«Se non c’è consenso è stupro. Punto. E non conta nulla chi è drogato o ubriaco»

«Se si ha di fronte una ragazza o un ragazzo che non è in grado di prestare il proprio consenso, non ci si può avvicinare con richieste sessuali». Parla la giudice Paola Di Nicola Travaglini, già consulente della Commissione sul femminicidio. È anche una questione culturale: «Da millenni il corpo delle donne è un teatro di guerra»

Lontano da quello di cui si nutre il quotidiano dibattito sui social e in tv. Fuori dalle polemiche del giorno e dai casi quotidiani, per capire come lo Stato italiano affronta la questione dello stupro, una modalità consueta di possesso, una violenza che è un codice di racconto del nostra Paese, bisogna affidarsi a Paola Di Nicola Travaglini, giudice della Corte di Cassazione già consulente giuridica della Commissione parlamentare sul femminicidio.


L’Italia registra un trend in crescita per le violenze sessuali: dal 2020, anno nel quale si è registrato il dato minore (4.497), l'incremento è stato significativo e si è attestato, nel 2022, a 5.991 eventi (+33% dal 2020). Un fenomeno allarmante che pure ancora oggi viene silenziato, ridotto, minimizzato da prese di posizioni, difese e pregiudizi: aveva bevuto troppo, era salita coscientemente a casa di lui, la deriva della conversazione pende verso il "se l’è cercata": «Da millenni il corpo delle donne è stato un teatro di guerra», specifica a L’Espresso la magistrata, Paola Di Nicola Travaglini e racconta come la voce delle donne venga silenziata anche nei codici che dovrebbero garantire sicurezza ai cittadini. Eppure la questione è molto semplice, ruota intorno alla questione del consenso. Una donna alterata, drogata, ubriaca poco importa: «Se si ha di fronte una ragazza o un ragazzo che non è in grado di prestare il proprio consenso, non ci si può avvicinare con richieste sessuali».

 

Dottoressa, nel Codice penale la parola “consenso” è assente. Insomma la parola delle donne sul consenso non è mai stata realizzata. Eppure la gran parte delle violenze avvengono senza alcuna minaccia.
«La parola consenso nel codice penale per la violenza sessuale non è prevista. Nel senso che è vista solo dalla parte dell’autore. La condotta della violenza sessuale è centrata sull’autore che commette un atto minaccioso violento o induttivo. Ed è curioso perché invece nella violazione del domicilio (Articolo 614 Codice Penale) è ribaltato, qui il centro della norma è la volontà della vittima: “Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui […] contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo […] è punito”. Questo è molto interessante perché proprio in relazione ad un delitto quale la violenza sessuale, in cui l’elemento cruciale è la volontà della vittima, ci si sposta sull’autore. E in un altro reato, di minore gravità, è la volontà che viene declinata». 

 

E questo come se lo spiega?
«La paura del legislatore e del codice è che si dia alle donne vittime il potere di rappresentare la loro volontà».

 

È una questione culturale.
«Certo, da millenni il corpo delle donne è stato un teatro di guerra. Nessuno ha mai chiesto alle donne il consenso. Il consenso femminile non appartiene al mondo del diritto nella storia dell’umanità: le donne venivano fatte sposare per evitare le guerre, le regine diventavano mogli per creare alleanze. Il corpo delle donne e l’utilizzo della violenza sessuale è stata sempre una questione politica».

 

