Narrazioni politiche, propaganda e complotti: ecco le bufale dell'anno passato e (forse) dell'anno che verrà

L’analisi dell’anno 2022 – non fanno eccezione i precedenti - ci regala un formidabile breviario sulla fortuna e sui limiti della spregiudicatezza di alcuni politici. Un Bignami sulle fake news, la propaganda basata sulla denigrazione e sulla menzogna utile. Questioni che hanno tenuto banco per mesi, ispirato dibattiti e spesso proposte di legge. Narrazioni politiche che finiscono per travolgere moltissime persone convinte di essere depositarie della verità nascosta da chi complotta per tenerci tutti all'oscuro di come va il mondo.

In buona fede o pessima fede, alimentate da politici e giornalisti, ecco cinque delle più dibattute fake-news dell’anno trascorso, come ricostruito anche da Pagella Politica.

1) No, la polizia morale dell’Iran non è stata abolita
L’Iran torna sotto gli occhi dell'Occidente. E la sua rivoluzione sociale e culturale esplosa dopo la morte di Mahsa Amini, la giovane curda di 22 anni - morta per mano di chi l'ha arrestata- ha portato da noi anche ogni tipo di bufala e propaganda. Quella dell’abolizione della polizia morale è stata la più dibattuta e recente, circolata su buona parte dei giornali italiani e internazionali, sordi alla richiesta di prudenza da parte di esperti di Iran e attivisti. Un inganno che nasce da alcune dichiarazioni di Mohammad Jafar Montazeri, procuratore generale della repubblica islamica e importante esponente del regime, che dichiara all’agenzia stampa iraniana Isna, domenica 4 dicembre: il governo ha smantellato la polizia religiosa e lavora per modificare la legge che obbliga le donne iraniane a indossare il velo islamico, cioè l’hijab. Le parole di Montazeri, però, non sono state poi confermate da nessun altro membro del regime iraniano. L’eliminazione della polizia morale è fin dall’inizio uno degli obiettivi delle proteste. Nel corso dei mesi, tuttavia, i manifestanti avevano molto ampliato le loro richieste, iniziando a chiedere la fine del regime e l’instaurazione di un sistema democratico. Per capire che si trattava di un fake news sono servite le analisi di Borzou Daragahi, corrispondente per il Medio Oriente dell’Independent, le televisioni di stato iraniano hanno rigettato ogni ipotesi di un possibile smantellamento della polizia religiosa, sostenendo al contrario che il corpo non sarà assolutamente toccato e manterrà tutte le sue funzioni. A confermare la poca credibilità della notizia sono anche gli stessi manifestanti che hanno continuato le loro proteste.

LaPresse

2) No, l'Italia non è l'unico paese dove si fanno i Rave
La lotta ai rave party ha dato la battuta d’inizio a questo governo. Si è conclusa con un decreto che è diventato il cavallo di Troia per un liberi tutti: dai no-vax ai corrotti. Spesso le polemiche riguardavano l’eccessiva severità delle pene se confrontate con quelle in vigore in altri Paesi europei. Dall’altra parte della barricata il Governo affermava che bisognava introdurre maggiori restrizioni contro i rave party, sostenendo che questo tipo di feste si tenesse soprattutto in Italia. È stato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il 3 novembre, in un’intervista a La Stampa a definire «giusto» il provvedimento del Governo perché «l’Italia non può essere il Bengodi dove vengono a fare i rave da tutta Europa». Sui rave (essendo fenomeni illegali) non esistono statistiche ufficiali a livello europeo che possano dirci dove siano più frequenti e partecipati. Sappiamo, tuttavia, che non è vero che questo tipo di eventi si tengano solo in Italia. Spagna, Francia e Germania, il fenomeno è diffuso in tutta Europa. Il primo gennaio 2022, a Rijswijk, in Olanda, la polizia olandese ha bloccato un rave party organizzato per celebrare l’inizio del nuovo anno, a cui hanno preso parte centinaia di persone. Risale a giugno, in Repubblica Ceca, l’Anniversary rave, un grande rave party organizzato anche grazie alla creazione di un apposito gruppo su Facebook, con i partecipanti provenienti da diverse nazioni di tutta Europa.

