I Paesi in cui è legale, quelli in cui è vietata, aperta solo alle coppie eterosessuali sposate o anche a quelle gay e ai single, le forme retribuite e quelle altruistiche. Per fare chiarezza sulla Gpa

«Può aiutarci a trovare una donna che faccia un bambino con il seme di Tom per darcelo?». Così nasce la prima surrogata al mondo. Lo racconta nel suo libro “The Surrogate Mother” Noel Keane, avvocato del Michigan  che un giorno riceve la richiesta. Siamo negli Stati Uniti a metà anni ‘70: le coppie iniziano a rivolgersi ad avvocati (o a fare annunci sui giornali) per trovare una donna disposta a fare una gravidanza e cedere il bambino. Sono persone facoltose, a volte nobili, che pagano anche 10mila dollari (una cifra altissima per l’epoca) pur di mantenere la propria discendenza familiare. «Ogni volta che parlavamo di adozione, Tom ricominciava con la sua pazza idea di trovare una da inseminare artificialmente». Oggi il motivo principale che i committenti eterosessuali (che ne beneficiano nel 70 per cento dei casi) scrivono nei questionari di richiesta, è l’infertilità.

Da allora il mercato si è ampliato, anche se riguarda pochi Paesi al mondo e con legislazioni variabili. La richiesta è in costante crescita a fronte di un’offerta di madri surrogate limitata. I dati a diposizione però sono pochi: non esistono abbastanza studi e statistiche e chi lavora in questo settore è riluttante a rendere pubbliche le informazioni. Una stima del Global Market Insights, di dicembre 2022, valuta il mercato mondiale in 14 miliardi di dollari e stima che entro il 2032 arrivi a 129 miliardi di dollari.

Analisi
La legge per rendere la maternità surrogata un reato universale per i giuristi è “fantapolitica”
22/3/2023

UCRAINA: LA META DEGLI ITALIANI
Nella sua forma retribuita, detta anche surrogata commerciale, quando la gestante cioè riceve un pagamento, i Paesi a cui si rivolgono di più i cittadini italiani sono Ucraina e Russia, economicamente più accessibili di Stati Uniti e Canada.

In Ucraina la maternità surrogata è considerata una cura contro l’infertilità, possono ricorrervi solo le coppie eterosessuali sposate, che mettono a disposizione il 50% del patrimonio genetico. Sono garantiti i cosiddetti “diritti dei genitori intenzionali”: in pratica se viene utilizzato per l’impianto l’ovulo della donna committente, sul certificato di nascita comparirà lei come madre e non la madre surrogata che ha portato avanti la gravidanza. Questo in realtà avviene in molti Paesi, ma il consolato italiano ne terrà conto, avvertono le agenzie, una volta tornati in Italia è la madre committente deve adottare il bambino.

Le cliniche in Ucraina sono numerose e offrono pacchetti consultabili anche online: in media si parte da 30mila euro fino a 50mila, ma ci sono anche pacchetti “vip” da 70mila; cambiano i servizi offerti: tentativi illimitati di impianto dell’embrione (anche in caso il bimbo morisse entro i primi due anni di vita), diagnosi pre impianto per verificare non ci siano malattie genetiche, riduzione dei mesi di attesa, fino alla possibilità di scegliere il sesso del bambino.

In realtà a far variare i prezzi di una surrogata, spiega il sito Gestlife (un’agenzia che ha uffici in sei Paesi) è proprio la ricerca della madre surrogata. Non sono molte quelle che si prestano, per questo: «Il nostro primo consiglio è di non contrattare con una surrogata. Le madri surrogate parlano tra loro e chi accetterebbe 17.000 dollari quando potrebbe riceverne 24.000?», avvertono, quindi la clinica consiglia «di tenere sempre in tasca 2000 o 3000 euro, nel caso in cui sia necessario aumentare il compenso».

Alla gestante di solito vanno 15mila euro più vari rimborsi da parte delle cliniche come una diaria di circa 200 al mese per vivere che permette loro di non lavorare e dedicarsi alla gravidanza (in Ucraina uno stipendio medio è di 200-300 euro).

Con la guerra nel Paese, la Georgia è diventata una valida alternativa, qui la maternità surrogata dal 1992 è possibile solo per coppie eterosessuali sposate. Il costo varia dai 30 ai 50mila euro. Vicino alla Georgia c’è l’Armenia, dove la surrogata è legale dal 2002, sia retribuita che non, possono accedervi sia le coppie eterosessuali sia quelle omosessuali e le persone single. C’è poi il Kazakistan ma i costi sono più elevati che in Ucraina.

