Salimata Traoré ha solo 21 anni ma si batte con forza per l’emancipazione femminile. Che nel suo Paese è solo all’inizio. E della democrazia dice: «Per i giovani è un dovere prima che un diritto». Parla la giovane scrittrice africana
La scrittura a volte è l’unico mezzo utile per far luce su questioni altrimenti impronunciabili. Soprattutto per chi vuole provare a cambiare il corso della storia. Come Salimata Traoré, 21 anni e una battaglia quotidiana tra femminismo e attivismo. Nei suoi libri denuncia quello che il Mali non vuole far sapere: lo strapotere degli anziani, la precarietà dei giovani e un sistema patriarcale che condanna le donne a matrimoni forzati e mutilazioni genitali. Con la sua associazione vuole rendere l’istruzione gratuita per chi non può permettersela, perché «La libertà nasce dalla consapevolezza».
Per chi combatti la tua lotta culturale e ideologica?Mi sento molto coinvolta nella causa di donne e giovani. Sono le categorie sociali più discriminate, e non solo nel mio Paese. Io, giovane donna, sento di esserlo doppiamente. La mia battaglia la porto avanti con la scrittura, cercando di sollevare temi scomodi e informare. È l’unico modo che abbiamo per fare in modo che ci sia sempre più consapevolezza e quindi sempre più azione.
Cosa significa essere una donna nel Mali?C’è una frase del mio libro "Notre Combat de tous les jours"che dice: "Siamo ragazze, madri, mogli, ma soprattutto lottiamo per essere noi stesse!” È questo quello che sentiamo. Certo, le donne maliane sono sempre più istruite e in carriera: sono dirigenti, ministre, imprenditrici. C'è chi decide di lasciare un matrimonio infelice, preferendo salvarsi la pelle piuttosto che salvare la reputazione della famiglia, e chi, come me, osa denunciare le ingiustizie e gli abusi. Ma siamo ancora molto lontani dal concetto di giustizia. La società crede che siamo destinate semplicemente a soffrire, obbedire e accettare e stenta a riconoscere per davvero che abbiamo voce in capitolo o che abbiamo diritto ad averla. In Mali una ragazza sin dall’infanzia viene preparata al matrimonio. Le viene fatto capire che essere una buona moglie è una priorità, molto più di ogni sua ambizione. È ora di cambiare mentalità, affinché tutte abbiano la possibilità di scegliere. Devono poter decidere se andare a lavorare o restare a casa, se sposarsi, rimanere single o anche divorziare quando le cose vanno male. Ma abbiamo bisogno che anche i padri e i mariti ci sostengano in questa lotta, prestando attenzione all'educazione delle loro figlie e camminando accanto alle loro mogli.
Le questioni che affronti nei tuoi libri sono ancora dei tabù. Il Mali, ad esempio, è tra i paesi in cui le mutilazioni genitali femminili registrano i maggiori tassi di incidenza.La pratica dell’infibulazione è ancora una delle piaghe più aberranti nel mio Paese. Secondo le stime di "Jeune Afrique" la pratica colpisce il 91% delle donne maliane tra i 15 e i 45 anni. Nel 2020 il Sudan ha vietato le mutilazioni genitali femminili. Da noi, invece, non esiste alcuna legge a riguardo. Se solo il Mali potesse imparare dal Sudan! Le conseguenze sono incalcolabili, sia per la vita sessuale delle vittime sia per il loro benessere psico-fisico sia per l’eventuale nascita di un figlio. I rischi anche: sanguinamento, infezioni, HIV, spesso la morte.
