La squadra norvegese presenta una terza maglia che, attraverso un Qr Code, rimanda a un rapporto sullo sfruttamento dei lavoratori migranti impiegati nella realizzazione delle infrastrutture per la Coppa del mondo 2022

Stavolta i riflettori non si accendono sul pallone, ma su quello che ci sta dietro. E, in questo caso, si tratta dello sfruttamento dei migranti che stanno lavorando alla costruzione degli stadi in Qatar per i mondiali che si terranno nel 2022.

 

A spezzare il silenzio sul tema è la piccola squadra del Tromsø, comune di 77mila abitanti la cui rappresentativa milita nel campionato norvegese. Società e giocatori hanno infatti presentato una terza maglia destinata a far discutere: sulla trama della divisa è stato stampato un Qr code che, una volta inquadrato con una app per smartphone, reindirizza ad una pagina che denuncia l’investimento da parte del Qatar di ingenti somme di denaro per comprare l’opinione pubblica dei paesi occidentali e tentare di oscurare il suo carattere autoritario (il fenomeno che viene definito “sportswashing”) e il suo sistematico sfruttamento dei migranti afgani per la realizzazione delle opere che servono alla World Cup 2022.

 

 

«Il Tromsø è stato il primo club professionistico al mondo a denunciare le condizioni disumane del paese - si legge sul profilo social della squadra norvegese – Il club sta ora dando una nuova spinta, questa volta in collaborazione con Amnesty International e Malcolm Bidali (attivista per i diritti umani e blogger keniota ndr)».

Da quando è uscita la notizia che il Qatar avrebbe organizzato la competizione, la Norvegia si è mossa in difesa dei diritti umani con diverse campagne di sensibilizzazione 

La Norvegia è molto sensibile al tema. Da quando è uscita la notizia che il Qatar avrebbe organizzato la competizione, nel paese della Penisola scandinava si è acceso un dibattito sul ruolo del calcio e sul modo in cui può essere in grado di rafforzare la sua responsabilità sociale.

Così, le associazioni calcistiche norvegesi e i sindacati hanno tenuto diversi incontri e il tema ha coinvolto anche la nazionale di calcio. E già dal 20 giugno si è riflettuto sulle azioni migliori da mettere in campo per contrastare lo sfruttamento dei diritti umani.

Il Tromsø ha prima chiesto alla federazione norvegese di non aderire al mondiale, poi, dopo il suo voto negativo, ha deciso di abbracciare l’iniziativa realizzando il QR code sulla terza maglia di squadra. «Speriamo di accendere più discussioni - dice l’ex giocatore e ora responsabile delle pubbliche relazioni Tom Hogli – vogliamo vedere più azione».

Anche se la Norvegia non si è qualificata per il torneo, ha deciso comunque che non boicotterà la gara, ma aderirà ai 26 punti del comitato del Qatar. Un organo che serve a monitorare e vigilare sull’operato del paese, in modo che la competizione calcistica si svolga nel rispetto di tutti.

In un certo senso il mondiale in Qatar diventa “un’occasione d’oro”, spiega la società, per spostare l’attenzione dallo sport ai diritti umani. Per farlo, il Tromsø ha lanciato una petizione per chiedere alla FIFA di combattere in prima linea a difesa dei migranti. E in un paese in cui il 90 per cento di 2,6 milioni di loro sono lavoratori senza cittadinanza il tema non passa inosservato. Non sono infatti solo afgani gli operatori che il Qatar sfrutta per la messa in scena del campionato sportivo più importante del mondo: altri schiavi arrivano dal Bangladesh, dalle Filippine, dall’India e dal Nepal. Usati per costruire stadi, strade e metropolitane ma anche come guardie di sicurezza, personale addetto ai lavoratori e tassisti sottopagati.

 

Secondo un’inchiesta del Guardian, il numero dei migranti morti in Qatar dall’inizio dei lavori per la World Cup 2022 è di 6.500. Una media di 12 decessi a settimana dal 2011 al 2020.

 

“Massima resa, minima spesa”. Questo è il mantra di un paese che sta sistematicamente violando i diritti umani. Gli altri stati però, a differenza della Norvegia, per ora sono rimasti sugli spalti.