Pierluigi Concutelli è morto. Leader di Ordine Nuovo e killer del giudice Vittorio Occorsio, si è portato via i segreti di un'Italia scivolata via, intrighi e malaffare. La sua scomparsa inabissa i misteri di quegli anni neri fitti di morti e misteri, di violenza efferata e progetti eversivi, sui quali concorrono in molti, racconta a L’Espresso Eugenio Occorsio, giornalista e figlio del magistrato ucciso nel 1976.
Oggi Occorsio ha 67 anni, ne aveva 20 quando suo padre è stato ucciso: «Erano anni di fortissime tensioni, manifestazioni per strade e risse fuori e dentro le scuole. Il terrorismo toccava la sua punta apicale, con le sue vittime e le sue stragi». La strada finale del padre si sviluppa nell’arco di nove anni: nel 1967 ha condotto la pubblica accusa nel processo Sifar, nel 1969 l’indagine su piazza Fontana e nel 1972 il primo processo. Nel 1973 ha fatto condannare trenta dirigenti di Ordine Nuovo per ricostituzione del Partito fascista, l’anno dopo è stato decretato lo scioglimento dell’organizzazione. Nel 1976 l’epilogo.
«Anni tremendi, c’era violenza ad ogni livello, dalla scuola alle strade, ci si menava di santa ragione. Si lasciava la pelle. Di tutto questo, gli anni delle stragi erano la vicenda più inquietante. La più misteriosa. Tutte o quasi ordite dalla destra. Ma qual era il disegno? Concutelli dice che bisognava “fermare le ondate progressiste che attraversavano il Paese”. Ma era davvero solo questo?».
È proprio questo che non riesce a digerire Occorsio, la morte del killer di suo padre lascia l’Italia davanti a una gigantesca porta chiusa. «Concutelli non si è mai pentito. La sua morte rappresenta un’occasione persa con la storia. Si è portato nella tomba i segreti su questo terrorismo nero, commistioni con i fascisti di ogni ordine e grado sono ancora tutte da interpretare. Questo Ordine nuovo cos’era diventato? Il braccio armato della destra internazionale? È difficile dire che sia frutto della sua mente. Mio padre aveva messo le mani su tale verminaio di commistioni dalla P2, servizi deviati, Piazza Fontana. E per questo è stato perseguitato e depistato dai servizi in maniera clamorosa».
Un “grumo di potere”, dice Occorsio, che non è stato ancora sciolto.
«Le trame sono tutte da chiarire. La storia ci dice che il tempo è relativo di fronte alla verità e alla sua ricerca. Pensiamo al fatto che nel 2022, dopo 42 anni, è stato riconosciuto Licio Gelli colpevole della strage di Bologna. Sono indagini infinite ma è una necessità democratica». È questo appuntamento mancato con la storia che genera una rabbia che pesa: «Concutelli non ha mai detto nulla neanche per smentire accuse: chi c’era dietro servizi di allora, fascisti internazionali? Come è maturato l’omicidio? Mio padre indagava su una serie di vicende connesse tra di loro depistaggi servizi segreti, P2, Gelli, il clan dei marsigliesi. Trame che rimandavano all’ambienti dell’estrema destra. Questo dispiace. Poteva dirlo, fare chiarezza. Era dovuto allo stato democratico».
Ed entra con semplicità in un terreno complesso: il perdono, la memoria, l’ambiguità dei propri sentimenti e nei sentimenti, è chiaro, alberga la storia. «Io sono contro l’ergastolo ostativo, lui si è fatto 30 anni di galera che sono un’enormità. Di qualsiasi colpa si fosse macchiato, ha espiato la sua colpa. Una punizione più che sufficiente. Sul perdono ci sto lavorando. Con lui non ho mai avuto un contatto, non mi ha cercato e non l’ho cercato io. Ma alla fine, “perdono” è una parola rigida e che pesa, quello che serve, adesso, è non farsi divorare dall’odio. Bisogna accogliere quello che la vita ci presenta, non si può coltivare il livore, macina dentro e aggrava il danno».