I soccorritori si preparano a una nuova ondata di arrivi. Il governo ha concentrato la propria battaglia contro le Ong che assistono chi viene dalla Libia ma le traiettorie lungo il Mediterraneo si modificano a seconda delle congiunture geopolitiche. E dai viaggi vip da Est si è passati a quelli dei barconi

A Crotone piove ancora, il cielo è scuro e sulla spiaggia di Cutro restano le tracce dell’ennesima strage del mare. Mentre le squadre di psicologi di Medici senza frontiere e Croce rossa italiana provano ad aiutare i sopravvissuti, i soccorritori sono già pronti a nuovi sbarchi.

 

Il governo di Giorgia Meloni ha ingaggiato l’ennesima guerra contro le Ong che salvano i migranti nel Mediterraneo, davanti le coste della Libia, come fosse l’unica porta verso l’Europa.

 

In realtà, le rotte sono molteplici e se ne aprono di nuove in ogni stagione, ad ogni sconvolgimento climatico o geopolitico. La rotta turca, per esempio, è frequentata già da almeno un anno.

 

L’estate scorsa ne abbiamo parlato proprio qui, quando a Roccella Jonica hanno cominciato ad arrivare imponenti numeri di persone dal Libano e dalla Turchia, appunto.

 

Per mesi e mesi, sulle coste calabre sono arrivati barconi in legno oppure barche a vela, scafi in vetroresina rubati in qualche molo sulla costa di Smirne. Ma l’attenzione della politica è rimasta sul Mediterraneo centrale e su Lampedusa. Poi in Calabria il flusso è aumentato ancora.

Il caso
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«Fino a qualche mese fa, la rotta turca era la rotta dei migranti vip» – ci racconta una delle volontarie della Croce Rossa della Riviera dei Gelsomini. «Quelli che pagavano anche fino a 10mila euro per arrivare fin qui su una imbarcazione solida, anche se super affollata». Poi, però, qualcosa è cambiato. «I barconi in legno, quelli più malconci arrivavano dal Libano mentre dalla Turchia arrivavano un certo tipo di natanti. Di recente, però, anche da lì hanno iniziato a partire scialuppe in legno – ha spiegato ancora la volontaria – oppure pescherecci marci e riempiti così tanto che il pelo dell’acqua è poco sotto il bordo della barca». Probabilmente è proprio per il peso eccessivo, insieme al mare in tempesta, che il barcone su cui c’erano uomini, donne e tanti bambini si è schiantato al largo di Cutro.

Il fenomeno
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I migranti erano partiti da Smirne e sembra che non si conoscessero tra loro, almeno così hanno raccontato i superstiti ai volontari che li stanno aiutando in queste ore. “I viaggiatori si mettono in contatto con i mediatori tramite sms – ci spiega una fonte in Turchia – magari arrivano al punto d’imbarco all’ultimo momento. Spesso i mediatori cambiano il punto d’incontro per sicurezza, nel cuore della notte. Non sempre queste persone si conoscono già, ma qualcuno sì. Ho visto ragazzi afgani rincontrarsi per caso dopo aver fatto tratti del tragitto da Herat insieme. Poi si sono separati”.

 

C’è un aumento delle partenze? Chiediamo. «Sì, soprattutto nei giorni successivi al terremoto» – ci spiega ancora la nostra fonte a Smirne. «Molti hanno racimolato i soldi e hanno pagato. Per questo i mediatori stanno usando ogni tipo di imbarcazione che trovano sottomano, qualunque cosa con quattro assi di legno e un motore».

 

La tragedia di Crotone ha occupato le prime pagine dei media, ma non è la prima e purtroppo non sarà l’ultima strage di migranti in mare. “Non devono partire”, ha detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, mentre la premier Giorgia Meloni si è scagliata contro i trafficanti. «Le risposte che hanno dato le autorità italiane sono poco più di uno scaricabarile. Un ennesimo schiaffo alle vittime e ai sopravvissuti di questa tragedia, come di altre», ha commentato Marco Bertotto di Medici senza frontiere. «Abbiamo sentito l’inapplicabile ricetta delle partenze da impedire e dell’accanimento sui trafficanti, che spesso sono stesso migranti cui si chiede di guidare la barca in cambio del viaggio gratis. Quel che serve è un meccanismo serio di salvataggio». Servono corridoi umanitari legali e un coordinamento europeo di soccorso in mare, anche sul lato dello Jonio.

 

A Roccella il maltempo non dà tregua, ma i soccorritori sono sempre e comunque in allerta. Anche perché le partenze dalla Turchia avvengono tutte insieme oppure sono molto ravvicinate. Se il barcone naufragato è arrivato ieri sulle coste calabresi, potrebbe essercene un altro in navigazione. «Dipende molto anche dalle condizioni del mare lungo il percorso, che è molto lungo», spiegano dalla Croce Rossa. Dalla Turchia all’Italia, infatti, il viaggio dura fino a dieci giorni ed è molto difficile. Per il freddo, la mancanza di cibo e acqua, per le alte onde. «Ma partire per cercare una speranza è meglio che arrendersi e morire, ci dicono le persone che arrivano», raccontano gli operatori di Msf che già l’estate scorsa prestavano soccorso al porto della Grazie di Roccella Jonica. Sulla spiaggia di Cutro, intanto restano le tracce di quelle vite spezzate a pochi metri dalla riva, a pochi metri dal futuro.