La didattica a distanza non può essere la risposta per i ragazzi con disabilità. E alcuni di loro non mettono piede in aula da un anno. Ma lo Stato non fa nulla per loro e le scuole provano ad arrangiarsi

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Paolo è un ragazzone alto e robusto, due occhi marroni intensi, un sorriso che quando arriva entra nell’anima di chi lo guarda. Fino allo scorso febbraio i suoi sempre preoccupati genitori erano felici perché stava facendo progressi enormi. «Prendeva anche l’autobus per andare a scuola da solo, per noi un risultato insperato», racconta la mamma, Angiola Rotella. Paolo soffre di autismo, ha 19 anni e frequenta l’ultimo anno del liceo linguistico di Noto. Frequenta in maniera “virtuale” perché dal 9 marzo, dal giorno del lockdown nazionale per cercare di arginare la pandemia da Covid-19, è a casa. A scuola non ha messo più piede e per lui la Dad, la didattica a distanza, è soltanto uno strano suono pronunciato qualche volta da chi gli sta attorno. Non vede più i suoi compagni di classe, il pomeriggio non esce. Così i progressi che aveva fatto sono quasi subito scomparsi. Adesso è nervoso, sta spesso sul divano della sua stanza e ha perso le sue abitudini. Per Paolo e per i bambini e i ragazzi come lui lo Stato non è riuscito più a fare nulla da quel 9 marzo. Preso da mille emergenze il governo sembra essersi dimenticato dei 261 mila alunni disabili delle scuole primarie e secondarie.

TENUTI FUORI
Tra i tre miliardi di euro spesi per comprare i banchi a rotelle, tra decine di Dpcm del governo Conte e altre decine di circolari Inps, non un euro è stato stanziato davvero per cercare di aiutare i disabili, soprattutto alle superiori. Con il decreto ristori è stato previsto un bonus da 3 mila euro a scuola per sostenere chi è rimasto indietro e organizzare «attività didattiche extracurricolari finalizzate al recupero di gap formativi». Ma è solo una mancia.
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L’Inps non riconosce nemmeno il congedo ai genitori con figli che hanno più di 14 anni e che devono stare a casa per motivi legati a possibili contagi o per la chiusura delle scuole: ma un disabile psichico anche se ha 14 anni può stare da solo in casa? Il risultato di queste distrazioni di Stato lo ha certificato in freddi numeri l’Istat nel suo ultimo Rapporto sull’inclusione scolastica: 70 mila studenti con disabilità, pari al 23 per cento del totale, non hanno partecipato alla didattica a distanza tra aprile e giugno e lo stesso sta accadendo in questi mesi. Una quota che cresce al Sud, dove quasi un terzo degli studenti disabili è rimasto fuori da ogni circuito formativo per «la gravità della patologia, la mancanza di collaborazione dei familiari o il disagio socio-economico».

LE FAMIGLIE LASCIATE SOLE
Angiola, la mamma di Paolo, racconta questi dieci mesi di pandemia: «Da marzo fino all’estate è rimasto a casa senza far nulla. Lui ha avuto una pessima reazione e si è chiuso ancora di più in se stesso. A settembre, in vista della ripresa della scuola, noi per primi ci siamo attrezzati per la Dad insieme all’insegnante di sostegno. Ma alla fine tutto si è risolto in collegamenti di pochi minuti con la classe e in molti casi solo con l’insegnante». La scuola per gli alunni con disabilità psichica è il perno attorno al quale ruota tutta la socialità: «Paolo non ha più visto i suoi compagni - continua Rotella - non ha più partecipato a una festa di compleanno, eventi che per lui rappresentavano occasioni importanti di dialogo. Io inoltre ho dovuto rinunciare a giorni programmati di lavoro. Ma adesso ho paura perché Paolo sta subendo un trauma che andrà recuperato».

