Ci sono atleti che fuggono dalle persecuzioni, gli “individuali neutri” di Russia e Bielorussia, i boicottaggi del Cremlino e chi vorrebbe bandire Israele, Iran e Azerbajan. Si può tenere l’Olimpiade fuori dalle guerre ma non si può evitare che le guerre ci entrino con prepotenza

Yusra, campionessa siriana dei 200 stile libero, aveva 18 anni quando ha dovuto affrontare l’allenamento più complicato della sua carriera. Si trattava di coprire un braccio di mare compreso tra la costa turca e una morte quasi certa. Viaggiava su un barcone diretto in Grecia quando quello si è rovesciato. Assieme alla sorella Sarah si è messa fare ciò che gli riesce meglio, nuotare. Così si è salvata per la seconda volta; la prima risaliva a qualche settimana prima, quando un missile aveva distrutto la sua casa a Damasco. Yusra Mardini è ripartita dalla Germania e nel 2016 è stata la prima atleta della squadra per rifugiati appena creata dal CIO a competere a un’Olimpiade. Oggi è a Parigi come commentatrice per il canale Eurosport.

 

Si può tenere l’Olimpiade fuori dalle guerre ma non si può evitare che le guerre entrino con prepotenza dentro all’Olimpiade. Quando al CIO decisero di istituire una compagine di atleti che fuggono da conflitti e persecuzioni (l’Équipe Olympique des Réfugiés, EOR) certo non immaginavano otto anni più tardi di trovarsi impelagati dentro a un ginepraio di guerre, rivendicazioni e veti incrociati che mette a durissima prova la sua presunta neutralità.

 

Un caso emblematico è dell’altro giorno, quando Olga Kharlan ha piazzato la stoccata decisiva che ha consegnato all’Ucraina il primo oro di questa Olimpiade. Al mondiale di scherma un anno fa si rifiutò di stringere la mano alla russa Anna Smirnova. La federazione internazionale la squalificò per aver violato il codice di condotta. Addio Giochi. Il giorno dopo Thomas Bach in persona – il presidente del CIO – spedì una lettera ad Olga garantendole un posto a Parigi. Un altro nome finito nella lista nera di Putin.

 

Olga – che vive a Bologna ed è la compagna del bronzo italiano di sciabole Samele – appena scesa dal podio è andata all’attacco: “È assurdo essere qui mentre a casa si combatte una guerra. Questa vittoria è la giusta ricompensa anche per questo la mia gente è costretta a sopportare. Ed è incredibile che a Parigi ci siano anche atleti russi e bielorussi”.

 

Con un vero e proprio volteggio diplomatico – dopo l’estromissione di russi e bielorussi dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022 - il CIO infatti ha consentito a un numero selezionato di atleti russi e ucraini di prendere parte ai Giochi. Si sono inventati la denominazione, “atleti individuali neutri”.

Una di queste è Anzhela Blandteva, 19 anni tuffatrice russa: “Al Villaggio trascorro molto tempo sola o con un’amica tuffatrice dell’Azerbaijan. Per il resto non mi rivolge la parola nessuno. Però neppure mi fanno domande sulla guerra”.

 

Non c’è nulla di neutro nella presenza di questi ragazzi a Parigi. Sono 32 atleti entrati secondo le condizioni del CIO: non supportare in maniera esplicita la guerra in Ucraina e non far parte dell’esercito. I casi sono stati valutati uno per uno. Tra essi c’era anche il tennista Medvedev che ha espresso a più riprese il suo dissenso nei confronti della guerra. La linea generale tenuta dagli altri è quella del silenzio. Però non solo pagano solo le politiche bellicose del Cremlino. Già nel 2016 una indagine internazionale rivelò i dettagli di un programma statale antidoping avviato da Mosca prima delle Olimpiadi di Sochi. Banditi per 4 anni dalle gare dall’Agenzia mondiale anti-doping. È dura poi essere simpatici.

 

In Russia l’Olimpiade è stata oscurata dalla tv. Non accadeva dal 1984, anno del boicottaggio dei Giochi di Los Angeles. Ma la storia non finisce qui. Il numero di russi “accettati” dal CIO era originalmente 59. La metà di questi ha boicottato o è stata “convinta” a farlo. La Global Right Compliance, un ONG che si occupa di diritti umani e affari internazionali con sede all’Aja, ha pubblicato pochi giorni fa un documento di 223 pagine, dice che 17 atleti russi e bielorussi presenti a Parigi supportare la guerra e, in alcuni casi, hanno rapporti con i servizi segreti. Il CIO è al corrente di questo documento da maggio.

Ma non è facile uscire da questo risiko senza fare danno. Il CIO deve fare i conti oggi anche con quelli che vorrebbero Israele fuori dai Giochi – uno stato aggressore quanto la Russia secondo loro. Ci sono poi quelli della Christian Solidarity International che fanno pressioni per bandire l’Azerbajan criminale con gli armeni in Nagorno Karabakh. E gli iraniani, che le lobby ebraiche vorrebbero espulsi su due piedi?

 

Sono ormai pochi i romantici che credono ancora alla “tregua olimpica”, il documento siglato nel 2000 che promuoveva la pace durante i Giochi. “Riuscire a mantenere la pace per 16 giorni, per dimostrare che si può mantenere per sempre”, cita la lettera. Ma l’idea di un cessate il fuoco non ha sfiorato nessuno e i 117 milioni di persone nel mondo costrette a fuggire da guerre in atto, sono la cifra della sconfitta.

 

Allora ci teniamo stretta l’immagine del podio del tennistavolo, con atleti della Nord Corea che si scattano un selfie a fianco di quelli della Corea del Sud, Paese con cui sono in guerra da mezzo secolo. Si sa, una foto vale più di mille parole.