Hanno dai 18 ai 36 anni. Studiano o lavorano e vengono da tutta Italia. E raccontano come i prezzi proibitivi e le condizioni-capestro dei contratti mandino in fumo il loro diritto all’abitazione

Giuseppe, 22 anni, lascia Palermo nel 2019 per trasferirsi a Milano. L’occasione è quella di un master in Comunicazione che gli dovrebbe permettere, chissà, di avverare il suo sogno lavorativo. Mette in valigia tutti i suoi vestiti e tanta voglia di realizzarsi, ma non tiene in conto di dover condurre anche un’altra battaglia prima di dedicarsi alla sua carriera. «Seicento euro al mese per dieci metri quadrati di stanza», racconta: «Poi, da un giorno all’altro, mi sono ritrovato la casa piena di telecamere. Il proprietario voleva controllarci a vista per individuare eventuali danneggiamenti all’immobile».

Denunce per violazione della privacy non sono la norma, ma nelle oltre cento interviste realizzate per questa inchiesta un campanello d’allarme ricorrente c’è. «Prezzi e appartamenti accessibili sono un miraggio, ci sono voluti mesi prima di sistemarmi», spiega Niccolò, da Torino. «Settimane di colloqui, locatari che spariscono senza rispondere più: un incubo», dice Lucia, da Bologna.

L’Espresso, attraverso le testimonianze di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 36 anni provenienti da tutta Italia, racconta in che modo il caro affitti e le difficili condizioni abitative stiano allontanando le nuove generazioni dai loro sogni, trasformando il loro diritto all’abitazione in un privilegio.

Di fronte all’aumento dell’inflazione e alla stagnazione dei salari, i giovani si ritrovano davanti a due possibilità: rimanere a casa dai genitori oppure adattarsi a condizioni abitative estreme. A raccontarlo l’indagine di Immobiliare.it che conferma il primato di Milano come città più cara d’Italia per quanto riguarda i prezzi d’affitto di camere singole e doppie, tradizionalmente dedicate a studenti e giovani lavoratori fuorisede. Per la prima volta il capoluogo lombardo sfonda quota 600 euro per una singola (620 euro). Per un posto letto in doppia, invece, ne servono circa la metà (321 euro). Significativa la differenza di prezzo rispetto a Roma, seconda classificata. Nella capitale, infatti, per una singola si pagano in media 465 euro, 248 per la doppia. Seguono Padova e Firenze, dove per affittare una singola servono poco più di 450 euro. Si trova poi Bologna in quinta posizione, con 447 euro. Torino e Venezia si attestano a quota 360 euro, Napoli a 337.

Anche i bilocali, ricercati soprattutto dalle giovani coppie per dividersi le spese di locazione, cominciano a diventare proibitivi. Secondo un report di Abitare Co., per un appartamento di 70 metri quadrati nelle principali città metropolitane occorrono in media 945 euro al mese, escluse le spese condominiali. Con picchi che vanno dai 1.365 euro di Roma ai 1.300 di Milano.

Dati confermati anche dall’International Rent Index di HousingAnyWhere – che prende come riferimento la forchetta massima di prezzo – secondo cui il capoluogo meneghino è la quarta città d’Europa per il caro affitti: si toccano vette di 1.825 euro per un appartamento e di 735 per una stanza. Più cara di Parigi, Berlino e Monaco di Baviera.

E anche le altre italiane non scherzano: a Roma un appartamento può raggiungere i 1.700 euro mensili, una stanza i 539 euro. A Firenze, 1.450 euro per un appartamento e 530 per una stanza. Torino, la più economica delle quattro, arriva a picchi di 1.000 euro al mese per un appartamento e di 510 per una stanza.

Le interviste a giovani affittuari nelle città di Milano, Roma, Firenze, Bologna, Torino e Napoli confermano questi dati. «Mandiamo i bamboccioni fuori di casa», disse nel 2007 l’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa.

