«La gestazione per altri? Una "schiavitù etica" che sfrutta la donna in nome dei diritti»
Una mercificazione del corpo femminile. Che spaccia per scelta autonoma una decisione presa per necessità economica. La filosofa francese Sylviane Agacinski, femminista atipica, spiega perché dice no alla nuova frontiera della maternità
l corpo delle donne è tornato al centro del dibattito: dal movimento #MeToo alle polemiche sull’utero in affitto, fino agli attacchi contro la legge sull’aborto. In Italia diversi sono gli ostacoli all’applicazione della legge sull’aborto. Secondo l’ultimo rapporto del Ministero della Salute sulla legge 194, nel 2018 sono aumentati gli obiettori di coscienza e gli aborti sono diminuiti del 5,5% rispetto al 2017: il 69% dei ginecologi, il 46,3% degli anestesisti e il 42,2% del personale non medico hanno presentato obiezione di coscienza.
In Francia la “legge bioetica” che prevede l’estensione della Pma (procreazione medicalmente assistita) a coppie lesbiche e a donne single è stata approvata in seconda lettura alla Camera e dovrà tornare in Senato. Sylviane Agacinski, come altri intellettuali, si è espressa duramente contro questa iniziativa del governo Macron.
La filosofa francese è una femminista atipica. Influenzata dagli studi teologici e dal pensiero postmoderno, ha seguito i corsi di Derrida all’Ecole Normale Supérieure di Parigi, di Foucault e di Deleuze. Ex professoressa all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, ha dedicato il suo lavoro alla questione femminile. In Italia è apparso il suo ultimo libro “L’uomo disincarnato. Dal corpo carnale al corpo fabbricato” (Neri Pozza): l’autrice tratta il tema della riproduzione della vita, partendo dalla constatazione che il corpo umano è diventato «un corpo utilizzabile per la ricerca, per i trattamenti medici o la procreazione assistita». Secondo Agacinski estendere l’uso della Pma potrebbe portare alla legalizzazione della Gpa (gestazione per altri), una “schiavitù etica” che trasformerebbe i bambini in “prodotti tecnicamente riproducibili”. Alcune associazioni studentesche femministe e per i diritti Lgbt l’accusano di omofobia.
Si può tenere un figlio in grembo per nove mesi e poi liberarsene legalmente per farlo crescere a una coppia che non può averne? Per la filosofa l’utero in affitto è l’inaccettabile risultato di un’alleanza tra tecnocrazia e mercato. In questo dibattito, osserva, il linguaggio ha un potere decisivo. L’esempio lampante è la trasformazione del termine “maternità surrogata” in “gestazione per altri”: la gravidanza, per Agacinski, è considerata una “funzione organica parziale” fatta per altri, in virtù di uno “slancio altruistico”.
Nel libro “Metafisica dei sessi” lei critica l’identificazione della donna come figura del corpo, della carne... «Sì, analizzo il rapporto uomo/donna nella teologia cristiana dei primi secoli per mostrare come questa concezione manifesti un punto di vista maschile. L’obbedienza della donna all’autorità dell’uomo esprime simbolicamente la subordinazione della carne allo spirito. Questo è quello che io chiamo un “casting metafisico dei sessi” che deve essere decostruito».
Perché si è avvicinata allo studio della teologia? «Sono nata in una famiglia cattolica, ma ho perso la mia fede durante l’adolescenza; la religiosità è stata poi sostituita da un’educazione filosofica. Ho riscoperto il pensiero cristiano grazie ai testi di Pascal, Kierkegaard e Sant’Agostino. Studiare la relazione tra filosofia e teologia mi ha aiutata a comprendere meglio il pensiero occidentale».
