Selezionare il personale in modo approssimativo e investire sulle persone sbagliate vuol dire compromettere i prossimi quarant’anni di attività

Il Governo sta facendo ripartire la macchina dei concorsi che la pandemia e una storica lentezza burocratica avevano fermato. E si appresta a reclutare fra le 350 e le 500mila figure professionali da inserire nella Pubblica Amministrazione. È un numero gigantesco, che equivale a oltre il quindici per cento della forza lavoro nel settore pubblico. Selezionarle in modo approssimativo e investire sulle persone sbagliate vuol dire compromettere i prossimi quarant’anni di attività dell’amministrazione pubblica, mancando l’obiettivo di una macchina dello Stato capace di migliorare i servizi fondamentali per lo sviluppo equo e sostenibile del paese. Il Forum Disuguaglianze e Diversità, insieme a Forum Pubblica Amministrazione e a Movimenta, dopo il Vademecum di buone pratiche costruito in luglio sulla base delle migliori esperienze del paese, pubblicano ora un testo breve, “Oltre il Piano di Ripresa e Resilienza: rigenerare la PA intera”, con i requisiti essenziali per assumere presto e bene quella gigantesca quota di lavoratori pubblici che ci servirà nei prossimi anni.
Se è vero che una parte significativa degli investimenti previsti sulla Pubblica Amministrazione guardano, necessariamente, alle misure fast track legate al Piano di Ripresa e Resilienza - cioè al personale a tempo determinato e alle semplificazioni in deroga -, tuttavia questa focalizzazione sull’emergenza e su una gestione a termine delle assunzioni contiene gravi rischi. Dobbiamo uscire dalla straordinarietà. Dobbiamo costruire una normalità virtuosa, fondata su contratti regolari e a tempo indeterminato, e per far questo, e farlo bene, bisogna partire dalla redazione dei piani di fabbisogno di personale, che vanno orientati in base alle missioni strategiche. E poi vanno rintracciati sì profili dotati di un adeguato bagaglio di conoscenze tecniche, ma soprattutto persone dotate di competenze, capacità di “risolvere problemi” e di lavorare in team, e attitudine al rischio.

La Pubblica Amministrazione deve imparare a selezionare il personale come fanno le migliori aziende private, giocandosi in più l’attrattiva della “missione pubblica”. Già succede in molti luoghi. A Milano, per esempio, dove i dirigenti ricercati dal comune hanno sostenuto una prova per dimostrare le proprie capacità di governare decisioni di pubblico interesse e le competenze attitudinali con metodologie all’avanguardia: il candidato era chiamato a simulare il ruolo manageriale di Direttore di Funzione all’interno di una nuova organizzazione e doveva dimostrare di saper prendere decisioni, organizzare il lavoro, rispondere alla corrispondenza, stabilire piani d’azione, coinvolgere i collaboratori.

forum disuguaglianze

Non bastano i manuali e le risposte a quiz, i nuovi lavoratori della Pubblica Amministrazione devono saper risolvere problemi concreti, interpretare situazioni e prendere decisioni. Il concorso di Milano e un’analoga selezione avvenuta a Ravenna hanno fatto da apripista per altre amministrazioni che ne hanno replicato il metodo, dimostrando che assumere presto e bene nella Pubblica Amministrazione non è impossibile ed è sbagliato rassegnarsi alla falsa alternativa tra velocità e completezza del processo di selezione. Queste e altre esperienze esaminate - come quella della Regione Lazio, che ha concluso in poco più di cento giorni l’iter di assunzione usando metodi innovativi - sono esempi da imitare per cambiare rotta, esempi che abbiamo dettagliatamente descritto nel Vademecum.


