Il tavolo di una conferenza stampa. La selva di microfoni pronti a raccogliere ogni sfumatura delle dichiarazioni in arrivo. Sullo sfondo c’è la sigla del Partito Democratico. Ma a rispondere alle domande non si presenta nessuno. “Vuoto a sinistra” è il titolo di copertina del nuovo numero dell’Espresso. Dopo il risultato delle elezioni che hanno consegnato l’Italia alla destra, per gli sconfitti è il momento di un esame di coscienza. Per rifondare un partito che sia all’altezza delle burrasche in corso. E che torni ad ascoltare i più deboli.
Il Pd del futuro deve riprendere vigore dalle proprie radici, spiega Rosy Bindi a Carlo Tecce, mentre Massimo Cacciari nota che, in mancanza di una partito che li rappresenti a sinistra, i ceti deboli si rivolgono semore alla novità del momento, che oggi è Meloni. Perché la sconfitta, scrive Lirio Abbate nel suo editoriale, nasce dal distacco dalla realtà: l’Italia si è rivelata molto diversa da come la immaginavano i progressisti.
E mentre Conte cerca di allargare i consensi concentrati al Sud (ne parla Antonio Fraschilla), a destra si fa strada “una nuova specie umana”, che Susanna Turco ribattezza Homo Melonianus: educato e timoroso in apparenza, per non spaventare i poteri forti ma, come conferma Federica Bianchi da Bruxelles, pronto ad allearsi con i reazionari di tutta Europa.
Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace, spiega la forza della rivolta delle donne iraniane (l’intervista è di Sabina Minardi); l’ex corrispondente della Bbc Philip Short racconta l’Afghanistan di Putin. E mentre tra i russi cresce lo scontento (di Filippo Agliastro), e nel Donbass stremato dalla fame c’è chi si rassegna all’annessione (di Sabato Angieri), l’intelligenza artificiale apre nuovi scenari di guerra (di Fabio Chiusi). Da Israele, Christian Elia spiega che dietro le case contese di Gerusalemme Est è in agguato la speculazione, mentre in Africa Vincenzo Giardina fa il punto sulla fragile pace del Mozambico.
Bianca Senatore è andata in Val di Susa tra i migranti che cercano di passare la frontiera francese, Erica Manna analizza l’aumento dei minori non accompagnati e Luciana Grosso racconta la nuova frontiera del razzismo: quello ambientale, che vede i poveri vivere tra discariche e inquinamento.
Sul fronte dell’economia, il salvataggio del Monte dei Paschi continua a inghiottire soldi pubblici (di Vittorio Malagutti), e l’intenzione di Meloni di riscrivere il Pnrr mette in pericolo diversi progetti green (di Eugenio Occorsio): un nuovo oltraggio all’ambiente già ferito dalla cementificazione selvaggia, di cui Paolo Biondani rivela numeri e dati. Enrico Bellavia invece racconta la riabilitazione del poliziotto ingiustamente accusato di rapimento nel caso Shalabayeva.
E L’Espresso chiude con un invito del filosofo Emanuele Coccia a ricostruire il patto con la natura e una rassegna di Gaia Manzini sugli animali protagonisti dei romanzi. Wlodek Goldkorn parla di utopia con il teatrante polacco Krystian Lupa, Emanuele Coen chiede alla neuroscienziata Kia Nobre come difendere il nostro cervello dagli attacchi di catastrofi e pandemia, Zoe Saldana racconta a Chiara Catalli come Avatar le ha cambiato la vita. E Silvia Andreozzi incontra Udo Surer che, da quando ha scoperto che suo padre era tra i killer di Marzabotto, torna regolarmente in Italia per incontrare i sopravvissuti e i parenti delle vittime.