Il governo del paese più popoloso al mondo mette le mani sul corpo delle donne per far fronte alla crisi demografica

Il Consiglio di stato cinese lunedì ha reso note le nuove linee guida per migliorare la salute riproduttiva delle donne, tra queste c’è il tentativo di ridurre gli aborti “per ragioni non terapeutiche”. Dalla politica del figlio unico a quelle che incentivano le nascite, negli ultimi anni il governo della Repubblica popolare ha strumentalizzato il corpo della donna per soddisfare gli interessi del paese: crescita economica, demografica, necessità di forza lavoro. La volontà del governo di ridurre le interruzioni di gravidanza mette le donne sotto il controllo dello stato, limitando anche la possibilità di accedere all’assistenza sanitaria, soprattutto se si tratta di donne non sposate o di coppie dello stesso sesso.

 

Le ultime linee guida sono state annunciate in un periodo di cambiamento sociale, culturale e tecnologico per la popolazione cinese caratterizzata da un sempre più rapido invecchiamento. Sebbene il paese rimanga il più popoloso, i suoi tassi di natalità sono tra i più bassi al mondo, in seguito ad anni di sterilizzazioni forzate. I dati mostrano che le nascite sono diminuite di quasi due milioni nel 2020. 

 

«Questo governo negli ultimi 40 anni ha cercato di limitare i diritti riproduttivi delle donne, prima costringendole ad abortire con la forza, ora limitando gli aborti. Non so cosa significhi aborto per ragioni non terapeutiche ma tutti quelli che conoscono il governo sanno che non sarà qualcosa di buono» ha dichiarato Yaqiu Wang, ricercatrice per Human Rights Watch.

Le implicazioni politiche e legislative di quello che secondo il governo cinese dovrebbe essere un piano migliorare la salute riproduttiva delle donne non sono ancora chiare perché non è stato esplicitato il significato di “non terapeutico”. Una spiegazione, però, sarebbe fondamentale per comprendere le conseguenze reali che le nuove direttive sulla salute riproduttiva avranno sulle donne cinesi. 

 

«Potrebbe essere una buona mossa se prevenissero l'aborto selettivo per il sesso (vista la tradizionale preferenza secolare per i maschi ndr). Mentre se, invece, costringono le coppie a portare avanti gravidanze indesiderate, si configurerebbero soltanto come un confine alla libertà di scelta» ha dichiarato al Financial Times Jane Golley, esperta di demografia cinese presso l'Australian National University.

«Per promuovere una forza lavoro prospera e produttiva è necessario affrontare la disuguaglianza di genere e la discriminazione che le donne vivono sulla loro pelle. - continua - Sapere che anche le future figlie potranno avere una carriera di successo renderebbe le persone più propense a ridurre la loro preferenza per i figli maschi».

 

Dopo la Polonia che a gennaio 2021 aveva annunciato l’entrata in vigore della legge che vieta l’aborto, salvo per incesto, stupro o pericolo per la vita della madre, e il Texas dove l’interruzione di gravidanza è illegale da quando si sente il battito del feto - intorno alle sei settimane - anche la Cina stringe sull’aborto, una delle tematiche che più scalda il dibattito contemporaneo nonostante si stia parlando, come dichiara anche Amnesty International, di una questione di diritti umani. 

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