Se le MGF sono ancora una pratica profondamente radicata nella nostra tradizione è anche a causa della scarsa consapevolezza che se ne ha. Cosa si può fare? A mio avviso, va benissimo organizzare conferenze contro le mutilazioni genitali; però, una donna non istruita che vive in un quartiere svantaggiato parteciperà a manifestazioni di questo genere, quasi sempre tenute in francese? Capirà qualcosa? E se manca un’informazione adeguata, la maggior parte continuerà a ignorare i rischi, a non denunciare e a credere, al contrario, che l’escissione sia un bene per le ragazze e per la loro identità sociale. Dobbiamo darci da fare per promuovere l’informazione sul campo, nella lingua locale. Altrimenti le donne resteranno vittime inconsapevoli di una barbarie non necessaria e gli uomini, d’altra parte, continueranno a ignorare la nostra battaglia, invece di sostenerla.
Poi ci sono i giovani. La tua associazione Leaders du Mali de Demain è pensata per loro, che hanno bisogno di formazione e informazione. Quanto contano davvero questi due strumenti nel Mali?Nelson Mandela ha detto che «L'istruzione è l'arma più potente che può essere usata per cambiare il mondo», e di questo sono convinta. Io personalmente devo ringraziare i miei genitori per aver considerato la mia educazione una priorità. E se oggi ho il coraggio di intervenire per difendere i principi in cui credo lo devo a questo. Per me ogni cosa, anche il coraggio, parte dall'istruzione. In Mali, però, non tutti sono così fortunati: da una parte ci sono i più piccoli – che non sempre i genitori possono o vogliono avviare agli studi – dall’altra coloro che vorrebbero raggiungere i livelli più alti della loro formazione, ma non ne hanno i mezzi. È per questo che ho fondato Leaders du Mali de Demain
, per ampliare le modalità e le possibilità di accesso ai corsi, dato che sul sistema educativo maliano non possiamo contare. In generale poi noi giovani maliani dobbiamo sottostare a un sistema politico in cui gli organi decisionali sono nelle mani degli anziani. Non c’è spazio per noi.
Il 2020 per il Mali è stato un anno di sconvolgimenti politici. A che punto siete sulla strada verso il cambiamento?Il 2020 è stato un anno molto duro. A marzo le elezioni legislative, poi le manifestazioni, poi il colpo di stato militare. Dopo il marzo 1991, i maliani non erano mai stati così determinati e motivati ??a rovesciare un capo di Stato, il suo governo e il parlamento. Hanno unito le forze come non accadeva da anni. La politica del Mali ha ancora molta strada da fare; le sue priorità ora sono da cercare oltre i litigi e le controversie che ci circondano. La sfida da raccogliere è il successo della transizione politica in vista del nuovo governo e soprattutto la valorizzazione dei punti essenziali per lo sviluppo del Paese: sicurezza, salute e istruzione. La morte di Soumaila Cissé (leader del partito dell'opposizione, prigioniero di militanti islamisti, liberato a ottobre insieme agli italiani Pierluigi Maccalli e Nicola Chiacchio,
ndr), invece, è stata uno shock; ha sconvolto la scena politica, ma anche l’esito delle imminenti elezioni, quando finalmente Cissé sarebbe potuto diventare Presidente. Il 2020 si è portato via anche due ex presidenti, Amadou Toumani Touré e Moussa Traoré. All'improvviso, citando Amadou Hampâté Ba (scrittore e filosofo maliano
ndr.), tre grandi “biblioteche” sono andate a fuoco.
Quale futuro vedi per il tuo Paese?Il Mali di un tempo era uno degli imperi più potenti e ricchi in Africa, per risorse, cultura e diversità. Sono sicura che, attraverso una nuova generazione ben coinvolta e istruita, presto torneremo ad avere uno Stato migliore di quello di oggi, forse anche migliore di quello di un tempo. Un futuro positivo, prospero e sviluppato, in un'Africa emergente. Ed è con questo ottimismo che vedo il futuro. Ma sta a me e ai miei coetanei renderlo possibile, moltiplicando le azioni attraverso associazioni o movimenti politici. Come ho detto nel mio primo libro, "Pensée d’une Jeune Africaine": «Con amore e volontà, ti costruiremo».