Beppe Sala Oggetto di preghiera Siccome ho affetto per Beppe Sala, il miglior sindaco d’Italia, che ha ereditato una città in fioritura per merito di Giuliano Pisapia e ha saputo coccolarne il decollo disegnandole ancor meglio le stimmate di unica realtà italiana che sembra Europa persino vista da vicino, mi pregio di significargli che
la sua recente svolta - spero - comunicativa, lascia molti di noi in modalità F4.
Recentemente è tornato a prendersela col cosiddetto effetto grotta dello smart working, rilanciando l’idea che rappresenti un lavoro di serie B. Pochi giorni prima aveva parlato di gabbie salariali per il sud, dove certamente il costo della vita, quello ufficiale, è inferiore, ma spesso esistono deficit di servizi, legalità, opportunità il cui prezzo pesa eccome. Ad esempio su chi fugge al Nord per curarsi o lavorare.
Forse è solo un caso. Un effetto post lockdown, che Sala aveva gestito al meglio da quasi subito, unico (insieme a Giorgio Gori) a scusarsi per la sottovalutazione del Covid che all’inizio aveva preso tutti noi. Peggio mi sentirei, invece, se si trattasse di una svolta nazionale tendente al populismo progressista di stampo settentrionale. Se cioè l’ottimo Beppe stesse facendo da sponda per il ping pong centrista sugli zebedei di Zingaretti, il quale certamente convive con un’inanità preoccupante, sorta di contrappasso all’ipercinesi distruttiva di Renzi, e non ha ancora capito che il Pd probabilmente si abbatte e non si cambia, men che meno cercando di sfruttare i vari sardinismi senza coinvolgere, delegare, ascoltare.
Se, dunque, anche il mio sindaco, stesse progettando un approdo a quel che ha meritoriamente chiuso: l’area C. Dove “C” sta appunto per centro. Se, e concludo le ipotesi, cercasse pure lui di recuperare consenso e futuro in una zona mitologica aggredita da Mani Pulite, slabbrata dalla Seconda Repubblica, estinta con la polarizzazione social gratuita o a pagamento.
Quando si entra nell’area C, si paga sempre un pedaggio. Salvo poi scoprire che non esiste più. Piuttosto proponga, dritto per dritto, il modello Milano. Noi immigrati più o meno privilegiati, i suoi amministrati, chi ne coglie meriti financo eccessivi a distanza, capirebbero che accade e a che santo votarsi. Sant’Ambrogio. Pur di uscire dalle gabbie, vere, di provincialismo patologico in cui ci hanno cacciati i centristi che poi, a una più attenta verifica dei fatti, manco lo sono mai stati.
Giudizio:
AmenGimmi CangianoMenefreghista Gimmi Cangiano si è probabilmente iscritto a Fratelli d’Italia in polemica coi genitori che lo avevano battezzato come Jimmy il Fenomeno, ma senza J e senza alcunché di fenomenale. Già farebbe ridere così. Successivamente, candidatosi per le prossime Regionali in quanto coordinatore locale del Movimento Social, senza “e”,
Gimmi ha deciso di usare come slogan elettorale il mussoliniano “Me ne frego”. E daje a ride. Come didascalia del simpatico motto, ha aggiunto “la più alta espressione di libertà”, cagionando una certa indignazione. A torto, perché siamo nel campo dei gusti personali. Per me, come credo dica anche la Costituzione, la più alta forma di libertà è stata prendere a calci in culo i fascisti dal ’43 al ’45. E sono certo che Gimmi non se adonterà: lui se ne frega, no?
Giudizio:
A voi!