Accade oggi
Con l'operaia Grishaj Anila sono 559 i morti sul lavoro in Italia solo quest'anno
Le operazioni dell'esercito israeliano a Gaza. Salvini firma la lettera di precettazione contro lo sciopero. Per Schlein: "Meloni scardina la Costituzione". Giorgetti difende la manovra. I fatti del giorno da conoscere
L’esercito israeliano entra nell’ospedale al Shifa di Gaza
Le operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) tra la notte e l'alba di questa mattina sono concentrate sul complesso ospedaliero Al Shifa, il più grande di Gaza, sotto assedio da sei giorni. Lo ha riferito l'agenzia di stampa palestinese "Wafa", aggiungendo che, mentre continuano i bombardamenti aerei di copertura su parte della struttura, carri armati israeliani si sono stabiliti al suo interno, in particolare nei reparti di medicina specialistica, al pronto soccorso e nel reparto terapia intensiva. Secondo il corrispondente di "Al Arabiya", inoltre, le Idf hanno allontanato i giornalisti dal complesso, disponendo tornelli elettronici all'entrata ovest dell'ospedale. Violenti scontri sono scoppiati intorno alla struttura e al suo interno. Uno dei portavoce delle Idf, Peter Lerner, ha spiegato all'emittente statunitense "Cnn" che i militari israeliani non stanno "invadendo" Al Shifa, ma stanno conducendo un'"operazione mirata e precisa in una parte specifica" dell'ospedale, "al fine di sconfiggere Hamas", il movimento islamista palestinese che il 7 ottobre scorso aveva sferrato un attacco senza precedenti contro lo Stato di Israele. «Il nostro obiettivo è portare gli ostaggi a casa - ha aggiunto Lerner - il nostro obiettivo è stanare Hamas ovunque si nasconda». Secondo Lerner, infatti, il complesso di Al Shifa è «probabilmente il cuore pulsante» di Hamas. In precedenza la Casa Bianca, citando "informazioni di intelligence", aveva confermato quanto già dichiarato dalle autorità israeliane, ovvero che Hamas utilizza gli ospedali della Striscia di Gaza per tenere gli ostaggi e coordinare le operazioni militari contro Israele. All'interno di Al Shifa, intanto, si trovano attualmente circa 650 pazienti, di cui cento tra pazienti in terapia intensiva e neonati prematuri, 500 medici e tra i quattromila e i cinquemila sfollati.
Cgil e Uil: «Avanti con lo sciopero». Salvini precetta riducendo lo stop da 8 a 4 ore
Muro contro muro sullo sciopero di venerdì 17 e alla fine scatta la precettazione per il settore dei trasporti. Dopo un nuovo round con Cgil e Uil che confermano lo sciopero generale contro la manovra del governo Meloni, il vicepremier e ministro Matteo Salvini interviene riducendo lo stop da 8 a 4 ore, dalle 9 alle 13. Ma scatta anche l'ira dei sindacati. La precettazione "è un atto politico gravissimo", replica il numero uno della Cgil, Maurizio Landini che sottolinea il 'silenzio assordante' della premier Giorgia Meloni che - afferma - potrebbe intervenire per fermare l'iniziativa come già accadde nel 2014. E come il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, che dice: «È un attacco al diritto di sciopero». Dalla protesta resta fuori il trasporto aereo, che le due sigle avevano già escluso dopo le osservazioni del Garante. Rimane invece l'astensione di 8 ore a livello nazionale per gli altri settori: pubblico impiego, sanità, scuola, università e ricerca, poste; 4 ore anche per i Vigili del fuoco. Con loro incroceranno le braccia le altre categorie delle regioni del Centro. È così una nuova giornata di botta e risposta e di missive. Prima parte la lettera con cui il Mit chiede a Cgil e Uil di rivedere la mobilitazione, poi i sindacati rispondono confermando le ragioni dello sciopero che continuano a considerare generale e regolare nelle modalità di proclamazione. Salvini convoca quindi l'incontro al Mit: non vanno Landini e Bombardieri ma i segretari confederali. Nessuno si smuove dalle proprie posizioni. Salvini già in mattinata aveva assicurato l'intenzione di mettere in campo "tutto quello che la legge" permette "per consentire il diritto alla mobilità al lavoro, allo studio, alla salute, a 60 milioni di italiani. E se Landini si offende e mi offende, mi dispiace per lui". E sull'assenza al Mit rincara il senatore della Lega Claudio Borghi: "Già impegnati nel weekend lungo?". I sindacati contrattaccano. "Non c'è alcuna ragione oggettiva né di urgenza che motiva" la precettazione, sostiene Landini: è "un esplicito attacco al diritto di sciopero". E, per lui, mettere in discussione questo diritto "significa mettere in discussione la democrazia".
