Il dibattito

Perché non possiamo sottovalutare quando i Vannacci e la Destra dicono che "omosessuale non si nasce"

di Simone Alliva   7 maggio 2024

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L'ultima sparata del generale e candidato della Lega più intervistato d'Italia è ancora una volta diretta alla comunità Lgbt. "Accusata" di aver scelto il proprio orientamento. Ma fermarsi all'indignazione non basta: perché si tratta di una teoria (falsa) con cui si cerca di smantellare un intero sistema di diritti e battaglie

«Non è vero che omosessuale si nasca. Non è assolutamente vero». La frase sgrammaticata ma lapidaria porta la firma del generale Roberto Vannacci, candidato per la Lega alle elezioni Europee nella circoscrizione centrale dell'Italia. Fa capolino durante uno scontro nato stanco per i telespettatori più che per i protagonisti e consumatosi a Quarta Repubblica, su Rete 4, tra il generale e Alessandro Zan, deputato del Partito democratico, dichiaratamente gay. 

Le opinioni di Vannacci sono gettonatissime. Il generale che non sconfessa Benito Mussolini — «Per me, resta uno statista» — amato da Matteo Salvini è da mesi ormai il protagonista di trasmissioni e prime pagine con pensierini sulla qualunque: dalla politica fiscale al razzismo fino ai diritti delle donne. La novità è che da candidato può vantare di aver occupato una posizione finora scoperta sulla scacchiera della politica italiana: quella dello "sceltista". 

Nella grande famiglia dei cospirazionisti, alcuni gruppi credono che l'undici settembre sia frutto di un complotto interno, altri che Elvis Presley sia ancora vivo, qualcuno che la terra sia piatta. Roberto Vannacci, invece, aderisce allo stereotipo della scelta della sessualità. Come tutti gli altri sceltisti crede che le persone scelgano attivamente e consapevolmente di essere gay, lesbiche, bisessuali. Parla all'Italia e molta parte dell'Italia -bisogna dirlo molto chiaro-  lo trova ragionevole. Apertamente afferma da mesi quello che leader di partito, senatori, deputati a destra suggeriscono da anni celandosi dietro la parola apri-porta "indottrinamento": ai tempi del ddl Zan era stato il deputato Lucio Malan (all'epoca in Forza Italia) a parlare di «indottrinamento dei bambini attraverso la giornata mondiale contro l'omofobia». Il Presidente della Camera Lorenzo Fontana (Lega) si disse sicuro di «un continuo indottrinamento dei più giovani voluto e supportato dalle multinazionali», il riferimento era alla Barbie ispirata all'attrice transgender Laverne Cox. Sulla stessa linea anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Dire che Babbo Natale è gay, la fatina di Cenerentola è gay, Superman è gay, Batman è gay non è modernità. È indottrinamento». Dietro indottrinamento c'è l'idea della scelta, della malattia, della devianza. Di fronte a queste rimostranze non c'è mai stata chiarezza: la destra non ha mai voluto declinare il termine "indottrinamento", dall'altra parte nessuno ha avuto il riflesso di chiedere: se basta una cartone animato a far cambiare orientamento sessuale, perché la produzione degli ultimi, diciamo cinquant'anni, non ha convertito le persone lgbt all'eterosessualità?

 

Adesso, grazie al generale, sulla comunità Lgbt non c'è dietrologia, né trama oscura, né giri di parole. Tutto è alla luce, tutto affiorato, e galleggia sotto il sole di maggio e sotto i nostri occhi sempre più assuefatti. Apprezzabile ma inutile il tentativo di Alessandro Zan che ribatteva nello studio televisivo di Rete 4 con il rigore della logica a queste uscite. Utile invece la spinta del conduttore Nicola Porro che invitava così Vannacci: «Continui il suo ragionamento». Fondamentale perché quel "ragionamento" va dritto al cuore della questione: i gay non meritano la protezione dei diritti civili né l'uguaglianza di fronte alla legge perché compiono una scelta. 

