Retroscena
Cosa c’è da aspettarsi dalla conferenza nazionale sulle droghe di Genova
A dodici anni dall’ultima e fallimentare manifestazione “governata” da Giovanardi, il nuovo incontro del 27 e 28 novembre spinto dalla ministra pentastellata Dadone punta a mettere sul tavolo proposte che cambino l’approccio dello Stato sulle dipendenze. Ma tra accuse di “inutile vetrina” e di scarso peso politico della ministra, è alto il rischio che finisca tutto in un niente di fatto
Tre mesi fa, all’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Pisa arriva una telefonata: «Voglio fare la conferenza nazionale sulle droghe entro fine novembre e voglio che sia la più partecipata possibile, quindi chiamate tutti!».
All’apparecchio c’è Fabiana Dadone (Movimento 5 Stelle), dal 13 febbraio 2021 ministro per le Politiche giovanili nell’attuale governo di Mario Draghi con delega alle droghe, già a capo del dicastero della Pubblica amministrazione nel precedente secondo esecutivo di Giuseppe Conte (quello formato col Partito democratico). Con quella chiamata la pentastellata mette fine ad una latitanza governativa durata ben 12 anni. L’attuale legge in materia, il cosiddetto Testo unico sulle droghe che risale ad un’altra epoca (è del 1990), stabilisce che «ogni tre anni, il Presidente del consiglio dei ministri, nella sua qualità di Presidente del comitato nazionale di coordinamento per l’azione antidroga, convoca una conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope alla quale invita soggetti pubblici e privati che esplicano la loro attività nel campo della prevenzione e della cura della tossicodipendenza».
Obiettivo? «Le conclusioni di tali conferenze sono comunicate al Parlamento anche al fine di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga dettate dall’esperienza applicativa». Ma tant’è. L’ultima, tra le polemiche, si era tenuta nel 2009 a Trieste, davvero in un’altra era: terzo governo Berlusconi, legge Fini-Giovanardi, una riforma proibizionista approvata frettolosamente nel 2006, considerata allora la più repressiva d’Europa. Inserita da quell’esecutivo nel maxi-decreto sulle Olimpiadi invernali di Torino e approvata a Camere già sciolte, con doppio voto di fiducia e poi bocciata perché giudicata incostituzionale nel febbraio 2014 dalla Consulta. Andata in fumo la Fini-Giovanardi l’Italia si è così ritrovata con la precedente Jervolino-Vassalli (il già citato Testo unico del 1990), partorita nell’era Craxi della Prima Repubblica e della “guerra alla droga” mondiale lanciata dal presidente statunitense Richard Nixon nel 1971.
Quindi, ogni 3 anni il governo per legge avrebbe dovuto comprendere «l’esperienza applicativa» delle norme vigenti in materia, ascoltando gli esperti e chi lavora sul campo, così da rimettere al Parlamento una relazione sulla loro attuazione e, soprattutto, efficacia. Ma ciò non avviene da ben 12 anni e anche l’ultima di Trieste nel 2009, per gli addetti ai lavori, si era rivelata «un fallimento». Ad essere buoni. L’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega alle droghe, lo zar antidroga Carlo Giovanardi (allora nel Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi), l’aveva organizzata contemporaneamente, quasi come una sfida, a quella delle Nazioni Unite a Vienna, durante la quale l’Italia chiese di eliminare dal documento conclusivo la parola “riduzione del danno”, uno dei pilastri della politica in materia dell’Unione europea. Una conferenza “intossicata”, quest’ultima di Trieste: polemiche sul metodo organizzativo e differenze di vedute tali da portare all’organizzazione di una contro-conferenza, che si svolse contemporaneamente nella stessa città, di fronte alla sede di quella governativa. In quella due giorni si verificò addirittura il paradosso: mentre Poste Italiane commemorava con un francobollo Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano (ritratto assieme a don Oreste Benzi, padre della comunità Giovanni XXIII°, e Carlo Valenzi, medico e fondatore di FederSert), Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo, disertò Trieste, preferendo la conferenza Onu di Vienna e definendo senza mezzi termini «chiacchiere inutili» la tre giorni triestina di Giovanardi.
Ecco perché oggi, dodici anni dopo, la Dadone ha scelto un cambio di passo affidandosi al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), in particolare la sede di Pisa, che da anni supporta l’Osservatorio nazionale del Dipartimento politiche antidroga per stilare la relazione annuale che viene resa al Parlamento. «Convocarla era un atto dovuto - spiega a l’Espresso la ministra delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone - soprattutto alle persone che sono coinvolte dal fenomeno, da tutti i punti di vista, ancora di più se sono trascorsi 12 anni dall’ultima e quindi da allora non c’è stata una valutazione in termini di impatto della normativa attuale». Già solo per averla convocata, l’opposizione (a questo governo Draghi soltanto Fratelli d’Italia) le ha praticamente dato della drogata: «Avendo anche la delega alle politiche giovanili e vista la mia posizione nella precedente legislatura che mi aveva visto sottoscrivere la proposta di legge sulla legalizzazione della canapa, ritenevano rappresentassi un modello sbagliato», sostiene la ministra. Che ha poi annunciato, nel presentare la Conferenza ai giornalisti, avrebbe fatto un test antidroga del quale ha poi reso pubblico l’esito (negativo). «La questione - ci tiene a precisare la Dadone - è che uno assume una posizione non perché faccia uso di sostanze, la mia era una provocazione per dire “affrontiamo la tematica indipendentemente da questo contrapporci tra proibizionisti e antiproibizionisti, ma guardando le persone che ci sono dietro”».
