Il valore della differenza
Le riforme restano sulla carta e la parità delle donne va a marcia indietro
Il valore della differenza
Le riforme restano sulla carta e la parità delle donne va a marcia indietro
L’empowerment economico resta un buon proposito. Per realizzarlo occorre che agli impegni teorici presi in varie sedi segua un monitoraggio concreto. E l’impegno dell’Italia nel G20
L’empowerment economico delle donne sta facendo passi indietro invece di fare passi avanti. Secondo le ultime stime del World Economic Forum, dovremo aspettare ancora 276.6 anni prima che le donne raggiungano la parità economica a livello mondiale, e la crisi del Covid-19 ha contribuito ad allungare questo tempo di almeno una generazione.
L’Italia non fa eccezione - anzi, la fa tra i Paesi Europei ma in negativo: in termini di empowerment economico siamo al 114 posto su 156, un fanalino di coda rispetto ai nostri vicini europei che occupano i primi 30-40 posti della classifica. E per quanto riguarda il pay gap siamo messi ancora peggio, al 127esimo posto - un divario salariale tra donne e uomini da record.
Si sa, in Italia e nel mondo le donne continuano ad essere infatti schiacciate da barriere sociali, legali e istituzionali: il doppio onere del lavoro e delle responsabilità domestiche; gli stereotipi; la mancanza di role models; le scarse opportunità di fare rete e di ricoprire ruoli dirigenziali. Proprio per questo negli ultimi decenni sono state lanciate numerose misure e politiche nel pubblico e nel privato per ridurre queste barriere e, nel contesto del recovery dalla crisi del Covid-19, molte aziende e Governi stanno investendo nella parità di genere come un obiettivo centrale - anche in Italia. I dati però parlano chiaro: nonostante gli sforzi, i risultati stentano a farsi vedere.
Perché? In (gran) parte perché non misuriamo. Senza monitorare le disuguaglianze e le loro radici, non si può capire il problema e elaborare strategie efficaci per risolverlo. Senza rilevare regolarmente i risultati di politiche e misure nel privato come nel pubblico, non possiamo capirne gli effetti e aggiustare il tiro per assicurarci che questi programmi abbiano l’impatto e non solo l’effetto di branding desiderato - detto anche pinkwashing. Insomma, se i leader non rendono una priorità aziendale e una necessità strategica la misurazione del problema e delle azioni intraprese per risolverlo, le cose rimarranno come prima e le risorse investite in programmi e proclamazioni sulla parità di genere continueranno ad avere poco effetto.
In vista dei 7 miliardi che il Governo Draghi investirà per la parità di genere come parte del Pnrr e delle numerose iniziative lanciate dalle aziende italiane sullo stesso fronte, sarà cruciale imparare dagli errori e dai casi di successo in termine di monitoraggio a livello internazionale e rendere la misurazione e la trasparenza una vera priorità trasversale anche in Italia, su cui accelerare e mai cedere.
L’Alleanza del G20 EMPOWER, a guida di Paola Mascaro - Presidente di Valore D - e di cui sono la Sherpa sotto la Presidenza Italiana, ha deciso non a caso di partire proprio dal tema della misurazione come chiave per attuare un qualsiasi cambiamento. Riunendo i leader del settore privato e dei Governi dei paesi del G20 con l’obiettivo di accelerare l’avanzamento delle donne in posizioni di leadership nel settore privato, il G20 EMPOWER ha identificato tre strategie prioritarie per generare un cambiamento immediato sul tema della misurazione, in Italia e nel mondo.
Stabilire e tracciare metriche chiare: Le aziende - dalle più grandi alle più piccole - devono fissare obiettivi chiari e quantificabili in termini di inclusione di genere, misurare i loro progressi nel tempo, e favorire la trasparenza riportando pubblicamente i loro dati. L’utilizzo di indicatori è fondamentale per rendere le aziende responsabili dei risultati.
Ampliare gli indicatori di misurazione: La misurazione deve però andare oltre il monitoraggio del solito indicatore sul numero di donne nei CdA, e comprendere altri indicatori chiave. Secondo il G20 EMPOWER, ogni azienda dovrebbe impegnarsi a misurare come minimo il numero di donne in posizioni esecutive, la percentuale di promozioni e assunzioni, la presenza di donne in ruoli tecnici e il divario salariale. Sfruttando la digitalizzazione, le aziende devono mettere in campo strumenti per monitorare questi indicatori e i Governi devono sviluppare la capacità di consolidare questi dati per un monitoraggio a livello nazionale.
Monitorare l’implementazione di programmi di D&I: Molti programmi di inclusione di genere sono in atto nelle aziende, ma visto che la loro implementazione e i loro risultati non sono monitorati sufficientemente, non sono efficaci come dovrebbero. Le aziende non possono far partire programmi e aspettarsi che i risultati arrivino da soli. C’è bisogno di una costante attenzione all’implementazione, proprio come per qualsiasi altra priorità aziendale, un’attenzione che deve venire in primis dai Dirigenti e dai CdA.
«Il tutto», spiega Mascaro, Chair del G20 EMPOWER, «deve essere supportato dai Governi - chiamati a sostenere in questo momento di transizione gli sforzi del settore privato. Con la Presidenza del G20 l’Italia ha un’opportunità unica per mostrare la sua leadership a livello internazionale, dando l’esempio e generando un cambiamento immediato su questo dossier particolarmente critico - anzi, un vero punto dolente - per il nostro Paese. Servono dunque, e subito, meccanismi di premialità per le aziende che misurano e che fanno progredire i loro indicatori, supportandole nella realizzazione di un cambiamento profondo - questa è una priorità chiave che stiamo portando avanti come Valore D in Italia».
Insomma, bisogna definire metriche e monitorare i cambiamenti e bisogna farlo in sinergia tra il pubblico e il privato. Questi sono due ingredienti fondamentali per far si che gli investimenti del Pnrr e delle imprese italiane abbiano un vero impatto nella realizzazione di un Paese e una società equa, dove le voci femminili siano la norma e non l’eccezione in ambiti decisionali, dove le ragazze e le bambine possano avere role models da seguire, dove l’educazione e la cultura lavorativa sappiano dare opportunità a tutte e tutti, e non solo a chi capita di nascere maschio.