«Un’illusione collettiva». Così a L’Espresso Matteo Villa, ricercatore senior e co-leader del DataLab dell’ISPI smentisce, numeri alla mano, la propaganda di governo su immigrazione e sbarchi.
Un’ondata di cinismo (Piantedosi che, con i cadaveri ancora caldi, aveva attaccato i migranti per essere partiti dalle coste di Smirne), di slogan e dati che si infrange contro le analisi e i dati dell’analista specializzato in trend geopolitici e geoeconomici, negli ultimi anni ha seguito le tendenze migratorie
Il governo cita con insistenza un paragrafo del rapporto annuale dei servizi segreti italiani dove si legge «l’aumento del soccorso in mare effettuato dalle navi ong». Ma lei insiste dicendo l’accusa dei servizi segreti alle Ong di fare da "pull factor" non è suffragata da alcun dato. Può spiegarci perché ?
«Forse la cosa più interessante è che siamo stati vittime di un’illusione collettiva: in nessun punto della relazione dei servizi segreti si sostiene che le Ong sarebbero un “pull factor”. Le poche frasi contenute nella relazione sono state strumentalizzate da alcuni giornali di destra. E d’altronde i servizi non potrebbero permettersi di fare un’affermazione del genere: tutti i dati giornalieri che ho raccolto dal primo gennaio 2018 dimostrano che, quando le Ong arrivano in area SAR libica, non aumentano le partenze».
Il ministro Piantedosi insiste non “devono partire”. Può essere una soluzione?
«Può essere una soluzione per portare a zero il numero delle morti in mare, ma a quel punto porteremmo quasi a zero anche il numero delle persone protette in Italia. E ne condanneremmo molte altre a una vita infernale, per esempio nei centri di detenzione libici. Non ci sono significativi canali legali per entrare in Italia che siano rivolti alle persone che intraprendono rotte irregolari. Anche perché, vista la pericolosità di molte di queste rotte, se ci fossero è evidente che queste persone tenterebbero quella strada, e non questa».
A proposito di soluzioni possibili: i corridoi umanitari sono un’alternativa ai viaggi in mare?
«Per chi, una volta arrivato in Italia, avrebbe grandi probabilità di qualificarsi come rifugiato, i corridoi umanitari sono un’alternativa validissima. Siriani, afghani, iraniani, iracheni, eritrei: tutte queste nazionalità hanno tassi di protezione in Italia vicini o superiori al 90 per cento. Il problema è che i corridoi vengono spesso utilizzati più per pulirsi la coscienza che come valida alternativa. Tra il 2015 e oggi, con i corridoi sono entrate poco più di 5.000 persone. Nello stesso lasso di tempo sono sbarcate 700.000 persone, di cui circa la metà (350.000) ha ottenuto una protezione in Italia. Di cosa stiamo parlando?».
Un’altra narrazione cara alla maggioranza: degli sbarchi in Italia dal Mediterraneo orientale (Turchia in testa) sono dovuti al terremoto
«No, per adesso non c’è alcuna indicazione per dirlo. La rotta che collega direttamente la Turchia all’Italia ha iniziato ad aprirsi dal 2020, e negli ultimi due anni gli arrivi sono più che triplicati, da 5.000 a 16.000 persone l’anno. Come si vede era una tendenza apparente da ben prima del terremoto, e che ha probabilmente più a che fare con il fatto che la rotta che porta in Grecia e, da lì, nei Balcani occidentali prima di raggiungere l’Europa occidentale, è diventata sempre più ostile e rischiosa per i migranti. Che dunque preferiscono pagare molto di più per un viaggio verso l’Italia, per poi da lì tentare di varcare le Alpi e proseguire verso nord».
Tiriamo le somme: con il governo Meloni sono aumentati gli sbarchi o diminuiti?
«Dal 22 ottobre 2022 a fine febbraio 2023 gli sbarchi in Italia sono stati quasi 43.000, mentre nello stesso periodo dell’anno scorso ci eravamo fermati sotto quota 22.000. Praticamente un raddoppio, e oltretutto un trend che ancora non “vede” il raggiungimento di un naturale plateau, figurarsi una diminuzione. Tutto questo accade pur di fronte a un crollo dell’attività delle Ong, passata dal 20 al 7,5 per cento di salvataggi rispetto al totale degli sbarchi in Italia. A dimostrazione che non è l’attività delle navi Ong in mare a influire sul numero dei migranti che partono».