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Attualità
giugno, 2020

Accelerazionismo, il movimento che unisce estrema destra ed estrema sinistra

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Dagli ex dell'autonomia operaia italiana ai Boogaloo bois delle proteste di piazza Usa, l'antagonismo trova slancio nella teoria sviluppata dal filosofo inglese Nick Land. Adottata dalle frange estreme di destra e di sinistra, il movimento punta ad assecondare le contraddizioni del neoliberismo per farlo crollare 

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In principio furono gli anni Settanta. In piena guerra fredda fra emisfero ovest ed emisfero est, gli opposti estremismi si scontravano duramente e, talvolta, tentavano di ritrovarsi all’interno di mostri ideologici come il nazimaoismo di Franco Freda, protagonista dello stragismo italiano e autore del pamphlet “La disintegrazione del sistema” (1969).

Il capitalismo come nemico comune destinato a crollare sotto il peso delle sue contraddizioni ora è tornato sotto le spoglie dell’accelerazionismo. Mentre gli accelerazionisti di sinistra si limitano agli studi e a spazi politici esigui, la componente suprematista ha messo il suo marchio sulle dimostrazioni contro lo “stay at home” anti Coronavirus negli Usa. Le nuove milizie di piazza, simboleggiate dai Boogaloo Bois, prosperano sulle piattaforme web frequentate dagli estremisti di destra come 4chan e Telegram ma anche su canali più tradizionali (Facebook, Instagram, Reddit, Discord) dove sfuggono la censura con nomi assonanti (big luau, big igloo, boojahdeen). Nell’evoluzione del linguaggio virtuale il movimento si affida ai meme, alle foto, a slogan che lasciano poco alla fantasia (Heil Covid!).

Dai gruppi chiusi sulle chat dove si inneggia all’eversione, la pandemia li ha portati in strada in massa e ne ha fatto un fenomeno, se possibile, ancora più inquietante del terrorismo da lupi solitari che, spesso in nome dell’accelerazionismo, nel solo 2019 ha colpito la moschea di Escondido, la sinagoga di Poway, il Walmart di El Paso e, fuori dagli Stati Uniti, i luoghi di culto islamico a Christchurch in Nuova Zelanda.
La loro divisa consiste in pantaloni militari, giubbotti antiproiettile, cinturoni porta caricatori e fucili mitragliatori. Il marchio di fabbrica è la camicia hawaiana ispirata al luau, una festa polinesiana dove si arrostiscono interi maiali, nome dato ai poliziotti nel linguaggio antagonistico statunitense.

L’origine della milizia che rifiuta distanziamento, mascherine, lockdown e invita a infettare con il Covid-19 le razze sgradite al suprematismo bianco - tutte le altre - si perde in una serie di riferimenti paradossali che mostrano la capacità del movimento di saltare fra le ideologie con disinvoltura pur di assicurarsi buoni risultati in termini di marketing e diffusione. Prima di diventare il sinonimo della prossima guerra civile combattuta in nome dell’identità e contro la società multietnica, il boogaloo è stato una novelty dance anni Sessanta nel genere portato sullo schermo da John Travolta in una famosa scena con Uma Thurman in “Pulp fiction”. Ancora prima del film di Quentin Tarantino, il boogaloo è un ballo afroamericano portato al successo dal Padrino del Soul James Brown, l’autore di “I’m black an’ I’m proud”, finché a metà degli anni Ottanta si è fuso nella versione della break dance ballata dai latinos e celebrata da un altro film (“Breakin’ 2: electric boogaloo”). Formalmente alcuni canali boogaloo rigettano il razzismo, per evidenti motivi di prudenza rispetto ai controlli, e l’omofobia. Ma non basta qualche maglietta “black lives matter” per cambiare la natura profonda del movimento che mistifica i riferimenti storici della rivoluzione indipendentista del 1776.

Il successo del brand, come si chiamerebbe in una lezione di economia aziendale, è stato inversamente proporzionale alla sua coerenza di pensiero in modo da coprire il massimo spazio di mercato. Lo stesso si può dire dell’accelerazionismo che è disponibile nelle versioni R/Acc (right), L/Acc (left) e nella forma più radicale, l’U/Acc (unconditional) che promuove la distruzione completa della società attuale.