Chiarito questo, la sua Conferenza nazionale sulle droghe, che si terrà a Genova il 27 e 28 novembre, «è una vetrina, dove il dibattito è limitato a chi sarà in quelle stanze», rivela a l’Espresso una persona che dentro il Cnr di Pisa si è occupata di organizzare fin dall’inizio la kermesse ligure. Questo perché, in realtà, i veri lavori si sono già conclusi. «So già cosa verrà fuori da questa conferenza. Fisicamente, i documenti finali li sto facendo io con il mio gruppo», continua la nostra fonte al Cnr. Prima di Genova, nei 2 mesi precedenti, si sono infatti svolti 7 tavoli tecnici tematici ai quali hanno partecipato degli esperti del settore (servizi pubblici, sociale privato, università, enti di ricerca) guidati da un coordinatore: «A lui, il compito di produrre una relazione sintetica finale di circa 15.000 battute da consegnare al ministro e che presenteranno a Genova», continua la nostra fonte. I sette tavoli tematici preparatori sono stati inoltre in pieno stile 5 Stelle: «In streaming online, chiunque poteva registrarsi e fare domande - chiariscono al Cnr di Pisa - tanto che abbiamo avuto quasi 2.000 iscrizioni».
Ma cosa c’è scritto in queste relazioni finali dei tavoli che verranno presentate a Genova e poi depositate in Parlamento? «A quello sulla Riduzione del danno siamo riusciti a portare cose nuove - commenta soddisfatto uno degli esperti che vi ha partecipato - innovazioni nel campo dell’analisi delle sostanze (ormai legittimata a livello di conferenza), a mettere nero su bianco in documenti ufficiali parole impronunciabili in Italia come stanze del consumo sicuro». Un altro tavolo era invece dedicato all’inclusione sociale (diritto alla casa e al lavoro). «Il dibattito è stato accesissimo - riporta uno dei partecipanti - soprattutto quando il coordinatore, Massimo Barra di Villa Maraini (Croce Rossa Italiana), ha tentato di ignorare del tutto quanto emerso dai lavori del gruppo. Ovvero che non si può attendere che una persona abbia smesso del tutto di consumare sostanze per offrirgli opportunità di inclusione sociale». Terminato il lavoro di quel tavolo, nelle sue conclusioni a voce, Barra si è chiesto: «Ma chi è quel cittadino che vorrebbe un tossicomane vicino di casa?». A quel punto, i partecipanti hanno fatto notare al coordinatore che, pur avendo questi una certa autonomia, «non può trarre di proprio pugno le conclusioni ma queste devono contenere e sintetizzare quanto emerso al tavolo, men che mai può mettere in relazione cose che sono l’esatto contrario di quanto emerso», puntualizza uno degli esperti.
Malumori ha suscitato anche la scelta di far coordinare il tavolo sui servizi a Fabrizio Starace, psichiatra, docente e direttore del Dipartimento salute mentale e dipendenze patologiche dell’Ausl di Modena, già membro della commissione del ministro della Salute Speranza sulla revisione dell’assistenza sanitaria. «Visti i coordinatori dei 7 tavoli ero partita un po’ prevenuta», confida una delle partecipanti a quello sui servizi. «Ma poi alla fine, a parte pochi, tra i partecipanti ho con mia sorpresa registrato, pur con differenze di linguaggio, una certa sintonia per quanto riguarda la necessità di sviluppare i servizi per le dipendenze, sul finanziarli adeguatamente, sul volerli mantenere autonomi e non accorparli nella salute mentale, che in troppi luoghi è ancora troppo e solo psichiatria con patologizzazione e medicalizzazione». Del resto, la particolarità dei dipartimenti è che in Italia nascono come servizi di integrazione socio-sanitaria. «Su questo - continua l’esperta al tavolo servizi - la forte sintonia si è persa riguardo al modello organizzativo: per molti rappresentanti delle comunità residenziali lo scopo del trattamento è l’astinenza totale, ovvero il non consumo, mentre per altri ci può anche essere un rapporto controllato con le sostanze che non interferisce con la quotidianità. Ma a parte un paio di esperti, che portavano avanti discorsi vecchi di almeno quarant’anni, alla fine non è andata male».
