La "Variante Lega" sulla copertina del nuovo numero dell’Espresso ha l’aspetto di un Giano bifronte: da una parte Matteo Salvini, dall’altra Giancarlo Giorgetti. Stessa barba, stesso taglio di capelli, ma uno ha cravatta e occhiali, l’altro no: variazioni superficiali che rimandano a differenze profonde. E a due anime diverse, inconciliabili con un appoggio convinto al governo Draghi: con l’Europa o contro l’euro? Per fare gli interessi dell’Italia o solo quelli del Nord?
Ma non è solo la Lega a nascondere ambiguità: Marco Damilano nel suo editoriale mette in guardia contro "Il tempo breve dell’unità", l’accordo per il bene del Paese chiesto da Mattarella ma accettato dai partiti con mille riserve sotterranee. A partire da Giorgetti che, racconta Susanna Turco, in nome della sua missione di concentrare sul Nord le risorse del Recovery Fund si veste da vicepremier. Dalla sua, il ministro dello Sviluppo economico ha una rete di contatti con industriali e banche non solo italiane costruita in trent’anni di lavoro silenzioso (li ricostruisce Vittorio Malagutti).
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Umberto Gentiloni elenca somiglianze e differenze tra la situazione attuale e la ricostruzione nel dopoguerra. Marco Simoni riflette sul paradosso del governo di tecnici chiamato per spendere e non per accollarsi tagli impopolari. Antonio Fraschilla dà voce alle preoccupazioni di chi teme un governo troppo attento agli interessi del Nord del Paese. E Lirio Abbate lancia l’allarme sul pericolo che i mafiosi più pericolosi, quelli del "41 bis", approfittino del nuovo governo per ottenere premi e sconti di pena concessi agli altri detenuti.
Carlo Tecce dà un volto ai superburocrati che si preparano a occupare di nuovo le poltrone che contano, gli stessi che dalle stanze del potere entrano ed escono fin dai tempi del primo Berlusconi. Sono tutti maschi, com’è prevedibile in Italia. A Parigi e a Madrid, invece, ci sono due donne a guidare i ministeri per la Transizione ecologica, essenziali per il Recovery Plan: Barbara Pompili e Teresa Ribera (le intervista Federica Bianchi). Berlino intanto, scrive Roberto Brunelli, guarda con un misto di fiducia e diffidenza al governo di Draghi che, quando guidava la Bce, era accusato di succhiare come un vampiro i risparmi dei tedeschi per salvare l’Europa.
A un anno dal primo caso di Covid-19 in Italia, la Sanità pubblica è ancora in emergenza: un’inchiesta di Gloria Riva spiega perché. Francesca De Sanctis incontra lavoratori del mondo dello spettacolo che, dopo mesi di sale chiuse, si sono inventati nuovi lavori. Gianfrancesco Turano firma un ritratto di Len Blavatnik, patron di Dazn, il gruppo pronto ad accaparrarsi i diritti televisivi della serie A. Enrico Bellavia e Antonio Fraschilla ricostruiscono le inchieste intorno alla gestione dei traghetti sullo Stretto di Messina, tra favori alla mafia, accordi con le ‘ndrine e fughe a Dubai. Roberto Di Caro e Patrizio Ruviglioni tornano a Brindisi a trent’anni dallo sbarco dei 25mila albanesi per incontrare i protagonisti di quella vicenda straordinaria.
Altan si affida alla fortuna, Makkox smaschera Zingaretti e Salvini, Michele Serra osserva attonito le metamorfosi dei leader della destra davanti al governo Draghi, Antonio Spadaro invita a meditare sulla parola della settimana: barca.
E l’Espresso chiude con un viaggio di Wlodek Goldkorn nella Israele che riscopre la fratellanza con gli arabi (dei cambiamenti dopo gli "accordi di Abramo" scrive anche Bernardo Valli) e con una rassegna firmata da Emanuele Coen delle saghe familiari che tanto piacciono ai lettori italiani e – aggiunge Fabio Ferzetti – ai cinefili di tutto il mondo. Daniele Mastrogiacomo infine svela una spy-story tra Cuba e Stati Uniti. Ricordate il ronzio misterioso che tormentava i diplomatici americani sull’isola? C’era davvero. Ed era colpa di Trump.