Una questione politica e una questione culturale. Di violenza sessuale se ne parla, ancora male. Come se non avessimo gli strumenti per codificarla. Vorrei prendere un caso comune, che somiglia a molti altri casi, una persona denuncia per stupro un’altra persona. Entrambi però, sia vittima che aggressore erano incoscienti nel momento dell’atto. Si parla ancora di stupro?
«Il codice penale prevede che chi compie atti sessuali, a prescindere da violenza o minaccia, abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto, determina un abuso per assenza di consenso. Il delitto di violenza sessuale è composto da due parti: la prima è “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito”. Ad esempio: esco da casa vengo violentata in mezzo alla strada, vado a scuola e il professore con abuso d’autorità compie atti sessuali su di me. La seconda parte dice: anche quando la persona che compie atti sessuali e abusa della condizione di inferiorità. Ad esempio se io abuso della condizione di inferiorità fisica o psichica, su una persona in sedia a rotelle che non si può muovere, su una persona malata che sta su una corsia ospedaliera in fin di vita, una giovane donna talmente ubriaca che non è in grado di reagire. Basta che il giudice accerti che la vittima fosse in fase di inferiorità fisica o psichica. È previsto come regola base. Poi c’è un’aggravante: è quella che prevede l’aumento di un terzo dalla pena quando la violenza è commessa con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti».

 

Mi permetta di fare l’avvocato del diavolo: se l'aggressore fosse stato così alterato da non conoscere lo stato di alterazione della vittima?
«La condizione di alterazione o abuso di alcol per il codice penale non rileva quando riguarda l’autore. Perché il codice penale non può dare la licenza di commettere reati a chi consapevolmente si mette in quella condizione. Pensiamo al caso dell’omicidio stradale oppure altri reati. Se una persona si mette alla guida dopo aver assunto droga o alcol, è una bomba a orologeria. Per il codice penale la condizione di sottoposizione a questo tipo di sostanze “non rileva” perché il principio è che lo Stato si deve proteggere e deve proteggere cittadini e cittadine da situazioni che attraverso la riduzione delle capacità di non essere completamente all’erta e presenti a se stessi, condizione che può creare un pericolo per la collettività. Ma le dico di più. Per il codice penale è un’aggravante quando l’autore di un reato si trovi in una situazione abituale. Il caso della ubriachezza abituale e intossicazione da sostanze stupefacenti, determina l’aumento della pena (Articolo 94 del codice penale). L'abitualità è una modalità comportamentale di assumere alcolici in maniera spropositata. Se la donna invece è ubriaca non è in grado di prestare il consenso. Punto. Sostanzialmente si presume l’assenza di consenso nel delitto: non sono messa nella condizione di dare un consenso libero, autonomo e non condizionato».

 

Mi scusi se insisto: l’aggressore potrebbe non essere cosciente dello stato dell’altra persona se entrambi sono ubriachi.
«Un adulto se ne accorgerebbe. Questa cosa che gli uomini ritengono di essere confusi dal consenso o non consenso è ancora una volta una vittimizzazione secondaria. Perché io sto parlando di un reato. Io devo accertare se c’è consenso della vittima, non se lo hai capito o meno. Come scrive la Cassazione da ultimo in una sentenza di aprile 2023 “il dissenso è sempre presunto, salva prova contraria”. Pensi al caso della rapina, lei tutte queste domande oggi non me le farebbe».

 

Dice molto sullo stato culturale del Paese.
«Invertiamo la logica solo per questi reati. Se si ha di fronte una ragazza o un ragazzo che non è in grado di prestare il proprio consenso, non ci si può avvicinare con richieste sessuali».

 

Andrebbe riformato questo codice penale o ci sono sentenze che ci aprono la strada?
«La Corte di Cassazione da anni ritiene che il consenso debba essere libero e prestato in modo inequivoco. Quindi in realtà la magistratura ha fatto un’operazione interpretativa che non richiederebbe un intervento legislativo. Però molti giudici questo orientamento pacifico della Corte o non lo conoscono o non lo seguono. Se non lo scriviamo in modo chiaro ognuno andrà per la sua strada. Ricordo inoltre che la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia, all’articolo 36 parla di "atto sessuale non consensuale". Il consenso è l’elemento cardine, sarebbe opportuno modificare il codice penale perché avere una legge che lo scrive in modo chiaro, vuol dire che il Parlamento si assume la responsabilità di dire che il consenso delle donne è il perno della norma penale. I processi durerebbero un minuto: hai prestato il consenso come richiede la norma? No. Perfetto. Poi si verifica il resto. Il consenso è cosa delicata e complessa ma semplice da accertare: basta chiedere».

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