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Aborto sicuro e gratuito. “My voice, My choice” raggiunge mezzo milione di firme: «L’Ue agisca»

di Chiara Putignano   14 giugno 2024

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Mentre il governo Meloni cancella il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza dalla bozza del documento del G7, l'iniziativa diventa la petizione con la crescita più rapida della storia. Ecco cosa propone la campagna

Nel mondo ogni nove minuti muore una donna a causa di un aborto non sicuro. Nei territori dell’Unione Europea, oltre 20 milioni non hanno accesso a cure abortive sicure. E proprio mentre, nell'ultima bozza del documento del G7, è scomparso il punto in cui si sottolineava l'importanza di garantire «un accesso effettivo e sicuro all'aborto»; l’iniziativa “My voice, my choice” raggiunge mezzo milione di firme. Diventando così la petizione alle istituzioni europee con la crescita più rapida della storia. L'obiettivo della campagna, lanciata lo scorso 24 aprile, è di rendere l'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) libera, sicura e gratuita.

 

«Questo mezzo milione di voci dice a gran voce che l’Ue deve agire, che deve proteggere le donne e approvare una legislazione che contribuisca a garantire l'accesso a cure abortive sicure e gratuite», sostiene Nika Kovač, direttrice dell'Istituto 8 marzo e coordinatrice del movimento “My Voice, My Choice”. «Ma queste non sono solo voci per un'azione legislativa concreta, sono voci per un'Europa di uguaglianza, solidarietà e compassione. Voci che, in questi tempi bui di guerre, aumento delle disuguaglianze e riemergenza dell'estrema destra, stanno creando un futuro più giusto, libero e pieno di speranza». 

 

Il movimento promotore della petizione è nato dall'unione di nove organizzazioni di otto Paesi diversi. E ben presto la proposta è diventata terreno comune per molte altre associazioni attive nel campo dei diritti delle donne. Oggi sono oltre 200 i movimenti che promuovono la raccolta firme, di cui 30 in Italia. La campagna si pone come obiettivo l'istituzione di un fondo dedicato a garantire a tutte le persone in Unione Europea l'accesso ai servizi di aborto e assistenza sanitaria riproduttiva. 

 

In Italia sono diverse le realtà che hanno scelto di aderire, tra cui Amnesty Italia, Arci, Laiga, Pro-Choice, il collettivo Obiezione Respinta e l’associazione Luca Coscioni. Marco Cappato, tesoriere di quest’ultima, ha recentemente ricordato il valore di unirsi in questa battaglia: «In un momento in cui le associazioni che operano per la negazione dei diritti sono sempre più unite a livello internazionale - anche grazie a  importanti finanziamenti - diventa indispensabile creare una rete transnazionale per respingere gli attacchi all’autodeterminazione individuale  e  costruire l'Europa dei diritti e delle libertà». 

 

Nonostante in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza sia legale dal 1978, in alcune Regioni, ancora oggi, accedervi è praticamente impossibile. Sul territorio nazionale le strutture che la effettuano sono il 63,8 per cento del totale. E secondo l’indagine “Mai Dati”, nel 2021 c’erano 72 ospedali con gran parte del personale obiettore di coscienza. Si tratta di una stima che oscilla tra l'80 e il 100 per cento. Un altro ostacolo all'accesso sicuro all'aborto è rappresentato dalle resistenze del personale nell'utilizzo della pillola RU 486, che consente di effettuare l'interruzione di gravidanza farmacologica entro la nona settimana e senza intervento chirurgico. 

 

E se lungo lo stivale i problemi legati all’Ivg sono legati principalmente a questioni ideologiche, politiche e di risorse strutturali; fuori dai confini nazionali, alcune persone sono ulteriormente svantaggiate. Ad esempio, le donne con cittadinanza italiana e munite di tessera sanitaria hanno diritto all’assistenza sanitaria gratuita o dietro pagamento di ticket. Lo stesso vale anche per le cittadine di stati europei che hanno accordi con l’Italia. Esistono però delle categorie di persone che hanno un accesso limitato alle cure gratuite. «Con la nostra proposta - scrive il movimento - l’Ue si farebbe carico dei costi delle procedure di aborto per queste persone. Il Ministero della Salute stima che vi siano tra i 12mila e i 15mila aborti clandestini in Italia ogni anno, e questa misura potrebbe in parte contribuire ad una riduzione». 

 

La proposta però non interferirà con le leggi nazionali degli Stati membri. Infatti «l’Unione Europea ha competenze limitate sulle leggi nazionali in materia di sanità. Il meccanismo che proponiamo richiede che la Commissione utilizzi le sue competenze di supporto per aiutare gli Stati nelle loro azioni volte a fornire servizi sanitari e a proteggere la salute umana e i diritti riproduttivi». E i fondi messi a disposizione dovranno essere utilizzati esclusivamente per questo. 

 

E una volta raggiunto il traguardo di un milione di firme, la proposta sarà presentata al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea per essere deliberata. «Non siamo solo a metà strada. Siamo molto più avanti di quanto chiunque sia mai riuscito a fare prima di noi», commenta Marta Lemport dello Sciopero delle donne polacche. «Quello che non potevamo immaginare - che l'aborto fosse non solo una questione politica, ma anche legislativa a livello europeo - sta accadendo, con ogni firma raccolta, con ogni voce di sostegno, con la gratitudine, la solidarietà e la sorellanza che ci unisce tutte».