3) No, le navi ONG non attirano i migranti
«Le navi umanitarie sono un fattore di attrazione per i migranti» così il 26 ottobre, intervistato da La Stampa, il nuovo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha sfoderato una teoria cara ai partiti di destra e non solo. Si chiama “pull factor” (“fattore di attrazione”): i migranti sarebbero spinti a partire dalle coste del Nord Africa sapendo che ci sono navi pronte a salvarli e a portarli in Italia. Ad agosto 2017, in un’intervista con il Corriere della Sera, era stato Luigi Di Maio, non ancora capo politico del Movimento 5 stelle, a definire le navi Ong «taxi del mare». Una teoria che si trascina ad oggi e che promette di entrare anche nell’anno che verrà. Il problema di questa ipotesi è semplice: non ci sono dati che la sostengono. Anzi, quelli a disposizione dicono il contrario. A settembre 2020 è stata pubblicata una ricerca realizzata da Eugenio Cusumano, ricercatore in Relazioni internazionali dell’Università di Leiden, nei Paesi Bassi, e da Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Gli unici fattori che hanno impatto nell’aumento del numero delle partenze sono le condizioni meteo (quelle favorevoli incentivano le traversate in mare) e il livello di instabilità politica.

4) No, i cambiamenti climatici non ci sono da sempre
Dal crollo di una parte del ghiacciaio della Marmolada, che il 3 luglio ha causato la morte di almeno undici persone, fino all’abbassamento del livello dei fiumi in Italia. Minimizzare è la risposta di una parte politica che preferisce non approfondire un fenomeno che riguarda la sopravvivenza del pianeta. Ne sa qualcosa Lucio Malan, senatore di Fratelli d’Italia, che il 4 luglio ha rilanciato sui suoi profili social la sua teoria sulla crisi climatica: «I negazionisti del cambiamento climatico siete voi gretini. Chi ha studiato sa che i cambiamenti ci sono da sempre».

 

Sì, il clima terrestre è cambiato molte volte nel corso della storia ma i cambiamenti climatici registrati negli ultimi 150 anni, cioè dall’inizio della rivoluzione industriale, segnano un’eccezione per il nostro pianeta, in termini di velocità e portata. Unanime su questo tutta la comunità scientifica internazionale che non ha dubbi sulla principale causa principale del fenomeno: le attività degli esseri umani e nello specifico la produzione di CO2. Non è un caso che gli attivisti per il clima indichino come deadline il 2030. Per contenere l’aumento delle temperature entro la fine del secolo intorno agli 1,5°C rispetto all’epoca pre-industriale, le emissioni a livello mondiale dovranno ridursi almeno della metà entro 7 anni. E bisognerà raggiungere la neutralità climatica (ossia ciò che è emesso deve essere riassorbito dal pianeta) entro il 2050.

5) No, la dicitura genitore 1 e genitore 2 non è mai esistita.
Il discorso di Giorgia Meloni il 19 Ottobre 2019 durante una manifestazione a Roma in piazza San Giovanni è diventato una canzone virale sui social. Per Matteo Salvini la battaglia contro “Genitore 1 e Genitore 2”, resta così identitaria da averla inserita nel programma elettorale della Lega. Per tutto il 2022 politici, commentatori e giornalisti, anche dei quotidiani più progressisti, hanno annunciato eventuali ritorni e cancellazioni dai documenti.
Eppure la dicitura “Genitore 1, genitore 2” non esiste. Non è mai esistita.
Una fiaba piccolissima che inizia nel 2013 nel Comune di Venezia e diventa, è il caso di dirlo, una balla spaziale. È Camilla Seibezzi, 52 anni e una figlia avuta con un’altra donna dentro una relazione durata 13 anni, a proporre la dicitura «genitore 1 – genitore 2» per la modulistica scolastica del Comune di Venezia, di cui era consigliera delegata a diritti civili e politiche anti-discriminazione. La richiesta puntava a modificare i moduli per l’iscrizione agli asili nido e alle scuole dell’infanzia che riportavano la dicitura “padre”, “madre”. La proposta intendeva inserire semplicemente la dicitura primo genitore e secondo genitore (cioè il primo che firma e il secondo che firma). Lesa maestà, minaccia alla famiglia tradizionale, gender: il tono propagandistico delle associazioni anti-lgbt droga così tanto il dibattito da dare alla proposta un rilievo nazionale. Arriva il 2015: il Governo Renzi introduce la carta d’identità elettronica, e per quanto riguarda i minori, nelle leggi e sui documenti compare il termine “genitori”, (attenzione: non “genitore 1” e “genitore 2”). Nel 2019 al Viminale, Salvini decide di sostituire “genitori” con “padre e madre”. Modifica che causa problemi non indifferenti ai bambini con un solo padre o una sola madre. Lo segnala anche il Garante della Privacy, sottolineando gli «effetti discriminatori», per esempio su quei minori che non avevano una figura paterna o materna, e i problemi nella raccolta dei dati e nel rispetto delle normative europee. Si arriva così ad oggi: il Tribunale civile di Roma, il 16 novembre con un'ordinanza in relazione al ricorso presentato dalle due madri della piccola (legale e adottiva) contro un decreto del 31 gennaio del 2019, dall'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, impone una dicitura neutra “genitore”, non “padre” “madre”.