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Sex and the spot, salta il ceo di un’azienda finita nel Me too delle agenzie pubblicitarie
La Havas Milano cambia il suo amministratore delegato per l’Italia: il suo nome era tra quelli citati pochi mesi fa nella nostra inchiesta sulle chat sessiste nel mondo dell’advertising. «Non ha a che vedere con il tema dell’inchiesta: l’indagine interna che abbiamo svolto non ha evidenziato nulla di nulla», precisa l’azienda. Soddisfatto il collettivo Re:b: «È un forte segnale che il lavoro che stiamo facendo ha un impatto concreto nel nostro settore»
“Hai mai subito molestie?”, così chiede una voce meccanica a un uomo e a una donna mentre percorrono il labirinto lavorativo che li aspetta e che divide le loro strade. Quello di cui si parla è uno spot televisivo di una nota compagnia telefonica uscito a dicembre 2023, a firmarlo è Havas Milano, una delle agenzie che tre mesi prima è stata citata nell’inchiesta “Sex and the spot” de L’Espresso.
Da un lato lo slogan “la parità non può aspettare”, pensato per lo spot, dall’altro le nostre ricostruzioni: in Havas fino all’estate scorsa esisteva una chat dai contenuti sessisti e discriminatori, sulla falsariga di quella di We are social, altra agenzia coinvolta nel me too della pubblicità; inoltre in passato, per anni, durante l’orario lavorativo venivano creati dei moodboard (tavole di immagini ndr) dedicati alle dipendenti, con foto e valutazioni: un lavoro lungo un anno che portava alla cena di Natale - a cui erano invitati solo maschi eterosessuali - e in cui andava in scena la gara che avrebbe eletto “la più scopabile dell’agenzia”. Di far recapitare gli inviti se ne occupava Manfredi Calabrò, una carriera in Havas e fino a una settimana fa ceo dell’azienda.
Il rapporto tra Calabrò e Havas si è concluso il 19 febbraio, annunciato tre giorni prima con una mail interna visionata da l’Espresso, da Raphael de Andreis, country ceo di Havas per l’Italia: nessun riferimento alle motivazioni della separazione ma sono l’augurio “per un futuro ricco di soddisfazioni professionali”. Nessun riferimento neppure all’indagine interna che l’azienda ha avviato dopo la pubblicazione della nostra inchiesta.
Ma facciamo un passo indietro. A pochi giorni dall’uscita del nostro lavoro, il 3 ottobre, arriva ai dipendenti Havas una comunicazione dalla sede francese, in cui si annuncia l’avvio immediato di un’indagine esterna condotta da una società indipendente per chiarire la situazione. La comunicazione è firmata da Céline Merle-Béral, responsabile globale per le risorse umane, e Manuela Trentini Maggi, capa risorse umane Havas Media, e de Andreis. Il 5 ottobre è direttamente Calabrò a inviare una mail ai dipendenti: «Nel pieno supporto e nel rispetto dell’indagine che si è scelto di intraprendere, ho deciso di limitare la mia presenza in ufficio per il tempo necessario», scrive il ceo annunciando che lavorerà da remoto. «Raccontate giudiziosamente la verità: è l’unica cosa che conta», chiude.
Il 17 ottobre giungono via mail le direttive sullo svolgimento dell’indagine che sarà affidata allo studio legale Gianni & Origoni che, scrive la direzione, «fornirà una valutazione personale della situazione, sulla base delle regole etiche e della normativa applicabile». L’indagine, conclusasi il 6 novembre, è avvenuta secondo interviste individuali su base volontaria e, come annunciato «lo studio è stato incaricato di non condividere con l’azienda dettagli relativi agli intervistati, a meno che ciò non sia strettamente necessario per supportare eventuali azioni correttive». Ai dipendenti è stato poi suggerito di girare la comunicazione anche agli ex di Havas che sarebbero stati liberi di partecipare.
Il 10 novembre arriva la comunicazione dalla sede centrale con i risultati. Ventitré interviste tra dipendenti ed ex dipendenti e una conclusione: «L’analisi delle testimonianze raccolte non ha confermato nessuna delle gravi accuse. Manfredi, che aveva scelto di limitare la sua presenza in ufficio, tornerà quindi in presenza a partire dal 14 novembre». Unico appunto rivelato dalla raccolta informazioni riguarda il lavoro: «Alcune testimonianze menzionano un carico di lavoro che a volte rende difficile mantenere un equilibrio tra vita professionale e personale, nonché la necessità di garantire un’atmosfera altamente professionale all’interno dell’agenzia in ogni occasione».
Tre mesi dopo l’azienda annuncia che Calabrò non farà più parte del gruppo: «La fine della collaborazione non c’entra ovviamente, i motivi sono di diverso genere, anche personali. Non ha a che vedere con l’indagine svolta che non ha evidenziato nulla di nulla», fa sapere sentita da l’Espresso Caterina Tonini, ceo delle pubbliche relazioni di Havas Milano e che per il momento prenderà le veci di Calabrò. Nessun annuncio pubblico in un settore in cui vai e vieni vengono rilanciati dalla stampa di settore. «Havas non si è pronunciata sulle motivazioni di questa decisione, ma è indubbio che per noi questo rappresenta un forte segnale che il lavoro che stiamo facendo ha un impatto concreto nel nostro settore - dichiara sentito da l’Espresso il collettivo Re:b, da mesi in prima linea per combattere i soprusi nell’agency - Ci piacerebbe in futuro che queste decisioni facessero più rumore all'interno del panorama pubblicitario italiano e che le aziende fossero trasparenti e oneste nella gestione di questi cambi di leadership, includendo anche le motivazioni per cui tali azioni si sono rese necessarie».
Qualche dubbio resta sulla conduzione delle indagini e soprattutto sul coinvolgimento degli ex dipendenti che, interpellati da l’Espresso, si sono detti ignari. «Penso che non sia dovere di un dipendente decidere di essere coinvolto in un’indagine di questo tipo, dovrebbero essere le risorse umane dell’azienda a farlo», commenta un’ex dipendente di Havas che è finita nella chat commentata dai colleghi e votata nella gara maschile: «La mia mail personale è negli archivi di Havas comunque, se avessero voluto avrebbero scritto lì». D’altronde come spiegato da Tonini “abbiamo incoraggiato i nostri colleghi a informare gli ex dipendenti di questa opportunità”.
Havas non è nuova a indagini di questo tipo, in Francia nel maggio 2022 l’account Instagram Balance ton agency pubblica centinaia di testimonianze che riguardano il clima sessista e discriminatorio negli uffici. Parte un’indagine. Julien Carette, amministratore delegato, e Christophe Coffre, direttore creativo di Havas Paris, i più coinvolti dai messaggi, si fanno da parte per non interferire. In seguito Coffre sarà licenziato. «Tutti sapevano e sanno dei loro atteggiamenti, il gruppo era a conoscenza da molto tempo ma li copriva», una delle testimonianze.