Per festeggiare i suoi 40 anni di vita, il Circolo espone parte del suo archivio al Mattatoio di Roma

Mario Mieli, in mostra la storia della comunità Lgbt

“Rivoluzionari3” contro reazionari, una schwa inclusiva e universale a opposizione del maschile patriarcale. Perché la battaglia contemporanea si gioca, nel mondo social e de-corporizzato, anche sul linguaggio e sul suo valore formativo. E già il titolo, con quella “3”, è una dichiarazione d’intenti di una mostra viva, basata su significati e rivendicazioni.

Il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, oggi presieduto da Mario Colamarino, festeggia il 40esimo anno di vita e di attività/attivismo e riversa negli spazi del Mattatoio, a Roma, parte del suo sterminato archivio. La mostra inaugura il 28 giugno e rimarrà aperta un mese; la cura è affidata al punto di vista e alla sensibilità di due giovanissimi, Davide Lunerti e Ilaria Di Marco, che quarant’anni a malapena li hanno insieme.

Non solo un viaggio nella storia del Circolo, attraverso le immagini, i documenti e le testimonianze: la protagonista è l’intera storia della comunità Lgbt+ in Italia negli ultimi 40 anni e il suo ruolo nella società, racconti che de facto si sovrappongono.

La prima sezione della mostra è dedicata agli inizi dell’associazione, nata dal compattarsi di diverse realtà (Narciso, Fuori!, Cuor). Si vedono le fotografie dei fondatori, Marco Sanna, ad esempio, e di quel Mario Mieli a cui è intitolato il circolo, che nel 1983 si è tolto la vita appena trentenne.

Emozionanti le immagini dei campeggi estivi organizzati dall’associazione: abbandonati per il tempo di una vacanza le lotte e pure tutti i vestiti, emerge la gioia dello stare finalmente insieme, finalmente protetti.

Gli anni ’80 sono gli anni del grande nemico: l’Aids. Il Circolo Mario Mieli sensibilizza la società sul tema e in contemporanea assiste i malati, stringe accordi con l’Istituto Spallanzani. Brillano per ironia, nonostante la disperazione del tema, i volantini informativi creati all’epoca che vengono esposti a testimonianza di quel periodo nefasto. Occorrono i soldi per combattere contro l’Aids e, allora, per autofinanziarsi, nel 1990 nasce il Muccassassina; presto diventa una serata cult, l’umanità più variegata trova un palcoscenico dove esprimersi e divertirsi.

La notte è conquistata, ma ora bisogna ballare alla luce del sole. Nasce il primo Pride romano, nel 1994, e poi ecco il Word Pride che diventa una questione di Stato: è il 2000, l’anno del Giubileo, l’allora presidentessa del Circolo Mario Mieli, Imma Battaglia, ruba la scena pure a papa Giovanni Paolo II; la parata invade Roma, le televisioni, la comunità si scopre immensa, rilevante, lo stigma dell’isolamento cade. Inizia il presente, ma con ancora oggi molti diritti che mancano all’appello.

L’ultima sala è quella più intima e a noi contemporanea: cinque video-interviste, cinque auto-narrazioni di persone danneggiate dalla mancata approvazione del ddl Zan. A dare voce alle proprie istanze sono: Carmelo Comisi, presidente del Disability Pride, Leila Pereira Daianis e Martina Arroyo Rincon dell’associazione Libellula che sostiene i diritti delle persone trans, Alessia Crocini, presidentessa dell’associazione Famiglie Arcobaleno, e Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford che si occupa di assistenza legale alle persone Lgbt+.

Nel nome di Mario Mieli, da cui in fondo è partito tutto e la cui influenza è spesso sottovalutata. Un rivoluzionario vero, a partire dall’outfit, dal pensiero, dal linguaggio. Fondamentali per i gender studies dei decenni a seguire le sue riflessioni sull’«educastrazione», sul transessualismo. Alla sua morte, quello che era il fuoco ribelle della rivoluzione ha lasciato il posto all’inesorabile marea dell’evoluzione. E fermatela voi, una marea.

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