In Europa la maternità surrogata è legale anche in Danimarca, Belgio, Ungheria, Regno Unito, Bulgaria, Paesi Bassi e Grecia, ma solo nella sua forma “non retribuita” o “altruistica”, quando cioè la gestante non riceve un compenso in denaro (esclusi i pagamenti per le pratiche mediche e rimborsi a vario titolo) e in alcuni casi solo per i residenti (come Grecia e Regno Unito). Le cliniche sono poche e le surrogate scarseggiano, le regole per ricorrere al servizio sono molto restrittive, per questo restano mercati limitati.
Ci sono anche Albania e Repubblica Cecoslovacca, che prevedono sia con retribuzione che senza, ma le procedure amministrative sono difficili e lente, il costo è intorno ai 60mila euro a gravidanza.

LA RUSSIA CHIUDE AGLI STRANIERI
La Russia è stata una meta italiana per molto tempo, ma da maggio 2022 non è più aperta agli stranieri. Sono diverse le motivazioni, ma in cima c’è lo sfruttamento di donne povere e spesso abbandonate dai propri mariti e una legislazione molto blanda.

La Russia ha introdotto la surrogata nel 2012. Esistono un centinaio di cliniche nel Paese metà delle quali si trovano a Mosca. Il costo medio è di poco più di 30mila euro, di cui circa 13mila restano alla madre surrogata (una cifra importante considerato che lo stipendio medio in Russia è di 450 euro mensili). Si stima nascano due-tremila bambini l’anno, numero che certamente si ridurrà con la nuova legge.

Prima potevano richiederla coppie eterosessuali e donne single (con un comprovato passato medico di fallimenti gestazionali o con malattie o cronicità che impediscono una gravidanza), negli ultimi anni grazie ad alcune sentenze ci sono stati casi di uomini che hanno potuto accedervi e senza che il nome della madre surrogata apparisse nel certificato di nascita.

Diritti
«Ho partorito un figlio per una coppia gay italiana: Meloni ascoltaci»
24/3/2023

CANADA
In Canada, tranne per il Québec, la maternità surrogata è legale dal 2007 e non c’è retribuzione per le madri surrogate. Negli ultimi anni il Paese ha visto arrivare molti stranieri con la richiesta di una gravidanza: metà delle surrogate sono commissionate da non residenti. I motivi sono diversi: il Canada non discrimina sulla base dello stato civile o dell’orientamento sessuale, apre alle coppie omosessuali, concede i diritti legali ai genitori e i tempi sono ristretti, sia per la dichiarazione che designa la coppia come legale (pochi giorni), sia per il certificato di nascita (poche settimane) e per il passaporto.

In Canada se si paga una madre surrogata si rischiano fino a dieci anni di carcere e 500mila dollari di multa, questo divieto però non vale per i committenti stranieri. Il risultato è che i committenti canadesi si sono spostati fuori dal Paese, mentre per quelli stranieri è stato un vantaggio: data la scelta tra essere pagati e non essere pagati, i surrogati canadesi, possano scegliere di essere pagati.

Sul possibile sfruttamento o compravendita che la legge vieta, ammettono le autorità canadesi, non ci sono ancora abbastanza ricerche e in molti lamentano che parti della legge siano vecchie. Su questo c’è anche la questione di chi paga i costi sanitari, al momento sono tutti a carico del sistema sanitario canadese, e non per tutti i cittadini dovrebbe essere così, in particolare per i committenti stranieri. Ci sono infatti costi che si aggiungono a quelli dell’assistenza completa alla gravidanza, come le complicazioni mediche, i parti prematuri, le cure neonatali.

STATI UNITI
Per lungo tempo e ancora oggi gli Stati Uniti si possono considerare come punto di riferimento internazionale per la maternità surrogata. L’ultimo studio uscito parla di 18mila bambini nati tra il 1999 e il 2013. Pionieri del mercato, la maternità surrogata è legale, retribuita e non, in Arkansas, California, Florida, Illinois, Texas, Massachusetts, Vermont; mentre è consentita solo quella non retribuita negli stati di New York, New Jersey, New Mexico, Nebraska, Virginia, Oregon, Washington. I costi sono i più alti al mondo, variano tra i 120mila e i 140mila euro per un singolo bambino, per un parto gemellare si va sui 200mila. Queste cifre però possono lievitare di molto a fronte di complicazioni del parto o assistenza post partum per partoriente e bambini.

Uno degli ultimi Stati ad approvare un regolamento è stato quello di New York, entrato in vigore a gennaio 2021. Il Child-Parent Security Act è considerata oggi una legge moderna perché aggiorna in gran parte quelle esistenti e presta attenzione a temi spesso ignorati. La “Carta dei diritti dei surrogati gestazionali” conferisce alla surrogata il diritto di prendere tutte le decisioni sanitarie e assistenziali riguardanti se stessa e la gravidanza. Le madri surrogate gestazionali hanno diritto a un consulente legale indipendente, un piano di assicurazione sanitaria completo, una polizza di assicurazione sulla vita e possono rescindere il contratto prima del concepimento. Oltre al risarcimento (che in genere va da 40mila a 70mila dollari), tutti i costi associati devono essere pagati dagli aspiranti genitori, salvo decisione contraria della madre surrogata.

