Per la giornata mondiale dell'infanzia, l'ong pubblica l'Atlante "Tempi digitali" da cui emerge la costante crescita dell'utilizzo die dispositivi da parte di ragazzi e bambini sempre più giovani. Ma, dall'altro lato, troppi non dispongono degli strumenti e della preparazione per utilizzarli in maniera sicura

«Dopo l’ennesima sentenza ingiusta sul tema degli abusi sessuali diventata virale online ho capito che social potevano essere il posto giusto dove arrabbiarsi e sensibilizzare la tempo stesso», ha spiegato Giulia, nome di fantasia, intervistata da Save the Children, l’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.

 

«Appena ho caricato il primo video sui social sul mondo delle moto, i numeri sono iniziati ad arrivare, qualche brand ha iniziato a farsi avanti e ho capito subito che poteva diventare un lavoro», aggiunge Francesco. «Sono stata vittima di cyberbullismo da parte di una ragazza che pensavo sere la mia migliore amica. Ha iniziato a creare account falsi lanciandomi insulti pensanti. Mi ha detto che sembravo un cassonetto, che dovevo morire. Per colpa di questa ragazza sono dimagrita molto», ricorda, invece, Sara

 

In Italia il 78,3 per cento dei bambini tra gli 11 e i 13 anni utilizza internet tutti i giorni. Soprattutto attraverso lo smartphone. Si abbassa, infatti, sempre di più l’età in cui i minori possiedono o utilizzano il primo cellulare. E aumenta il numero di bambini tra i 6 e i 10 anni che lo utilizza tutti i giorni: dal 18 per cento degli anni pre-pandemia al 30 per cento di oggi. Cresce il tempo trascorso online, soprattutto per gli adolescenti. A inizio 2023 quasi la metà dei 3.400 11-19enni intervistati ha detto di passare oltre 5 ore al giorno online. Nel 2020 erano il 30 per cento. E il 37 per cento controlla lo smartphone più di dieci volte al giorno.

Questi sono solo alcuni dei dati estratti dalla XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, “Tempi digitali”, di Save the Children. Divulgato dall'ong in vista della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, lunedì 20 novembre. Dal documento, da un lato emergono gli effetti della sovraesposizione al digitale, e di un uso problematico dei social media sempre più diffuso tra i minori. Dall’altro, le conseguenze dell’essere esclusi dalla dimensione online. Per chi non ha accesso alla rete o è privo di competenze digitali.

 

Nella mappa europea sulle competenze digitali dei 16-19enni, l’Italia si posiziona, infatti, quart’ultima: la quota di giovanissimi con scarse o nessuna competenza è del 42 per cento, contro una media europea del 31. Se stingiamo il focus solo su chi ha “elevate competenze" digitali, emerge che parliamo di poco più di un italiano su quattro. A fronte del 50 per cento dei coetanei francesi e del 47 per cento degli spagnoli. Così Save the Children sottolinea la necessità di proteggere e formare i più giovani, in modo che sappiamo affrontare la rivoluzione digitale in atto, «in un’Italia che sconta ancora ritardi e carenze sulla strada per la transizione digitale, collocandosi al 18esimo posto tra i 27 stati membri dell’UE rispetto alla digitalizzazione dell’economia e della società». Anche se è molto cresciuto il numero delle famiglie con accesso alla banda ultra larga: dall’ 8 per cento del 2016 al 52 per cento di oggi. Con la città di Milano in cima alla classifica, Isernia in Fondo. 

 

«Occorre un’accurata analisi dei bisogni e delle lacune esistenti, unita a un intervento per contrastare la povertà educativa digitale, una dimensione della povertà educativa che priva i bambini e i ragazzi delle opportunità per apprendere, sperimentare, sviluppare liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, etico e creativo degli strumenti digitali. Inoltre, è fondamentale ridurre le diseguaglianze e agire affinché i ragazzi acquisiscano le competenze digitali necessarie: la tecnologia può e deve essere una grande opportunità di sviluppo e di democrazia, ma va resa universale e utilizzata secondo regole condivise, altrimenti rischia di acuire le diseguaglianze e creare un esercito di esclusi» conclude Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children.