoni” per fare il punto della situazione.
Silvio ha lottato per l’università pubblica durante la grande ondata del movimento studentesco del 2008 e del 2010 per contrastare la riforma degli atenei voluta dal Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. È tra i fondatori del collettivo di Biologia e oggi - come allora quando le piazze e le facoltà erano in fermento - ha ben chiaro il ruolo della ricerca e della formazione. «La ricerca ha una funzione essenziale per la vita democratica del Paese. La sua utilità sociale dovrebbe essere espletata a pieno nel pubblico. Fare ricerca in Italia è difficile. Soffocata dai continui tagli e dalla condizione inequivocabile di precarietà esistenziale che contraddistingue la nostra professione», racconta. E lavorare nel privato? «Non mi compete e non ne ho voglia».
Anche Giorgio era un attivista ai tempi dell’Università e racconta come molti dei suoi ex professori del dipartimento di Fisica entravano in aula e mostravano agli studenti (sempre attraverso grafici e tabelle) il de-finanziamento cronico che affliggeva il mondo della formazione. Eleonora era nel collettivo di Fisica e ha un ricordo vivido delle emozioni vissute in quelle giornate. Laureata in Astrofisica a La Sapienza, attualmente è dottoranda in Astronomy, Astrophysics and Space Science presso L’Università di Roma “Tor Vergata”, l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e lo European Southern Observatory (Eso).
Data analysis e curve del contagio sono la razione di cibo numerico e calcoli che ingurgita quotidianamente per la pagina.«Conoscenza scientifica e divulgazione devono essere concepiti come un tutt’uno. Il mio sogno sarebbe insegnare all’università. È una strada abbastanza impervia. Direi quasi impossibile da percorrere», dice Eleonora all’Espresso. «La ricerca di per sé è internazionale. Andare all’estero è una sua condizione intrinseca. Per tamponare la questione del precariato - che è accettabile in una prima fase - è necessario dare più soldi all’università. L’Unione europea ha fornito ulteriori opportunità, mentre l’Italia ha ridotto progressivamente i fondi».
«Non tornerei più in Italia se non avessi i miei genitori», dichiara Flavia Messina, laureata in Biologia Cellulare e Molecolare all’Università Tor Vergata e un dottorato in corso in Ocular Genetics and Paharmocology a Dublino. È vincitrice della borsa Marie Curie, il programma supportato dall’Europa, che porta il nome della chimica e fisica polacca premio Nobel nel 1903.
Flavia collabora con Silvio: setaccia le fonti, esamina la valenza delle nuove scoperte scientifiche sul Covid 19 e redige approfondimenti di carattere epidemiologico. Insieme, sono il cuore biologo della pagina Facebook. Il ventricolo sinistro e il ventricolo destro. «La nostra formazione è apprezzata in tutto il continente e le nostre università sono le migliori al mondo. Ciò che difetta è la mancanza di strumenti per fare adeguatamente ricerca. Gli altri Paesi offrono più possibilità», dice Flavia che ha ricevuto il plauso della comunità scientifica irlandese per il lavoro svolto da “Coronavirus - Dati e analisi scientifiche”.
Martina Patone è la “new entry” del gruppo. Ha un dottorato in Statistica all’Università di Southampton ed è tornata da poco in Italia, in tempo per vedere la pandemia sfogare la sua carica distruttiva. La prima impressione riguardo il gruppo? «Cavolo, sono tutte donne!» . E se la scienza è un universo dominato dagli uomini, nella redazione “Coronavirus - Dati e analisi scientifiche” le cose vanno diversamente. Insieme ad Eleonora, Martina analizza i numeri del contagio e traccia le curve della pandemia. «Uno dei problemi che ho riscontrato è come viene restituito il dato dalle istituzioni. In modo sterile e asettico. Ogni dataset deve essere collocato e determinato. Per ogni indagine è necessario spiegarne i limiti. Sennò ci crea soltanto confusione e paura. Un’incomprensione di fondo che mina le basi dell’informazione. La questione è atavica e con il virus è degenerata», dice Martina, puntellata dai pixel dello streaming. «L’obiettivo è rendere consapevoli le persone». E loro, con impegno, ci provano tutti i giorni.