Attualità
giugno, 2022

Lukoil di Siracusa, la Bulgaria ottiene una deroga per raffinare petrolio russo via mare. L’Italia nemmeno l’ha chiesta

La raffineria siciliana rischia lo stop perché lavora solo il greggio inviato da Putin su navi: ma entro l’anno scatta l’embargo che rischia di fermare tutto il polo petrolchimico che da solo vale il 26 per cento della raffinazione nazionale

Il caso Lukoil rischia di esplodere e in maniera fragorosa in Italia. Come raccontato da una inchiesta dell’Espresso domenica scorsa l’impianto di raffinazione, che ha sede a Siracusa ed è di proprietà del colosso energetico russo attraverso una società svizzera, da marzo ha problemi ad acquistare greggio da paesi terzi perché le banche non concedono crediti.

 

Così di fatto, grazie al via libera di Vladimir Putin che ha concesso un aumento di esportazioni ad hoc, nell’impianto siciliano si raffina solo petrolio che arriva via nave dalla Russia. Il Consiglio europeo ha approvato il sesto pacchetto di sanzioni per Mosca dopo l’avvio della guerra in Ucraina: pacchetto che prevede l’embargo totale entro l’anno all’ingresso via nave del petrolio russo in Europa. La specificazione «via nave» è stata voluta dal premier ungherese Viktor Orban, perché l’Ungheria continuerà a ricevere petrolio russo via terra con gli oleodotti esistenti.

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Il presidente del Consiglio Mario Draghi non ha detto nulla su quella che è una conseguenza importante dell’embargo per l’Italia: lo stop alla raffineria di Siracusa che da sola dà lavoro a quasi 3 mila persone ed è perno fondamentale di un sistema interconnesso che comprende un’altra raffineria, di proprietà della compagnia di Stato algerina, la centrale elettrica della Erg e l’azienda chimica dell’Eni.

 

In tutto nel polo lavorano 8 mila persone e si raffinano 14 milioni di tonnellate di petrolio all’anno, il 26 per cento della raffinazione di greggio nazionale. Il polo petrolchimico è di fatto il più grande d’Italia. Ma si scopre adesso che il Consiglio europeo ha accolto un’altra richiesta di deroga, questa volta per un impianto di raffinazione bulgaro con greggio russo che arriva via nave: esattamente come a Siracusa.

 

Ad annunciarlo in Bulgaria è stato lo stesso premier Kiril Petkov: «L'esenzione sarà concessa fino alla fine del 2024 per dare alla Bulgaria la possibilità di riorganizzare la sua raffineria di petrolio a Burgas. Attualmente tale impianto è in grado di elaborare solo petrolio russo. Questa è un'opportunità per noi per riparare la raffineria e non aumentare il prezzo in base ai cambiamenti nel mix».

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L’assessore regionale siciliano alle Attività produttive Girolamo Turano, sull’esenzione concessa alla Bulgaria per un impianto “gemello” rispetto a quello siracusano, alza il tiro contro il governo Draghi: «Risulta francamente incomprensibile la mancata richiesta da parte del governo italiano di inserire la raffineria di Siracusa-Priolo tra le deroghe previste nel nuovo pacchetto di sanzioni sul petrolio russo. Siamo davanti ad una abnorme disparità di trattamento che danneggia la Sicilia e l’Italia. Le raffinerie di Priolo come quelle di Burgas in Bulgaria vengono approvvigionate con greggio russo, ma soltanto quest’ultima ha ottenuto il permesso di continuare ad acquistare petrolio dalla Russia fino al 2024. È evidente – continua l’assessore – la disparità di trattamento nei confronti della Sicilia, soprattutto se consideriamo che in sede di Consiglio europeo sono state concesse deroghe anche a Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia con l’esclusione dell’oleodotto Druzhba dal sesto pacchetto di sanzioni Ue».

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