Un aspetto problematico infatti delle surrogate negli Stati Uniti sono i contratti stringenti a cui possono essere sottoposte alcune gestanti. Se ne trovano molti online. Chi si batte contro la pratica denuncia in molti casi un controllo quasi totale delle madri surrogate: dieta, stile di vita (alcool, fumo, attività fisica, viaggi…) o divieto di rapporti sessuali (spesso si preferiscono le donne lesbiche). Si arriva a chiedere che la gestante non si tocchi la pancia, che non parli con il feto che cresce dentro di lei o che al contrario gli canti alcune canzoni, che al momento del parto la donna non prenda in braccio il figlio, che non lo allatti o che non incroci neppure lo sguardo.

Ci sono poi gli obblighi medici, l’impossibilità di interrompere la gravidanza (anche in caso di gravi malattie) o l’aborto selettivo: nel caso ad esempio i committenti vogliano un figlio solo e la gestante rimanga incinta di due. Ci sono stati casi in cui non si è trovato accordo perché la madre surrogata si è rifiutata di abortire. Alcuni di questi aspetti medici sono superati dalla carta di New York, grazie alla quale la gestante può decidere come partorire (se con cesareo o no), se abortire o meno gli embrioni, può scegliere il medico e anche se terminare la gravidanza qualora non se la senta.

Quello che però è ancora non preso in considerazione negli Stati Uniti, come negli altri Paesi, sono gli aspetti medici conseguenti al parto e non coperti dalle assicurazioni mediche. Il primo è la manifestazione della depressione post partum senza figlio. Ma anche aspetti precedenti alla gravidanza: molte surrogate ignorano realmente quello che affronteranno, e vale anche per le donatrici di ovuli sottoposte a pratiche altamente invasive. Per questo negli Usa si stanno formando gruppi e app per unire le diverse esperienze e darsi consigli.

 

IL CASO INDIA 
In Asia per anni il paese più noto per i committenti di tutto il mondo è stato l’India (sia per coppie eterosessuali, sia omosessuali) dove la surrogata è permessa dal 2001. Il tasso di povertà altissimo ha permesso al Paese di disporre di una quantità enorme di madri surrogate, spesso costrette dalla famiglia ad affrontare le gravidanze. Nel giro di pochi anni l’India è diventata la principale meta di quello che viene definito “turismo riproduttivo”, con la nascita di migliaia di cliniche e di agenti “a caccia” di donne povere. Per un giro di quasi 400milioni di dollari l’anno (altre stime sono molto più alte) e con committenti provenienti anche da Paesi in cui è legale per i prezzi economici: tra i 18 e i 27 mila euro. Ma le cose sono cambiate.

Dopo numerosi scandali sullo sfruttamento delle donne e la mancanza per loro di tutele legali, ma anche la scoperta di traffici illegali di ovuli, il governo indiano ha cambiato la legge. Un caso in particolare nel 2014 fece scoppiare il sistema: una coppia australiana aveva abbandonato uno dei due figli nati dal parto, preferendo la femmina al maschio. L’anno dopo il governo non ha più permesso ai non residenti di accedere alla surrogata. Resta per i cittadini indiani, coppie sposate e infertili. In seguito è stata proprio abolita la possibilità di retribuzione, sempre per gli stessi motivi, ma non è detto che ci sia un cambio di leggi con i governi futuri. Anche perché le cliniche esistono e attivisti denunciano il mercato clandestino con le stesse modalità di sfruttamento.

Per molte indiane è stata la fine di ogni possibilità di cambiare la propria vita e per questo hanno anche protestato fuori dalle cliniche chiedendo regole più stringenti, ma non l’abolizione. Con una surrogata infatti le donne indiane potevano coprire anche quindici anni di lavoro e spesso non si fermavano a un parto. Pagate dai 3mila ai 7mila euro, quando lo stipendio medio è di 33 euro al mese.

 

Per gli stessi motivi di sfruttamento anche Thailandia e Nepal nel 2015 hanno chiuso i battenti agli stranieri. Ha fatto lo stesso nel 2021 il Messico, ma alcune agenzie per aggirare la legge fanno partorire le gestanti nel confinante Texas.

Gran Bretagna, Sud Africa e Israele invece non hanno mai permesso la maternità per i non residenti.

 

CUBA
Caso particolare è la recente legalizzazione a Cuba, che ha riformato il diritto familiare aprendo anche ai matrimoni omosessuali: la maternità surrogata è permessa senza retribuzione (salvo spese mediche) e solo tra persone unite da legami familiari o strette affettivamente (non si sa come questo legame sarà comprovato), è aperta ai singoli e alle coppie omosessuali, solo a fronte d’infertilità.