La denuncia

Gli specializzandi di area non medica, ultimi tra gli ultimi: «Anche noi sfruttati, ma neppure pagati»

di Gloria Riva   15 giugno 2022

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Come i loro colleghi, sono costretti a coprire i buchi della sanità e a fare orari assurdi. Ma biologi, chimici e farmacisti non accedono neppure alle borsa di studio. «Per noi non ci sono soldi e lavoriamo gratis»

«Almeno gli specializzandi medici vengono pagati, noi lavoriamo gratis, per almeno 38 ore la settimana, per quattro anni», a parlare è Marco Emili, 26 anni, al secondo anno di specializzazione in Patologia e Biochimica Clinica all'Ospedale universitario di Tor Vergata.

Marco è laureato in biologia e ha scelto di indirizzare i propri studi alla diagnostica medica. Quindi, finita la laurea magistrale ha partecipato a un concorso pubblico per accedere alla specializzazione di area sanitaria, che consiste in quattro anni di studio e lavoro negli ospedali italiani per apprendere le competenze necessarie in Microbiologia, oppure Genetica Medica o Patologia e Biochimica Clinica. Ha anche fondato un gruppo su Facebook, B come Biologo, che nei mesi di covid ha alzato la voce per raccontare il livello di sfruttamento a cui gli studenti erano sottoposti nei laboratori degli ospedali, a capofitto nel compito di processare tamponi e altri esami. Avevano sperato di ottenere una borsa di studio nella passata legge di bilancio, «ma alla fine ci è stato detto che per noi non ci sono soldi. Quindi continuano a lavorare gratis», dice Emili.

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Il 70 per cento dei crediti formativi per ottenere la specializzazione deve essere maturato attraverso tirocini e pratiche: significa almeno 34 ore di lavoro in ospedale ogni settimana, cioè più di 1.500 in un anno. Esattamente come viene richiesto agli specializzandi in Medicina e Chirurgia. Ma i primi non guadagnano nulla, i secondi hanno una borsa di 1.650 euro al mese. «Molti corsi e attività pratiche vengono svolte insieme agli specializzandi medici. Ma loro vengono pagati e noi no. In più non abbiamo ferie, permessi e ci viene richiesto di passare il badge e ci minacciano di non farci raggiungere la specialità se non raggiungiamo il monte ore. Lavoriamo su turni e spesso sostituiamo il personale assunto», continua lo specializzando.

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All'Espresso scrive anche Lucrezia Galasso, anche lei specializzanda non medica: «Ho letto il vostro articolo riguardante gli specializzandi medici e lo sfruttamento. La sanità italiana è un colabrodo e sono gli specializzandi a reggere botta in questo mare di disastro. Ma mi sale l'amarezza quando per l'ennesima volta vedo non menzionati gli specializzandi di "area non medica" biologi, chimici e farmacisti che lavorano per 4 anni di scuola di specializzazione con gli stessi orari dei colleghi medici ma senza nessun tipo di retribuzione».

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E si racconta: «Sono una Biologa, laurea triennale e laurea magistrale e adesso sto per terminare l'ultimo dei quattro anni di scuola di specializzazione in patologia clinica. Ho passato quattro anni lavorando dal lunedì al sabato per 10 ore consecutive al giorno, senza mai avere nessuna retribuzione. Il titolo però è necessario per lavorare nel Sistema Sanitario Nazionale. Mi chiedo perché nonostante i due anni di pandemia in cui ognuno di noi ha ormai dimestichezza dei tamponi, a nessuno venga il dubbio di chiedersi chi è che lavora nei laboratori. Chi analizza una biopsia, chi fa la mappatura genetica, chi è stima se avrò o meno una trombosi o una malattia autoimmune? Chi c'è ad analizzare il mio tampone molecolare? Siamo per lo più noi specializzandi! Il 70 per cento delle diagnosi si basa su un dato di laboratorio, con un peso sul SSN del 2 per cento sul budget. I costi sono contenuti anche grazie alla mia categoria, che paga le tasse universitarie, lavora molto spesso da sola e senza nessun tipo di affiancamento e senza nessun tipo di stipendio o borsa di studio».