Giorgetti difende la manovra: «È per i redditi bassi»
Giancarlo Giorgetti rivendica la scelta di una legge di bilancio incentrata sulla difesa dei redditi medio bassi per mitigare l'elevata inflazione, attraverso la conferma del taglio del cuneo fiscale nel 2024 fino a 35mila euro e l'avvio della riforma delle nuove aliquote Irpef. Nel confermare la "piena legittimità dei sindacati" a scendere in piazza per contestare alcuni provvedimenti contenuti nella manovra - mobilitazione su cui è in corso un contenzioso con il governo - il titolare del Mef ribatte: «Quello che non si può dire è che il governo non abbia cura dei redditi bassi, la manovra ha fatto degli interventi con tagli su diversi comparti proprio per questo». Giorgetti definisce la legge di bilancio «austera ma espansiva per i redditi medio bassi». Durante il ciclo di audizioni in Senato sono piovuti numerosi commenti sul testo. Bankitalia ha valutato un «obiettivo importante» la conferma nel 2024 del taglio del cuneo invitando il governo però a trovare «un orientamento al provvedimento nel medio termine». La stima di via Nazionale è di una media di 600 euro in più in busta paga in un anno. Confindustria approva la scelta di puntare al sostegno dei redditi medio bassi ma boccia quella che definisce la «sostanziale assenza di strategia per la crescita». L'Ufficio Parlamentare di Bilancio invece mette in guardia dai possibili rischi di una manovra che «appare improntata a un'ottica di breve periodo, con interventi temporanei e frammentati».
Meloni: «Se ci sarà il referendum sulla riforma, vincerà il sì»
La riforma del premierato è arrivata al Quirinale e da qui dovrebbe passare al Senato, per il primo dei quattro passaggi parlamentari. Un percorso tutto da definire ma sul cui esito finale il governo sembra non avere dubbi. Lo confermano le parole della premier ad Affaritaliani.it: se l'elezione diretta del capo del governo non avesse i 2/3 dei voti necessari e si dovesse ricorrere al referendum, Giorgia Meloni è convinta che vinceranno i sì perché gli italiani "coglieranno l'occasione storica di accompagnare il Paese nella Terza Repubblica e renderla una democrazia matura, più stabile ed efficiente". Insomma, la via della "madre di tutte le riforme" è tracciata, nonostante il cammino sia appena cominciato e forse anche per tentare un'accelerata rispetto all'altra riforma, l'autonomia differenziata targata Lega che è ben più avanti in Parlamento. Il disegno di legge che porta la firma del ministro leghista Roberto Calderoli è pronto infatti a incassare il primo ok al Senato. Il 21 novembre la commissione Affari costituzionali voterà il mandato al relatore, mettendo così il primo sigillo. Un traguardo a cui si è arrivati dopo oltre 5 mesi (il disegno di legge è stato incardinato a fine aprile), 110 sedute, 649 emendamenti esaminati e 84 approvati di cui 44 delle opposizioni. Numeri sciorinati da Calderoli: recordman di presenze in commissione, riconosce che "la riforma procede, avanti così" ma non va oltre nelle previsioni sui tempi. L'approdo in Aula sarà deciso dalla conferenza dei capigruppo. Da parte della Lega non è un mistero che la scommessa sarebbe di avviare la discussione entro fine anno. Più probabile slitti a gennaio, ipotizzano fonti di maggioranza. Di certo resta il traguardo più realista per la Lega ossia ottenere almeno un'approvazione prima delle Europee di giugno. Un bottino importante da spendere in campagna elettorale.