Uno degli ultimi Dpcm del governo Conte prevede l’obbligo per le scuole di organizzare lezioni in presenza per i disabili. Ma in molte scuole questo si è tradotto in lezioni con il solo insegnante di sostegno. Al liceo linguistico “Saffo” di Roseto degli Abruzzi una ragazza con sindrome di Down ha chiesto ai genitori di poter tornare in classe. La scuola si è attrezzata, ma solo con l’insegnante di sostegno. La ragazza era ancora più triste, così alla fine cinque compagni di classe hanno deciso di tornare in aula con lei, per farle sentire un po’ di calore. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina si è subito congratulata, come ha fatto con il dirigente dell’ufficio scolastico regionale della Sicilia intervenuto al liceo artistico di Palermo dopo che una mamma di un ragazzo autistico, Ornella Russo, aveva denunciato l’abbandono del figlio, con la scuola che non si era fatta più viva: «Chiedo che venga garantito un diritto sancito dalla Costituzione, il diritto allo studio per mio figlio», ha urlato la signora Russo.
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«In generale la sensazione è che tutto sia lasciato alla singola iniziativa del dirigente scolastico di turno», dice Emanuela Muraca, mamma di un ragazzo di 12 anni, Giovanni, con disabilità psichica: «Viviamo a Lamezia Terme - racconta - mio figlio ha una disabilità medio grave e non parla. Come possiamo fare lezioni a distanza? Da marzo a settembre, senza scuola e senza luoghi disponibili per fare la sua terapia, come palestre e piscine, abbiamo vissuto davvero un periodo drammatico: lui era nervoso, noi eravamo esausti. A settembre è tornato in classe, poi a novembre un nuovo stop. Il Covid ha aumentato il gap tra i ragazzi come Giovanni e gli altri, tra le nostre famiglie e le altre. E sì, ci sentiamo abbandonati. Ma il governo Conte si è posto il problema, tra i mille bonus, di dare un aiuto alle famiglie con disabili?».

DIVARIO CHE SI ALLARGA
La promessa fatta dal ministero dopo l’estate era «che questa volta, finalmente, le prime chiamate in servizio per le supplenze annuali sarebbero state quelle del sostegno». E invece è andato tutto come sempre: gli insegnanti di sostegno sono stati chiamati per ultimi. A Milano a novembre c’erano ancora posti vacanti. «Siamo già partiti in ritardo, poi sono arrivate le nuove chiusure e spesso il ragazzo non ha avuto nemmeno il tempo di conoscere il suo insegnante», racconta Erica, che fa sostegno in un noto istituto professionale del centro di Milano: «La verità è che il sostegno è visto come un ripiego e sono pochi i docenti specializzati che sanno come relazionarsi con le varie disabilità psichiche». La pandemia ha aumentato il divario: «Chi ha i soldi, e può permettersi iPad e wifi veloci, riesce un minimo a far collegare il ragazzo disabile online, chi non ha i soldi di fatto sta abbandonando la scuola», continua Erica. Chi ha i soldi può avere terapie private a casa, chi non li ha no: «Mio figlio Diego ha due anni e mezzo e da marzo sono state sospese tutte le terapie mentre l’Azienda sanitaria ha bloccato le cure domiciliari», racconta Mary Turrisi: «I bambini sono stati abbandonati a loro stessi». Il tema economico è un argomento chiave: «La pandemia ha rivelato quanto il nostro sistema di assistenza e scolastico sia arretrato», dice Stefania Stellino dell’Associazione nazionale genitori persone con autismo: «Nel frattempo alcuni dirigenti scolastici hanno interpretato le nuove norme sulle lezioni in presenza per i disabili consentendole solo con l’insegnante di sostegno, di fatto isolando ancora di più i ragazzi con difficoltà. Da questa doppia tenaglia chi ne esce male sono gli alunni disabili e le loro famiglie». A loro in pochi stanno dando un aiuto. Di certo non lo sta dando il governo.