I cambiamenti climatici rendono più frequenti e devastanti gli eventi estremi, come le alluvioni che si sono abbattute su Valencia

La pioggia di un anno in otto ore. Una violentissima alluvione ha devastato le province di Valencia e di Albacete e la regione dell'Andalusia, in Spagna. Il bilancio provvisorio è di 158 morti, migliaia di sfollati e la sensazione che in posti come Chiva, Turia, Alginet, Alfafar nulla tornerà come prima. A causare questo evento climatico estremo è stata la depressione isolata ad alta quota, il servizio meteorologico spagnolo la chiama la DANA (acronimo di Depresion Aislada en Niveles Alto). Si tratta di un fenomeno tipico del Mediterraneo occidentale. Quando l'aria fredda soffia sulle acque calde del Mediterraneo, fa sì che l'aria più calda salga rapidamente e formi nubi dense e cariche d'acqua che restano nella stessa area per molte ore, aumentando il loro potenziale distruttivo. Ci vorrà del tempo prima di attribuirne con certezza la causa ai cambiamenti climatici, ma la maggior parte degli scienziati concorda sul fatto che l'aumento della temperatura e condizioni atmosferiche più calde e umide contribuiscono a produrre episodi estremi più frequenti. 

È ciò che sostiene anche Stefano Materia, climatologo presso il Barcelona Supercomputing Center: «Esiste un consenso praticamente unanime tra gli scienziati sul cambiamento climatico e le sue cause. Uno degli effetti principali è proprio quello di aumentare la frequenza e l'intensità degli eventi estremi». In Spagna come in Italia. «Le alluvioni a Valencia sono un esempio, ma lo stesso discorso vale per quello che è successo a Bologna poche settimane fa e in Romagna a settembre. Sono moltissimi mesi che le temperature del Mediterraneo sono di diversi gradi sopra la media, parliamo di tre o quattro gradi, che da un punto di vista climatologico è un’enormità. Questo significa che il mare è in grado di mettere a disposizione dell'atmosfera una quantità di energia maggiore. Quando esistono le condizioni favorevoli in atmosfera per lo sviluppo di temporali e tempeste, questi poi si manifestano con una forza inaudita». È il futuro dell'Europa mediterranea, o forse già il presente. «È una realtà con cui già conviviamo – continua Materia – nei prossimi anni dobbiamo aspettarci episodi simili, soprattutto nei periodi di cambio di stagione. Tutti i modelli ci avevano indicato che sarebbe successo e ora lo stiamo vedendo». 

La risposta è politica e passa da misure di mitigazione delle emissioni e di adattamento ai danni. Il primo passo, però, è ammettere di avere un problema. «Noto molta confusione nel dibattito pubblico. Bisogna dire con chiarezza che le continue emissioni di combustibili fossili stanno portando ad un aumento della CO2 in atmosfera che porta a temperature più alte. Una volta assodato questo, si può iniziare a prendere provvedimenti». E il tempo non è dalla nostra parte. «Le azioni intraprese – prosegue il climatologo – vengono costantemente ritardate sia sulla riduzione delle emissioni, che sull'adattamento. Il piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, rimasto nei cassetti del Parlamento fino a poco tempo fa, è da aggiornare, perché gli eventi a cui stiamo assistendo sono più preoccupanti di quello che avevamo previsto». Dalle profezie nefaste degli scienziati, la crisi climatica è entrata di prepotenza nella vita delle persone, sconvolgendole per sempre. La catastrofe di Valencia può rappresentare un momento spartiacque anche nella percezione pubblica, ma la strada è ancora lunga. «Vivendo in Spagna posso dire che, come in Italia, il dibattito è molto polarizzato. Chi è convinto di una cosa non cambia idea nemmeno davanti alle evidenze. Esiste una parte della popolazione, che si riferisce a una parte politica, in completa negazione di quello che sta avvenendo, ma i cambiamenti climatici riguardano tutti. Basterebbe fermarsi un attimo ad ascoltare quello che gli scienziati ripetono da tanti anni. E ripartire da lì».