Il nuovo capo del Grande Oriente, nella sua prima intervista dalla nomina per appena 26 voti, fa il punto delle faide in tribunale tra i liberi muratori della maggiore obbedienza italiana. Che è forte nel patrimonio ma stenta a bloccare le infiltrazioni del crimine organizzato

«Non sono un puritano. Le liti in massoneria ci sono sempre state. Ma l’esasperazione e l’accelerazione degli ultimi due anni non la capisco». Antonio Seminario da Crosia, paese di diecimila abitanti nel cosentino, è il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. È stato eletto il 3 marzo scorso e, nella sua prima intervista alla stampa, parla della spaccatura senza precedenti che si è creata nel Goi, la maggiore obbedienza massonica nazionale con oltre 22 mila iscritti.

La vittoria della sua lista, in un primo tempo dichiarata sconfitta e poi passata in testa per appena 26 preferenze su poco meno di quattordicimila votanti grazie a un pacchetto di schede contestate, è stata seguita da una serie di ricorsi alla giustizia ordinaria da parte della lista concorrente, guidata da Leo Taroni.

Al di là dei formalismi che saranno discussi il 27 novembre prossimo davanti alla sezione XVI del tribunale civile di Roma e che finora hanno visto sempre prevalere la giunta Seminario, il Goi rimane attraversato da tensioni fortissime su due temi. Uno è quello della trasparenza e della lotta alle infiltrazioni mafiose che dal medico di Matteo Messina Denaro, Alfonso Tumbarello, all’ex senatore forzista Giancarlo Pittelli, hanno funestato le logge calabro-sicule incontrando una risposta eccessivamente garantista da parte dei liberi muratori. L’altro è la gestione del patrimonio immobiliare. Ecco che cosa ha detto Seminario nell’incontro con L’Espresso presso il quartier generale del Goi a Roma, la splendida Villa del Vascello a Porta San Pancrazio sul Gianicolo.

Le liti interne hanno indebolito il vostro rapporto con la politica?

«Il venti settembre, giorno di apertura dell’anno massonico, a Porta Pia c’erano 635 maestri venerabili (i vertici delle logge, ndr) e i rappresentanti del solo Partito Radicale. La politica ci attacca. Poi fa la fila da noi. Alla vigilia della seconda elezione di Sergio Mattarella, nel gennaio 2022, il capogruppo di un partito in parlamento era qui al Vascello a parlare con me e con l’allora gran Maestro Stefano Bisi. Claudio Bonvecchio, allora numero due del Goi, ha riconosciuto il politico e il giorno dopo ha scritto un post con il presidente della circoscrizione Lombardia, Antonino Salsone, dicendo che le camere erano diventate una monarchia. Entrambi sono stati espulsi, non c’era altra scelta. Peraltro sui conti della Lombardia i nostri ispettori avevano rilevato un ammanco di cassa di 53 mila euro».

Ma Bonvecchio ha anche sostenuto con L’Espresso che l’onorevole Pittelli frequentasse spesso la sede del Goi al Vascello, prima di essere arrestato e condannato in primo grado a undici anni per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Rinascita Scott del procuratore Nicola Gratteri. È vero?

«Finché io sono stato qua, Pittelli non è mai stato al Vascello. Peraltro da parlamentare si era messo in sonno (sospeso, ndr). Solo a fine mandato è rientrato nella sua loggia di Catanzaro. Tutti i fratelli coinvolti in procedimenti per mafia sono stati sospesi. Vogliamo essere rispettosi dei tre gradi di giudizio e procedere all’espulsione solo in caso di condanna definitiva. La mentalità mafiosa è quella che ognuno di noi deve eliminare dentro di sé».

L’appello alla coscienza non ha funzionato benissimo. Intere logge sono state infiltrate. Non si poteva dare un segnale più forte sul piano disciplinare?

«Onestamente sì. Però c’è stata la demolizione nel 2013 della loggia Verduci di Gerace, nella Locride, dove era iscritto un familiare dei Nirta di San Luca, peraltro un medico mai indagato che era affiliato da venticinque anni».

È ancora iscritto?

«Si è messo in sonno».

L’altro aspetto sul quale si appuntano le critiche della fazione avversaria è quello della gestione del patrimonio. Qual è lo stato dei beni e perché l’antica immobiliare Urbs, fondata ai primi del Novecento, ha trasferito le principali case massoniche a una fondazione costituita durante la gestione Bisi a dicembre del 2019?

«I fratelli devono capire che è un’operazione a garanzia. L’amministratore di Urbs è nominato dal Gran Maestro. La fondazione è controllata dallo Stato».

Alcune operazioni sono state molto criticate, come l’acquisto della sede di Vibo Valentia rilevata da una figura massonica apicale, Ugo Bellantoni, con prezzi diversi sull’atto notarile e nel bilancio del Goi. Come spiega la differenza?

«Su questo mi assumo ogni responsabilità e ne ho parlato nel consiglio dell’ordine di settembre. Bellantoni affittava il suo immobile a cinque logge di Vibo per 16500 euro all’anno. Lui non avrebbe venduto ma sono riuscito a convincerlo. Abbiamo comprato a 390 mila euro con Urbs attraverso due atti. L’atto pubblico da 200 mila euro e una scrittura privata, che teneva conto di 190 mila euro di arredi. Sei mesi dopo abbiamo fatto lo stesso con la casa massonica di Pavia, la città di Bonvecchio, per 650 mila euro divisi a metà fra immobile e arredi. Lì però nessuno ha protestato».

Oltre il rischio di scissione da parte del gruppo che fa capo a Taroni, lo scontro si è spostato dall’ordine al principale dei riti, il rito scozzese antico e accettato o Rsaa, che ha sospeso l’ex gran maestro Bisi. È una prosecuzione della faida?

«Io stesso faccio parte del Rsaa con il massimo grado raggiungibile in massoneria, il 33. Quando sono entrato nel Supremo Consiglio c’erano diciassette membri su un massimo di trentatré seggi. Premesso che è una posizione molto ambita, fra i consiglieri c’erano vari elementi di spicco come lo stesso Bellantoni, come lo scomparso Ettore Loizzo, come Gianni Puglisi, ex rettore dello Iulm e della Kore di Enna. Taroni ha inserito altri dieci consiglieri e si è rafforzato finché Giampaolo Barbi, Sovrano Gran Commendatore e vertice del rito, ha deciso di non presentarsi alla Gran Loggia di Rimini del 2023, in polemica con la giunta del Goi, ed è stato espulso. Come sostituto, il gruppo di Taroni ha fatto prevalere Giulio Nigro contro Puglisi ed è arrivata la sospensione di Bisi».

Lei ha avviato procedimenti disciplinari contro i dissidenti?

«Silverio Magno, notaio a Messina, mi attacca spesso ma da Gran Maestro non ho voluto promuovere tavole d’accusa. Taroni è forte numericamente e sarei sciocco a negarlo. Lo abbiamo invitato al Vascello ma per tre volte ha mandato un certificato medico. Ripeto che non capisco l’esasperazione degli attacchi. Dieci anni fa la situazione del Goi era prefallimentare. Villa del Vascello era stata saccheggiata di documenti storici importanti che venivano rivenduti. Oggi abbiamo digitalizzato l’archivio e abbiamo un patrimonio rafforzato».