È altresì indispensabile segnalare nei bandi la sfida che attende i nuovi assunti e le opportunità di lavoro e carriera che si aprono loro. Questo vale per tutte le funzioni, e in particolare per le alte professionalità. Bisogna coltivare ambienti di apprendimento, crescita, formazione e stimolo. Un esempio interessante è il progetto “Dote Comune” nato a Bergamo, che consente a 80 giovani di svolgere un periodo di apprendistato in municipio, permettendo alle nuove generazioni di entrare in contatto con il mondo della Pubblica Amministrazione, spesso considerato dagli under 30 vecchio e rigido. Progetti analoghi potrebbero essere utili a motivare e valorizzare il pubblico impiego: perché le politiche di incentivo non sono meno importanti di quelle di reclutamento ed è fondamentale riuscire ad avere una forza lavoro capace di focalizzarsi sulle missioni e lavorare per obiettivi, per recuperare il senso e il valore del lavoro nella Pubblica Amministrazione. A tal proposito, curare l’accoglienza dei neoassunti è fondamentale: infatti non è raro ascoltare esperienze di nuove leve accolte con sciatteria, controvoglia e quasi in modo respingente. È ancora il comune di Bergamo a offrire un esempio interessante, attraverso l’azione di un gruppo di affiancamento, per individuare la giusta collocazione dei neo assunti e verificarne l’effettiva adeguatezza al ruolo. Infatti, non prevedere con lungimiranza i meccanismi di integrazione e stabilizzazione della forza lavoro selezionata è un grave difetto della Pubblica Amministrazione che può azzerare l’investimento ingente nel reclutamento e nella formazione riducendo l’interesse dei neo assunti.


E poi c’è il passaggio decisivo dei bandi e dei piani di fabbisogno. Bisogna sostituire l’inutile mole di dettagli burocratici con un’analisi accurata dei fabbisogni e con una scrittura scorrevole dei bandi di gara. Tra i casi più interessanti c’è quello della Città Metropolitana di Bologna che ha redatto un Piano di fabbisogno di personale lontano anni luce dall’aritmetica dei “tanti usciti - tanti entrati”, spesso usata per la selezione del personale, senza chiedersi quali siano le nuove esigenze dell’ente. Bologna ha messo in luce i nuovi compiti della città, ha esaminato con cura le risorse esistenti e i profili necessari che mancavano, e ha avviato concorsi di assunzione, che si sono conclusi in meno di tre mesi. Per quanto riguarda la stesura dei bandi, che sono il manifesto con cui attrarre le persone adatte, c’è poca chiarezza nella descrizione del lavoro che il candidato dovrà svolgere. È un grave errore che può pregiudicare l’attrazione dei migliori e più idonei, poiché non è chiaro quale mansione debbano essere preparati a svolgere. La selezione di 200 persone per il potenziamento dei centri per l’impiego della Regione Lazio è partita da un’istruttoria preliminare, coinvolgendo Università, Centri per l’Impiego, Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro, Confindustria e imprese, per offrire una precisa descrizione del lavoro che i vincitori avrebbero dovuto svolgere. Si tratta di un’eccezione, perché in genere nei bandi appare del tutto sproporzionata la parte dedicata alla normativa - nel bando tipo della Funzione Pubblica contiamo 51 riferimenti legislativi, stipati in quattro pagine fitte ed incomprensibili ai più, con altrettanti riferimenti che cominciano con “visto” - rispetto a quella dedicata a spiegare per che tipo di lavoro il bando è pensato o che genere di persona si cerca.


Infine c’è il rischio di far saltare l’efficacia del piano di assunzioni non accompagnando le realtà locali più piccole nel processo di reclutamento. Si tratta di una parte grande del paese e decisiva per il suo sviluppo. È necessario e possibile favorire l’associazione dei comuni e degli enti locali (senza però centralizzare il processo) nella realizzazione di bandi comuni e di liste da cui attingere per l’assunzione di nuovo personale. Il recente Decreto legislativo 80/21 raccoglie le sollecitazioni venute in questa direzione, anche le nostre, ma ora la norma deve essere supportata da una costante e pervasiva azione di accompagnamento, perché, come spesso è successo, non rimangano sulla carta. Questa è la funzione decisiva del centro.