Nella corrente R/Acc non ci sono solo i guerrafondai anabolizzati. Ne ha fatto parte Peter Thiel, il miliardario cofondatore di Paypal e sostenitore di Trump, che si sarebbe di recente allontanato dal presidente Usa proprio per le posizioni della Casa Bianca sulla pandemia.

Per le radici della teoria bisogna tornare indietro di oltre mezzo secolo. Nel 1967, agli albori delle lotte studentesche, uno scrittore di fantascienza statunitense, Roger Zelazny, pubblica “Lord of light” (Il signore della luce). La trama, carica di riferimenti hindu e buddisti tipici dell’epoca, è impossibile da sintetizzare ma il protagonista Mahasamatman detto Sam è l’ultimo accelerazionista che pensa di sovvertire l’élite al potere per restituire il controllo della tecnologia alle masse. L’eco libertaria del libro dovrà attendere qualche anno per riassumere valore in una società post-operaista dove il controllo dei mezzi di produzione viene sostituito dal controllo delle piattaforme tecnologiche e degli algoritmi. Fin dall’inizio le suggestioni di Zelazny affascinano gli estremi della vita politica ma la svolta arriva dopo la dissoluzione dell’Urss (dicembre 1991). Nel 1994 lo studioso britannico Nick Land, 32 anni al tempo, scrive “Meltdown” (Collasso). Il testo e l’università di Warwick, nell’Inghilterra centrale, dove Land insegna, diventano il cuore della teoria accelerazionista elaborata dal collettivo Cybernetic culture research unit (Ccru) e celebrata sia nei seminari sia in feste a base di sostanze psicotrope e musica jungle. La cerniera accelerazionista riesce presto a stringere due lembi di tessuto ideologico fra il mondo anglosassone con il cyberpunk britannico e lo xenofemminismo del collettivo Laboria Cuboniks da un lato e, dall’altro, il mondo dell’estrema sinistra francese e italiana.

Parigi aveva già ispirato gli studi di Land con le opere di Félix Guattari e Gilles Deleuze. L’Italia diventa un pilastro ideologico del movimento con i profeti dell’operaismo fra il 1968 e il 1977 come Toni Negri (Potere operaio e Autonomia operaia, condannato per associazione sovversiva nel processo 7 aprile), e come Franco “Bifo” Berardi, fra i principali animatori di Radio Alice. Lo slogan dell’emittente bolognese fondata nel febbraio 1976 (“informazioni false producono eventi veri”) anticipa di decenni la manipolazione dei social network sulla quale oggi riflettono Matteo Pasquinelli (“Gli algoritmi del capitale”, 2014), Luciana Parisi, Tiziana Terranova, Maurizio Lazzarato, i collettivi Euronomade in Italia o Nick Srnicek, Mark Fisher e Robin McKay ai margini dell’eredità del Ccru.

L’eredità del Ccru è ambigua. La deriva a destra dell’accelerazionismo si osserva nello stesso Nick Land che, dopo le dimissioni da Warwick nel 1998, di fronte alla dicotomia fra capitalismo e democrazia sacrifica quest’ultima in favore di posizioni che celebrano l’iper-razzismo, l’eugenetica e il Dark Enlightenment (illuminismo oscuro), un ossimoro inventato dall’esperto di software Usa, il neoreazionario (NRx) Curtis Yarvin. Oggi il cinquantottenne Land si è trasferito a Shanghai dove è diventato un fautore entusiasta della Cina, unico Stato secondo lui ad applicare il modello accelerazionista.

In quanto all’Italia, il R/Acc ha preso la strada dei neri con la pubblicistica di Nazione Futura, dell’editore Altaforte, vicino a Casapound, e di testi come “White Guilt, il razzismo contro i bianchi nella società multietnica”, scritto dall’avvocato toscano Emanuele Fusi. Sono tutti segnali che la strategia della tensione non è finita e che dagli Usa la fiamma del “big luau” potrebbe accelerare verso l’Europa.

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