Tuttavia, agli under 36 del nuovo millennio per andare fuori di casa non basta lo spirito di intraprendenza: devono anche essere in grado di pagare ogni mese un canone di affitto non commisurato al proprio reddito. Sintomo di una domanda fuori controllo, per cui l’offerta è sfociata ormai nella speculazione, come dimostrano pure le richieste stringenti degli stessi locatori: dai colloqui, talvolta più duri di quelli lavorativi, all’impossibilità di affittare l’immobile a chi non possiede un contratto a tempo indeterminato, fino al versamento di almeno due mesi di caparra (clausola riportata dal 43,6 per cento degli intervistati) e di alcune mensilità d’affitto anticipate. «Una sorta di “assegno d’ingresso”. Alla fine, ti ritrovi a pagare quasi quattromila euro, di norma, prima di mettere piede in casa», racconta Leonardo, da Milano.

Cifre che nella maggior parte dei casi obbligano il giovane a chiedere aiuto alla propria famiglia oppure a continuare l’estenuante ricerca, fino alla decisione «di accettare qualsiasi situazione per disperazione», come afferma Ana, da Firenze. E persino ad accogliere l’ipotesi di accantonare il regolare contratto d’affitto per accettare l’immortale “nero”, presente nelle interviste nell’11,9 per cento dei casi.

«Il primo anno avevamo un contratto normale; poi, durante la pandemia, ci è stato abbassato il canone, ma in nero», dice Alessandra, da Roma: «Una riduzione durata poco, perché successivamente il proprietario ha deciso di aumentare nuovamente la quota, ma senza contratto, minacciando di cacciarci di casa se non ci fossimo rassegnati». E forse è proprio il sentimento diffuso di accettazione, frutto di quella mentalità che vede nel sacrificio e nella sofferenza il segreto del successo, una delle concause di questo fenomeno.

A onor del vero, il 34 per cento degli intervistati è tutto sommato soddisfatto delle condizioni dell’immobile in cui vive e del rapporto qualità-prezzo. E anche a livello istituzionale, qualcosa si sta muovendo. Se da una parte il bonus affitti, conosciuto dal 28,8 per cento degli intervistati e utilizzato solamente dal 2,5, si rivela per l’ennesima volta un buco nell’acqua, dall’altra esistono soluzioni concrete, seppure poco diffuse, per calmierare i canoni e per renderli accessibili a sempre più giovani.

Tra queste l’affordable housing, una nuova formula abitativa che, attraverso la riqualificazione di alcune aree della città, offre appartamenti e alloggi universitari a prezzi migliori. Come nel caso di Redo Sgr, società che gestisce il Fondo Immobiliare di Lombardia, la quale permette a circa seimila giovani di affittare appartamenti di 70 metri quadrati a Milano al prezzo medio di 540 euro al mese. O come Fabrica Immobiliare Sgr, società di cui è maggior azionista il Gruppo Caltagirone, che ha già realizzato operazioni di social housing in regioni del Centro e del Sud Italia e di student housing (è il primo operatore a investire in questo segmento) con dieci strutture ubicate nelle principali città universitarie del Paese: un totale di circa 5.500 posti letto a disposizione. O ancora, come Porto 15, primo cohousing pubblico di Bologna: un modello abitativo nato in Scandinavia negli anni ’60 che combina l’autonomia dell’abitazione privata con la condivisione di spazi e servizi comuni. Nell’esperienza bolognese, 18 nuclei familiari vivono in appartamenti di dimensioni ridotte e a canone calmierato, dai 290 ai 390 euro.

Tariffe che neanche gli istituti religiosi riescono a garantire, nonostante «dare una casa al lavoro e allo studio» sia una delle loro missioni fondative. La Casa del Giovane Lavoratore Don Orione a Milano, attualmente sold out come gran parte di queste strutture, chiede 355 euro al mese per un posto letto in una camera doppia e 285 euro per uno in quadrupla. Prezzi, peraltro, a cui vanno sommati 12 euro al mese di wifi, un minimo di 24 euro di lavatrice e asciugatrice, considerando un bucato settimanale, 25 euro per ospitare parenti di primo grado e 30 euro per quelli dal secondo in poi. Escludendo, di fatto, la possibilità di ospitare un amico o una compagna.

L’istituto femminile Suore della Carità di Sant’Anna, a Roma, alza ancora di più l’asticella: 650 euro al mese per una camera singola e 500 euro per un posto letto in doppia, a cui sommare 120 euro di iscrizione annuale e 130 euro l’anno per il wifi. E se si vuole anche mangiare? Settecento euro per la colazione inclusa e 850 euro per la mezza pensione. Fa riflettere la circostanza che il suo claim reciti: «Carità fatta ospitalità». Alla faccia della misericordia.