Dubbi e polemiche sono infine scaturite dall’istituzione stessa del tavolo 6, dedicato a «prodotti di origine vegetale a base di cannabis a uso medico», uno dei 2 in presenza in questo caso all’Istituto farmaceutico militare di Firenze, unico soggetto attualmente autorizzato in Italia a produrla, purtroppo in quantità non sufficienti a soddisfare la domanda dei pazienti. Dallo stesso Cnr, in merito a questo tavolo, hanno fatto presente fin dall’inizio che il ministro Dadone «non ha la delega sulla cannabis medica ma sulle tossicodipendenze». Ma la risposta che avrebbero ricevuto non apriva a trattative di sorta: «Così è, punto!». Tanto che ora c’è chi fa notare le possibili interferenze della Dadone. Quando poi, ancora dal Cnr, hanno chiesto cosa c’entrassero i Monopoli, la risposta generica sarebbe stata: «Non li abbiamo coinvolti nel percorso e quindi li vogliamo inserire lì, per vedere se hanno da dirci qualcosa che non abbiamo analizzato». L’interesse dei Monopoli di Stato per la canapa non è peraltro un mistero. Il 22 ottobre 2020, l’allora neo-direttore dell’Agenzia dogane e monopoli (Adm), l’economista Marcello Minenna, nell’illustrare alla Commissione finanze del Senato gli obiettivi di politica fiscale 2020-2022, aveva ad esempio proposto «un pacchetto norme (…) in grado anche di far recuperare all’erario dai 100 ai 500 milioni di euro l’anno», creando un Monopolio di Stato sulla canapa. Proposta peraltro formalizzata nella precedente legislatura, attraverso un apposito disegno di legge mai calendarizzato e discusso in Aula, dall’intergruppo parlamentare cannabis legale” del quale faceva come detto parte anche la stessa ministra Dadone.
Chiusi i tavoli preparatori, ai quali hanno partecipato 122 esperti, ora resta la 2 giorni di Genova. «Il loro obiettivo era riuscire a consegnare una relazione in sede di conferenza il cui esito non verrà poi ribaltato, semplicemente se ne farà una discussione sotto altri punti di vista», assicura la ministra Dadone. Alla quale è stato contestato che a Genova ci sarà di fatto un replica dei tavoli preparatori ma con esperti diversi, se vogliamo, più istituzionali. «In quella vetrina hanno poi voluto mettere, per motivi politici, questi altri 50 personaggi, discutibili oppure con un senso maggiore di un altro», attaccano dal Cnr di Pisa. Ci saranno poi i saluti istituzionali (come quello del Capo dello Stato) e «ogni ministro, Giustizia, Interni, Affari esteri, presenterà una relazione per quanto di propria competenza», continua la Dadone. «Proprio perché ho voluto coinvolgere tutti - aggiunge la ministra - ci sarà anche quello delle Politiche agricole, per quanto riguarda l’incredibile discussione sulla canapa industriale, oppure quello della Famiglia, dell’Istruzione, anche se chiaramente non tutti riusciranno ad essere presenti dal vivo, qualcuno si video-collegherà, ma questa è un’esigenza organizzativa». Invitato, ovviamente, anche lo stesso premier Mario Draghi: «Non riuscirà ad essere presente per la concomitanza con un altro impegno», rivela infine la ministra delle Politiche giovanili.
Ma qual è l’obiettivo finale? «Riuscire a fornire delle proposte - chiarisce la ministra Dadone - che sono però rimesse per competenza al Parlamento in termini legislativi. Si fa una foto della situazione per consegnare una relazione al Parlamento, che è uno strumento propedeutico all’attività legislativa. Ci tengo solo ad aggiungere, essendo una parlamentarista convinta, che non voglio sovrappormi alle competenze e al dibattito che ci deve essere alle Camere». Prova a riassumere uno degli esperti che ha partecipato in questi 2 mesi ai tavoli tecnici: «In quella relazione finale ci saranno alcune proposte operative che non si sono mai sentite in Italia. Ma è questo l’orientamento politico del governo? Dubito fortemente, anche solo che la Dadone abbia la forza politica per imporre alcune di queste conclusioni al ministro della Salute o a quello degli Interni. Perché le raccomandazioni in questione non riguardano la sua delega. Ma parte delle cose che diciamo da anni ora saranno quantomeno scritte nel documento ufficiale della conferenza governativa. Resta però il problema del contesto politico attuale non favorevole».
Intanto, un cartello formato da alcune organizzazioni, una parte delle quali ha partecipato ai tavoli tecnici preparatori ma che non potranno entrare nelle stanze di Genova (A buon diritto onlus, Antigone, Arci, Cnca, Comunità di San Benedetto al Porto, Cgil, Forum Droghe, Gruppo Abele, Itardd, Itanpud, Legacoopsociali, Lila, Associazione Luca Coscioni, Isola di Arran, Società della Ragione), organizzano contemporaneamente nella stessa città un FuoriConferenza, «per andare oltre le evidenze per noi già da tempo assodate e ora finalmente sul tavolo del governo».