Quando e perché si è interessata alla questione femminile? «A partire da tre shock, e quindi da tre domande diverse. Qual è il ruolo delle donne nell’insegnamento della filosofia e nel discorso filosofico? Cosa dicono i filosofi delle donne? Che ruolo occupano le donne nella democrazia? Il grande dibattito francese sulla parità in politica del 1997 mi ha spinta a riconsiderare l’alterità sessuale: bisognava lottare contro il monopolio maschile del potere politico. Mi sono poi interessata al corpo della donna nei vecchi mercati del sesso e, più recentemente, nei nuovi mercati della procreazione e della maternità».
Quali sono le più grandi conquiste delle femministe, quelle di cui oggi possiamo verificare gli effetti ? «Ho vissuto la fine dell’autorità matrimoniale - quando le nostre madri dovevano chiedere il consenso dei loro mariti per lavorare o aprire un conto in banca. I progressi verso la parità dei diritti tra uomini e donne sono notevoli! Nel mondo del lavoro c’è ancora molto da fare, sia per un’uguale retribuzione che per la promozione sociale. La libertà sessuale è una conquista fondamentale, soprattutto perché le donne hanno conquistato il controllo della propria fertilità, grazie a vari metodi contraccettivi e anche all’aborto. Questo è legittimo, dato che sono le donne che fanno figli e li mettono al mondo».
È d’accordo con l’affermazione di Simone de Beauvoir “Non si nasce donna, lo si diventa”? «Simone de Beauvoir non ha mai negato la differenza sessuale tra uomini e donne. Questa differenza si manifesta in modo decisivo nella pubertà e trasforma sia il corpo maschile che quello femminile. Ciò che lei critica è la costruzione sociale e culturale della “femminilità”, ovvero l’obbligo delle donne di rientrare in modelli di comportamento tradizionali, nella vecchia condizione matrimoniale, in funzioni specifiche. E sono pienamente d’accordo con lei su questo».
Lei accetta la Procreazione medicalmente assistita per le coppie eterosessuali, ma critica il rapporto del Parlamento francese sulla revisione della legge sulla bioetica. Questo rapporto presenta la concessione della Pma alle donne single o alle coppie lesbiche come “estensione” della Pma a “tutte le donne”, in nome della “parità” tra gli orientamenti sessuali delle coppie. Lei è contraria a questa estensione della Pma? E perché? «In realtà, qualsiasi donazione di gameti è problematica per i bambini. Ma finora in Francia è stata riservata alle coppie che soffrono di infertilità medica, e quindi alle coppie miste. Il disegno di legge non è quindi un’estensione della legge attuale, ma un abbandono dei criteri sanitari. La relazione del Parlamento è chiara: si tratta di “andare oltre i limiti della procreazione” e di eliminare la dualità asimmetrica padre-madre nella filiazione del bambino. Ecco perché, secondo me, il problema principale è quello degli interessi del futuro bambino. Questo bambino nascerà in condizioni particolari, privato di un padre per legge, e non per caso. Inoltre, una filiazione stabilita tra due madri non è plausibile. Potrebbe compromettere la costruzione dell’identità del bambino e farlo sentire vittima di una disuguaglianza rispetto agli altri bambini. Se più tardi lui o lei soffre, anche la madre o le madri soffriranno. Per questo motivo la maternità attraverso la donazione anonima di sperma pone un serio problema di responsabilità per il legislatore e per le donne stesse, perché potrebbero anche ricorrere alla co-genitorialità con un amico».
Perché lei è contraria alla gestazione per altri? «Trovo intollerabili i sistemi di sfruttamento del corpo delle donne, soprattutto di quelle più vulnerabili e più povere. Oltre ai mercati organizzati della prostituzione e del sesso, oggi esiste un vero e proprio “baby-business”, un mercato globalizzato della maternità, cioè della gravidanza e del parto. Queste realtà sono rivelatrici della nostra società produttivista, dominata dalla tecnica. Il regno della meccanizzazione è stato criticato da molti autori, ma uno dei più interessati è D.H. Lawrence e il suo romanzo “L’amante di Lady Chatterley”. Il marito di Lady Chatterley, Clifford, è il rappresentante di un moderno antieroe. Invalido di guerra, impotente e privato della sua vitalità sessuale. Dato che non può avere un figlio, ma vorrebbe un erede, invita la moglie a trovare un amante e a fare un figlio di cui sarà il padre. Lui è il prototipo del “padre intenzionale” e dell’“uomo disincarnato” di cui parlo nel mio ultimo libro. Clifford sogna che un giorno si possano “fabbricare i bambini in bottiglia”. Ci siamo quasi arrivati! Le ricerche per la realizzazione dell’utero artificiale stanno avanzando da diversi anni».
