La Cei si è scagliata contro il ddl Zan perché limiterebbe la libertà critica ai gruppi anti-Lgbt. Eppure il testo, che L'Espresso ha letto in anteprima e che pubblica, esclude il reato di propaganda di idee. In sintesi le persone Lgbt diventano soggetti vulnerabili. Ma si potrà persino dire liberamente che sono malate

La legge contro l'omotransfobia c'è. La norma bollata come "deriva liberticida" dalla Cei e dai gruppi anti-lgbt no. 

Il testo di di legge unificato che sarà depositato in Commissione Giustizia martedì prossimo e votato dai deputati il giorno successivo, l'Espresso lo ha letto in anteprima. Un testo snello che riunifica cinque ddl (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi) e che inizierà il suo percorso alla Camera.  Ieri vescovi italiani sono scesi in campo contro il ddl: «Non serve una nuova legge. Anzi, l’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide».

La legge, al contrario, mette sullo stesso piano la discriminazione per orientamento sessuale a quello razziale, interviene su due punti del codice penale e attraverso un'aggiunta alla legge Mancino, mira a sanzionare gesti e azioni violenti di stampo omotransfobico. Di una legge contro l’omofobia nel nostro paese si parla esattamente da 24 anni. 

Il cuore della legge Zan punta a inserire l'orientamento sessuale e l'identità di genere all’interno dell’attuale impianto giuridico in materia di reati e discorsi d’odio, allo scopo di estendere la normativa già esistente alla protezione della popolazione Lgbt. Tale impianto risiede nella Legge n.654 del 13 ottobre 1975 (la cosiddetta “Legge Reale), modificata con il Decreto legge n. 122 del 26 aprile 1993 (meglio noto come “Legge Mancino”) che attualmente si limitano entrambe a punire i reati e i discorsi d’odio fondati su caratteristiche personali quali la nazionalità, l'origine etnica e la confessione religiosa.

Proprio la Mancino è stata per anni una legge discussa, bistrattata, le pene sono state notevolmente attenuate dalla legge n. 85/2006. E poi, recentemente, minacciata di abrogazione dall'ex ministro alla Famiglia Lorenzo Fontana. 

Il testo del disegno di legge


L'anima di questa rivoluzione legislativa che spaventa vescovi e anti-lgbt della proposta Zan è visibile nei primi tre articoli. 

Tre modifiche che, molto semplicemente, inseriscono “il genere , l'orientamento sessuale e l'identità di genere" nel calderone delle discriminazioni per odio etnico, razziale o religioso.

Il colpo d'occhio farebbe pensare a una legge che difende, come per tutte le categorie già citate dalla legge Mancino, anche le persone lgbt dal reato di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, come dichiarato ieri dalla Conferenza Episcopale Italiana  ("finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione, più che sanzionare la discriminazione").

Ma non è così. 

Il ddl grazie a un espediente giuridico esclude tale reato nei confronti delle persone Lgbt. Si legge nella legge Zan: del primo comma sono aggiunte, in fine«oppure fondati sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».

Il termine comma, nel diritto italiano, indica una parte dell'articolo di una legge. Insomma una frase. 
Inserire "in fine", vuol dire sostanzialmente saltarlo. Quindi resta per la legge Mancino la questione razziale ed etnica che viene sì tutelata dal reato di propaganda. Cioè restano le pene per coloro che diffondono idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale o etnico. Ma si esclude da questa tutela la comunità Lgbt che viene difesa solo in caso di "istigazione a commettere " o in caso commissione di atti di discriminazione. 

Per esempio: viene punita un'associazione che pubblicando la foto di un attivista gay invita i suoi seguaci a linciarlo. Non viene punita una persona che potrà ancora liberamente dire: l'utero in affitto è un abominio, il matrimonio omosessuale è sbagliato. 

Il caso
«La legge contro l'omofobia vuole censurare chi critica i disturbi sessuali»
21/5/2020

Giuridicamente si rispetta quel confine sottile tra determinatezza e indeterminatezza, quello che caratterizza il reato di diffamazione per intenderci, e riserva dunque ai gruppi anti-lgbt quella libertà di pensiero che oggi sentono minacciata. 

Determinare un soggetto, metterlo all'indice e invitare alla discriminazione è un reato già ampiamente condannato dal già citato reato di diffamazione che con la legge Zan, potrebbe diventare "aggravato" in caso di soggetti vulnerabili come le persone Lgbt. 

Le persone lgbt diventano soggetti vulnerabili
Proprio la "vulnerabilità" delle persone lgbt viene certificata giuridicamente. Lo status di vittima vulnerabile non viene accertato di volta in volta ma desunto da elementi oggettivi: le caratteristiche personali della vittima e la natura e le circostanze del reato. 

La legge intervenendo sull'Articolo 90 quater del Codice di procedura penale, inserisce la frase "o fondato sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere". e riconosce così gay, lesbiche e transessuali come vittime vulnerabili nell'Italia di oggi. 

L'articolo 4 concede un patrocinio gratuito alle vittime di omotransfobia. Per la legge italiana, al fine di essere rappresentata in giudizio, la persona non abbiente può richiedere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato. Dal 2013 è stato disposto che per le vittime vulnerabili fosse previsto la concessione di un gratuito patrocinio anche sopra il limite di legge. Le spese processuali di una persona Lgbt vittima di omotransfobia andranno dunque a carico dello Stato, come avviene per i reati con violenza di genere. 
Si interviene anche sulla "recupero" degli omofobi che aggrediscono le persone lgbt. Dopo un processo, il condannato che non si oppone può, eventualmente chiedere la sospensione della pena e fare attività non retribuita. Ad esempio potrebbe farla presso un'associazione Lgbt come come Arcigay. Il cosiddetto lavoro socialmente utile da parte di chi dopo aver offeso la collettività cerca di restituirne una parte, magari formandosi anche su quel pezzo di mondo che ha tentato di distruggere.  

L'educazione e le case rifugio
Infine, gli ultimi articolo del disegno di legge, prevedono un percorso culturale che vuole portare politiche positive per il Paese. C'è l'istituzione della giornata nazionale contro l'omotransfobia il 17 maggio, che prevede incontri e cerimonie anche da parte delle amministrazioni pubbliche. Una strategia nazionale di contrasto all'omotransnegatività con misure relative all'educazione e all'istruzione, al lavoro, alla situazione carceraria, alla comunicazione dando espressa copertura legislativa alle strategie già realizzate dall’Unar, attraverso una estensione delle competenze dell’ufficio. E poi l'istituzione di un fondo dedicato alle cosiddette "centri antidiscriminazione e case rifugio" che in questi anni, quasi sempre in solitudine e grazie a crowdfunding e iniziative indipendenti, hanno offerto assistenza sanitaria, sociale alle vittime: ai ragazzi e alle ragazze cacciate di casa per il loro orientamento sessuale, alle persone che per l'odio omotransfobico si sono ritrovate senza un tetto sopra la testa o prospettive per il futuro. A margine si aggiunge un monitoraggio attraverso l'istituto di statistica sull'andamento dell'omotransfobia in Italia.


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