Chi non vuole essere discriminato in quanto gay può sempre smetterla di esserlo. Ma se sceglie di esserlo, beh non puoi venire a lamentarsi perché lo discriminano dato che sapeva benissimo in cosa si stava cacciando quando "l'ha scelto". Per fare in modo che la discriminazione nei suoi confronti finisca - cioè se vuole sposarsi o tenersi il lavoro o avere dei figli - può sempre smettere di essere gay. In Italia su questa ondata si fa sempre più spazio l'idea che l'omosessualità si possa curare: proprio su questo giornale abbiamo raccontato i percorsi di "cura" di presunti terapisti che altro non fanno che portare le persone Lgbt al suicidio.

C'è poi la questione di giustizia sociale: dato che nessuno dev'essere gay per forza, secondo il «ragionamento» di Vannacci, non c'è alcun bisogno di proteggere i gay dalla discriminazione o di permettere ai gay di sposarsi o di adottare figli o cercare un lavoro senza nascondersi. Certo, seguendo questa linea di pensiero nessuno deve essere per forza cattolico - o ebreo o musulmano. Tuttavia discriminare qualcuno sulla base delle loro scelte religiose è illegale ed è giusto che sia così. Affermare che i gay non dovrebbero lamentarsi di essere discriminati perché possono «scegliere di essere etero» è come affermare che gli ebrei non dovrebbero lamentarsi dell'antisemitismo perché possono sempre «scegliere di farsi battezzare». Ma in uno studio televisivo, questo non funzionerebbe, sarebbe etichettato come miserabile, sconcio, vile. Sulle persone Lgbt invece tutto è concesso. 

Il punto è proprio il racconto dell'omosessualità negli ultimi anni portato avanti dalla politica e dall'informazione: racconta quanto lo sguardo sull'orientamento sessuale e l'identità di genere si sia deformato. È un trattato di antropologia culturale quello che l'informazione italiana attraverso le continue interviste al generale Vannacci, consegna a migliaia e migliaia di persone quotidianamente. Un'informazione colpevole di istigazione all'omotransfobia di una generazione intera e che sta riportando indietro di trent'anni il dibattito. C'è chi, tra le persone omosessuali, non apre più i giornali, dice: basta parlare di gender, basta intervistare Vannacci, basta parlare di noi senza di noi. Venti anni fa il problema erano le coppie omo. Poi sono diventati i genitori omogenitoriali. Un tempo in cui si invoca sempre la Natura. In nome della “Natura immutabile” che sarebbe sovvertita da gay e lesbiche si annuncia il caos. Venti anni fa era la coppia a “sovvertire”, poi, dopo che la coppia gay o lesbica senza figli non sovverte più, lo sono diventati i genitori omo. Adesso sono tornati a esserlo semplicemente i gay, in un testacoda che fa venire i brividi. Serve la “mostruosità gay” per dirsi ancora “normali” per farsi ascoltare per farsi leggere ed eleggere. 

C'è un ultima cosa che lascia perplessi in tutta questa storia che essere gay sia una scelta e guarda fuori alla comunità arcobaleno: perché anche gli eterosessuali non la trovano offensiva? Vero, fa arrabbiare moltissimo la comunità gay: sappiamo che nel il 17 maggio del 1990 l'Oms ha depennato l'omosessualità dalle malattie mentali che è solo una variante dell'orientamento sessuale e sappiamo che l'unica scelta degli omosessuali è quella di uscire allo scoperto e vivere con integrità. Ma perché non si arrabbiano anche le persone eterosessuali? Se l'omosessualità è una scelta lo è anche l'eterosessualità.

Invece la prima è data per scontata, è l'orientamento di default, mentre i gay, le lesbiche e i bisessuali a un certo punto devono compiere attivamente o decidere se compiere la scelta di uscire allo scoperto. Alcuni gay e lesbiche hanno scelto di non uscire mai allo scoperto spesso nascondendosi dietro un mirino che colpisce proprio la comunità lgbt, altri hanno deciso di farlo alla luce del sole. Tutti gli scienziati rispettabili credono che la biologia sia alla base dell'omosessualità - e dell'eterosessualità. Gli etero nascono - non sono prodotti - proprio come i gay. Essere gay non è una scelta che una persona fa, non è un attacco o una crisi. Non è una reazione a degli abusi sessuali o a un certo stile educativo dei propri genitori. Per questa destra non è così. Ogni volta che si sente dire che l'orientamento sessuale è una scelta viene da chiedersi se questa gente parli per esperienza personale.