Schlein: «Meloni scardina la Costituzione»
La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, in una intervista al "Corriere della Sera" si sofferma sul no delle opposizioni al premierato: «Io ho già detto che Meloni vuole comandare e non governare e lei ha risposto che in realtà vuole dare solo più potere ai cittadini. Ricordo che nell'unico incontro in cui ci hanno convocato tra le proposte che abbiamo portato a quel tavolo c'era la riforma della legge elettorale per far scegliere ai cittadini i loro rappresentanti. Ma di questo Meloni non parla mai». «Certo- aggiunge -, lei è saldamente al comando di un partito personale e con le liste bloccate decide chi va in Parlamento. E allora non sia ipocrita: se vuole far contare di più il voto dei cittadini cambiamo la legge elettorale invece di avanzare una proposta di riforma costituzionale che non esiste in nessun altro Paese e scardina l'equilibrio tra i poteri dello Stato». Loro sostengono che non è così. Schlein crede che sia «inaccettabile vedere un governo mentire a viso aperto agli italiani: quando dicono che questa riforma non intacca le prerogative del capo dello Stato mentono sapendo di mentire, perché anche un bambino capisce che se ci sono due figure istituzionali e una viene eletta dal Parlamento e l'altra direttamente dai cittadini, la prima viene inevitabilmente marginalizzata. Ciò significa, in parole povere, che il capo dello Stato non potrà più svolgere il suo ruolo di garante e custode della Costituzione». «La verità- incalza la segretaria - è che la destra ha sempre sognato di scardinare lacci e lacciuoli della Costituzione per andare verso il modello del capo solo al comando. Nella storia d'Italia è già accaduto e non è andata bene». Quindi opposizione dura al premierato: «Già, anche perché pensiamo che questa riforma sia un fumogeno per coprire i buchi e le mancate risposte della manovra. La strategia di Meloni è evidente: sono in imbarazzo perché questa manovra, che è pessima, non dà risposte sul terreno economico e sociale. Ma se non sono capaci di governare la colpa è loro, non della Costituzione. Bisognava essere veramente creativi per riuscire a fare una manovra che viene criticata sia dai sindacati sia da Confindustria. Ma do una notizia: noi stiamo preparando una contromanovra e la presenteremo a breve», ha concluso Schlein.
Incastrata in un macchinario, muore sul lavoro a 26 anni
È stata uccisa da un macchinario che l'ha incastrata e schiacciata, all'altezza del capo, nella ditta di surgelati, a Pieve di Soligo, nel trevigiano: così è morta oggi pomeriggio Grishaj Anila, un'operaia albanese di soli 26 anni. E non è l'unico incidente della giornata: 3 feriti e un altro decesso, un operaio di 59 anni, Stefano Poletti, deceduto in un incidente che si è verificato all'interno del polo chimico di Ravenna, colpito da un escavatore in manovra che non gli ha lasciato scampo. Nei primi sette mesi del 2023 sono 559 le vittime sul lavoro in Italia, delle quali 430 in occasione di lavoro (+4,4% rispetto a luglio 2022) e 129 in itinere (-17,8% rispetto a luglio 2022). Alla Lombardia va la maglia nera per il maggior numero di vittime in occasione di lavoro (74). Seguono Veneto (40), Lazio (36), Campania e Piemonte (33), Emilia Romagna (31), Puglia (29), Sicilia (26), Toscana (21), Abruzzo (16), Marche (14), Umbria e Calabria (13), Friuli Venezia Giulia (12), Trentino Alto Adige e Liguria (11), Sardegna (10), Basilicata (5) e Valle d'Aosta e Molise (1). In 20 anni i morti sul lavoro sono stati circa 20 mila.