Meno di un mese fa il professor Francesco Franceschi, direttore dell'area medicina dell'Urgenza e del Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli, ha presentato al comitato tecnico scientifico del Parlamento Europeo a Bruxelles una relazione riguardante il fenomeno del sovraffollamento nei Pronto Soccorso, non solo italiani, ma di tutto il mondo Occidentale: «Tutti i pronto soccorso sono affollati in egual modo in questo momento storico. Il fenomeno interessa tutto il mondo occidentale a causa della crescita numerica dei pazienti fragili, dell'aumento dell'età media e dell'avanzamento delle terapie. Inoltre, quando il territorio non offre soluzioni, allora il punto di riferimento per tutti diventa il Pronto Soccorso e, specialmente nei grandi ospedali delle grandi città, il livello di stress è elevato».
Si sta riferendo anche al Pronto Soccorso del suo ospedale, il Policlinico Gemelli?
«Anche al Gemelli. Ma vorrei rassicurare i cittadini. Se il paziente non viene tempestivamente ricoverato in reparto, perché in quel momento non c'è un posto letto libero, questo non significa che il malato assistito in Pronto Soccorso sia abbandonato a se stesso: all'interno del Pronto Soccorso i pazienti ricevono tutte le cure, i farmaci, le terapie di cui necessitano. Certamente non si tratta di soluzioni comode, perché devono soggiornare su una barella e non hanno una stanza assegnata, ma tutti i pazienti vengono gestiti e curati al meglio già nel Pronto Soccorso».
E quando l'Ospedale non ha abbastanza posti letto per accogliere i malati provenienti dal Pronto Soccorso?
«La Regione Lazio ha emanato un piano per la gestione dell’iperafflusso di pazienti nei Pronto Soccorso. All’interno di questo piano è prevista la possibilità di ricoverare i pazienti non solo all'interno dell'Ospedale afferente al Pronto Soccorso, ma anche presso una rete di strutture sanitarie accreditate, con le quali, proprio perché convenzionate, è possibile interagire al fine di trasferire i pazienti. Queste strutture hanno già agito in tal senso nel corso della pandemia, mostrando una qualità che è stata condivisa da tutte le strutture sanitarie impegnate nel contrastare la diffusione della pandemia e nell’offrire l’adeguata assistenza ai pazienti con e senza Covid. Per questo motivo, un eventuale rifiuto del paziente al trasferimento in uno di questi ospedali con competenze comprovate è ritenuto equivalente alla rinuncia al ricovero, anche all'interno del Gemelli. Per questa ragione altri pazienti con analoga situazione clinica, presenti in Pronto Soccorso da meno tempo e in attesa di destinazione, sopravanzano il paziente che rinuncia, cui comunque continuano a essere assicurate tutte le cure necessarie».
Nel caso descritto da l'Espresso, il paziente aveva una grave polmonite e gli sono state proposte due strutture con altre specialità. Per questo ha rifiutato.
«Per prima cosa va detto che il paziente di cui si racconta nell’articolo è ricoverato da un mese al Gemelli in una stanza singola in regime di Servizio Sanitario Nazionale: questi sono i fatti. Poi, per completezza, è anche il caso di chiarire che gli accertamenti da noi fatti non inducono affatto a concludere che il paziente abbia contratto il Covid nel reparto dove è tuttora degente e smentiscono che il Covid abbia rappresentato un impedimento per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Come prima ricordato, al paziente in Pronto Soccorso sono state proposte due strutture accreditate, ossia rispondenti a standard e requisiti organizzativi, tecnologici e di risorse riconosciuti e accertati come presenti dagli organi di controllo regionali. Due strutture peraltro dotate di personale di grande competenza, entrambe con reparti di medicina interna, idonei dunque alla cura della malattia respiratoria in questione. Il paziente ha rifiutato il trasferimento, ma avendo una grave polmonite non era ovviamente possibile dimetterlo. Subentrato un peggioramento significativo, una volta ottenuta la stabilizzazione dei principali parametri, ricevuta la disponibilità di un posto letto in un reparto del Gemelli in grado di assicurare il monitoraggio costante di parametri essenziali per valutare l’evoluzione del quadro respiratorio e cardiologico, il paziente vi è stato ricoverato, trascorse complessivamente meno di 48 ore dal suo arrivo in ospedale. Detto questo, tutti i pazienti possono avere delle evoluzioni cliniche, ora per ora, giorno per giorno, e prima di effettuare un trasporto in altro ospedale ci sinceriamo delle condizioni di salute; soprattutto siamo noi stessi medici che sconsigliamo il trasferimento quando il fabbisogno di ossigeno supera il 35 per cento».
E se si fosse aggravato una volta trasferito?
«Il trasferimento è bidirezionale. Se il paziente si aggrava allora torna qui, con la massima disponibilità ad accoglierlo. Ma sia chiaro il Pronto Soccorso non ha nulla a che fare con il reparto solventi dell'Ospedale».
Dopo qualche giorno di ricovero in Pronto Soccorso, come l'Espresso aveva raccontato, i familiari del paziente hanno chiesto spiegazioni alla direzione dell'Ospedale, dove gli è stato proposta un'alternativa: un posto letto, al costo complessivo di 20mila euro a settimana.
«Non è possibile un ricovero in attività privata in quella modalità. Le spiego: l’attività libero-professionale intramoenia ruota attorno al medico scelto liberamente dal paziente. Se non si realizza questa condizione, non si può proprio parlare di ricovero né di costi di degenza (giornaliero o settimanale) in regime privato. Come pure non ha senso il riferimento alla Direzione Sanitaria: l’ufficio che gestisce i ricoveri privati (cioè in regime libero professionale) non ha nulla a che vedere con la Direzione Sanitaria. In ogni caso, è comprensibile che i parenti vorrebbero che il proprio caro fosse ricoverato subito – e il nostro obiettivo è quello di ricoverare tutti il prima possibile - ma c'è una priorità da rispettare in base alla gravità delle condizioni cliniche, una lista d’attesa che vale per i ricoveri in regime Ssn come in regime libero-professionale, ma, nel frattempo, tutti i pazienti assistiti in Pronto Soccorso vengono curati qui con la massima attenzione e dedizione».