Intervista
La reazione europea contro il regime di Minsk fa esultare la rivoluzione, ma i rivoluzionari in fuga sono preoccupati. Parla Valentin Stefanovich è il vicepresidente di Viasna
di Federica Bianchi
Valentin Stefanovich è il vicepresidente di Viasna, la principale ong in difesa dei diritti umani della Bielorussa, nel mirino del regime di Lukashenko. Da Minsk ha osservato l'Unione europea reagire all'atto di pirateria compiuto sul proprio territorio dagli agenti dei servizi segreti di Minsk. All'unanimità (e dunque perfino il dissidente interno Victor Orban) i 27 Paesi dell'Unione hanno approvato ulteriori sanzioni contro il Paese e i suoi rappresentanti politici, chiesto alle aerolinee europee di non sorvolare più il territorio bielorusso e vietato a quelle bielorusse l'atterraggio in aeroporti europei.
Cosa pensa delle sanzioni imposte dal Consiglio europeo contro la Bielorussia?
«Ho sentimenti complessi e contrastanti. Tutti capiscono che quello che è successo con l'aereo è inaccettabile a causa dell'atterraggio forzato, un atto contro tutte le leggi internazionali e una vergogna internazionale per il nostro Paese. Ma allo stesso tempo il risultato è che i cittadini bielorussi non potranno più uscire dal Paese. Prima era loro proibito attraversare la frontiera in auto e in treno e adesso non potranno farlo nemmeno in aereo. Così sono puniti per le azioni del governo. D'altra parte tutti si chiedono in Bielorussia il perché di questa situazione, e sta emergendo sempre più chiaramente la responsabilità del governo. Inoltre sono contento che l'Unione metta nel mirino i responsabili delle violazioni dei diritti umani».
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Perché Lukashenko ha preso di punta un blogger? Ha così tanta paura dell'opinione pubblica?
«Protasevich è diventato insieme un simbolo e un capro espiatorio. Punendo lui Lukashenko avverte tutti gli esuli che non potranno mai stare tranquilli se lavoreranno contro il regime. Ha molta paura del gruppo di giornalisti che sta facendo opposizione dalla Polonia e sogna di punirli tutti per quella che lui ritiene una grave insubordinazione».
Dunque anche voi di Viasna vi sentite in pericolo?
«Ognuno di noi è molto preoccupato per la sua vita. Il governo ha già aperto un procedimento contro la nostra ong e ha messo in carcere quattro dei nostri attivisti. La responsabile della squadra dei volontari, che ha solo 25 anni, è in carcere da settembre ormai. Io le scrivo in continuo ma non ricevo mai lettere di risposta e non sono sicuro che lei riceva le mie lettere. La crisi qui in Bielorussia sta peggiorando di giorno in giorno. Ci sono 420 prigionieri politici ufficiali ma noi calcoliamo che il numero reale sia tra i 500 e i 600. Gli ultimi 11 sono finiti in prigione ieri con l'accusa di avere insultato il presidente, un crimine penale. Stiamo raccogliendo un dossier si ciascuno di loro».
In che maniera sta peggiorando la crisi politica?
«Ci sono continui cambiamenti alle leggi, un indurimento costante delle restrizioni, chiunque critichi anche vagamente il governo è considerato un estremista o un terrorista. Chi è responsabile di un canale Telegram può essere arrestato con l'accusa di diffondere informazioni pericolose per la pubblica sicurezza: da blogger diventi automaticamente capo di un'organizzazione estremista. Le persone sono punite duramente se si esprimono liberamente».
Ritiene che la Russia abbia avuto un ruolo nell'atterraggio forzoso del jet Ryanair?
«La Russia è l'unico alleato di Lukashenko, della cui elezione riconosce la validità nonostante tutti gli altri Paesi della Ue e l'Ucraina affermino che siano state manomesse. Anche se tra loro hanno molti problemi Putin e Lukashenko si mostrano alleati solidi ed è molto probabile, anche se ancora non provato, che Putin abbia partecipato all'arresto di Protasevich. Pare che uomini del KGB fossero alle calcagna del blogger fin da Atene e che siano stati loro a lanciare il falso allarme della bomba a bordo».
Chi e come potrà avere successo nel mettere fine al regime di Lukashenko?
«Credo che la Storia insegni che solo il nostro popolo potrà cacciare il dittatore. Possiamo essere aiutati dall'esterno ma la responsabilità ultima è nostra. Ormai il livello di repressione è alle stelle. La Costituzione cambia di continuo senza che nessuno riesca nemmeno a capire come e perché. Pochi giorni fa è morto in carcere Vitold Ashurak, il 50enne condannato a cinque anni per avere partecipato ad una manifestazione contro il regime. Le testimonianze di tortura in prigione aumentano. Basta esporre una bandiera bianca e rossa alla finestra per essere arrestati. L'influente sito indipendente di notizie TUT.BY (creato nel 2000) è stato chiuso e i suoi 15 giornalisti arrestati. L'unico obiettivo del governo è permettere a Lukashenko di rimanere al potere almeno fino al 2025. Ma una cosa è certa: indietro non si potrà tornare. La società è cambiata per sempre e la maggior parte dei cittadini ha tolto il sostegno al regime. Non gli resta che l'appoggio di un 30 per cento della popolazione, concentrata nelle campagne. E non so per quanto tempo».
Lukashenko lo ha capito? La reazione violenta contro il blogger e l'Unione europea è un atto di debolezza o di forza?
«Sta facendo sempre più errori e fa sempre più fatica a capire cosa succede. L'atterraggio forzoso di un aereo europeo è stato un grande errore. Se prima la repressione bielorussa era una una questione interna adesso è diventata una questione europea perché ha toccato la sicurezza dell'Unione. Non sono certo che lui si aspettasse una reazione tanto dura da parte di Bruxelles. Ora inizia un periodo di profondo isolamento per il nostro Paese che spero terminerà con un tribunale bielorusso che giudicherà Lukashenko per crimini contro l'umanità».