Se la madre surrogata fosse un adulto libero e consapevole e desse il suo consenso per portare il bambino in grembo, lei sarebbe sempre contraria alla Gpa? «Attenzione, la Gpa non è una tecnica semplice come per esempio l’inseminazione o il trapianto di embrioni. È l’uso, sempre pagato, della vita di una donna per 9 mesi, giorno e notte. La sua vita personale è strettamente legata ai termini del contratto, deve rispettare dieta, stile di vita, sessualità imposti. Questo tipo di noleggio a lungo termine dell’intera persona, e non solo del suo ventre, è simile alle vecchie forme di appropriazione della persona. Penso alla schiavitù e alla vita domestica durante l’Ancien Régime. Chi potrebbe immaginare oggi di assumere una tata disponibile 24 ore su 24, anche solo per qualche mese? Le nostre leggi non lo permetterebbero, anche se la donna acconsentisse. Gli ultra-liberali, come Friedrich Hayek, ci fanno credere che la libertà si basi interamente sul consenso individuale. Così si possono escludere le misure di protezione sociale per gli individui. Negli Stati Uniti, il presidente Roosevelt ha dovuto lottare per far accettare una limitazione legale dell’orario di lavoro, in un periodo in cui i panettieri lavoravano più di dieci ore al giorno. Gli ultraliberali obiettano che il dipendente è libero di acconsentire o meno a questo o a quel contratto. È vero, salvo che in realtà è costretto a lavorare per vivere e non ha altra scelta se non sottomettersi alle regole del mercato del lavoro. In Francia, la nostra tradizione giuridica e politica, che deriva da Montesquieu, fa sì che la libertà di ognuno si eserciti nel quadro di leggi che proteggono la persona umana, il suo corpo e la sua salute».
L’aborto è legale in Italia, ma secondo una nota del Ministero della Salute, il numero di obiettori di coscienza negli ospedali è elevato: 68,4% tra i ginecologi, 45,6% tra gli anestesisti e 38,9% tra il personale non medico (dati 2017). Per alcune associazioni, questo significa che la legge sull’aborto non viene applicata, perché lo Stato dovrebbe garantire a una donna che si reca in ospedale la possibilità di trovare nello stesso reparto sia un medico obiettore che un medico non obiettore. Come funziona in Francia? Ritiene che la presenza di obiettori di coscienza sia un ostacolo all’applicazione della legge? «Sì, certo che è un ostacolo! In Francia, ci sono pochissimi obiettori di coscienza. Il problema è di informare meglio le donne».
Il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato qualche tempo fa: “A Milano ci hanno segnalato che alcune donne né di Roma né di Milano si sono presentate per la sesta volta per un’interruzione di gravidanza. È giusto che la donna scelga per sé stessa e per la sua vita, ma non si può prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020”, “l’aborto non è un sistema contraccettivo”. Cosa pensa di queste dichiarazioni? «Non capisco bene il riferimento al “modo di vivere civile”... In ogni caso, la stessa Simone Veil, che preparò la legge francese sull’aborto entrata in vigore nel 1975, non considerava l’aborto come un sistema contraccettivo. Se la contraccezione è fallita, l’aborto può diventare un’emergenza. Spetta alle donne decidere. In generale, però, non scelgono l’aborto con leggerezza o allegria: è un calvario più o meno difficile. Le donne devono rimanere libere di fare questa scelta perché sono loro ad essere responsabili della gravidanza, del parto, e saranno immediatamente responsabili dell’educazione del bambino».